L’ora di greco di Han Kang | Recensione

L'ora di greco

L’ora di greco di Han Kang, autrice sudcoreana nota per i suoi libri di fama internazionale quali Atti Umani e La vegetariana (per il quale ha vinto il Nobel per la letteratura nel 2024), è un libro fortemente introspettivo, fatto di silenzio più che di dialoghi, di gesti di intesa più che discorsi e trama. Si presenta come un romanzo breve, pregno di significato per estendere al massimo i confini della comunicazione, del dolore che la sua assenza provoca, del dolore che fa in modo di provocare la sua assenza. È una storia lenta e silenziosa che rimane in silenzio, ma comunica e risuona nel profondo.

Han Kang

Han Kang nasce nel 1970 a Gwangju, Corea del Sud, ed è ad oggi una delle letterate più nominate e celebri della penisola. Figlia d’arte, il padre è il noto scrittore Han Seung-won, studia letteratura all’Università di Yonsei e, prima di dedicarsi alla narrativa, spicca nella produzione di poesie.
La fama mondiale comincia dopo aver pubblicato La vegetariana, per il quale vince il Booker Prize nel 2016 ed il Nobel per la letteratura nel 2024, venendo tradotto in oltre 20 lingue.

La trama di L’ora di greco

Il fulcro della narrazione è occupato da due protagonisti, entrambi facenti esperienza di due tipi diversi di solitudine, legati dal loro ruolo nella lezione di greco, da cui prende nome il romanzo: da una parte c’è la prima protagonista, la donna sudcoreana ex insegnante, che ha perso l’uso della parola ben due volte durante la sua vita – nel libro siamo nel bel mezzo della sua seconda crisi verbale – e trova consolazione e forse un modo per uscire dal suo silenzio seguendo le lezioni di greco antico nel ruolo di studentessa; dall’altra parte, troviamo il professore di greco, un uomo abbastanza giovane che ha vissuto fra la Corea e la Germania, anche lui segnato da un silenzio da perdita, in questo caso della sua identità perché si ritrova nella sua terra natia ma lontano da tutti i suoi affetti. Le lezioni chiaramente sono seguite anche da altri studenti di tutte le età, tuttavia fra questi due personaggi l’intesa è silenziosa ma costantemente ed incessantemente presente.

La figura del linguaggio in L’ora di greco

Nonostante possa sembrare paradossale che il greco antico, una lingua morta che oramai non serve più a comunicare, venga utilizzato come metodo profondo e taciturno di comprensione in questo romanzo, possiamo osservare leggendo che è esattamente così: per entrambi i personaggi, è utilizzato come un codice antico e desueto per comprendere le proprie nuance più viscerali. Proprio come nel caso degli antichi greci, la lingua è un ponte fra la sacralità e la personalità, una verbalizzazione di ciò che prima non poteva essere espresso, ma solo provato.

Conclusione

Lo stile di Han Kang è facilmente riconoscibile: non si limita ad analizzare la psiche dei personaggi, bensì riesce a descriverne i sentimenti interiori tramite una descrizione onnisciente non pesante e non noiosa. Ogni parola, ogni pausa, ogni frase è soppesata e studiata affinché il lettore possa sentire la stessa pesantezza d’animo che i personaggi principali sentono. L’ora di greco di Han Kang è un’ode alla comunicazione, che essa sia parlata, scritta o gesticolata.

Immagine in evidenza: copertina del libro, fonte: IBS

 

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