“L’Ultimo re di Napoli” di Gigi Di Fiore: l’esilio di Francesco II

L'Ultimo re di Napoli di Gigi Di Fiore

L’ultimo Re di Napoli: il racconto dell’esilio di Francesco II | Presentazione

L’Ultimo re di Napoli, edito DeA Planeta libri-Utet, e presentato ieri, presso la sala convegni del Castello medievale di Guardia Sanframondi, è il nuovo libro di Gigi Di Fiore.

L’evento, patrocinato dal comune di Guardia Sanframondi, ha visto la partecipazione della Società di danza dell’800, un’associazione culturale nonché federazione europea, presente da più di 30 anni in varie città d’Europa, che approfondisce l’Ottocento in tutte le sue sfaccettature, permettendo l’apprendimento di danze tipiche del tempo, da tramandare alle generazioni future. Dopo una performance di danze ottocentesche, Leontina Alvano, presidente, insieme a Lucio Martino, delle sezioni di Napoli, Caserta e Guardia Sanframondi, ha inoltre allietato il pubblico con l’esecuzione di due canti dell’epoca,  Lu cardil e Palommella, e di un inno a Francesco II, ‘O Re.

La presentazione

Presenti all’evento varie amministrazioni, le associazioni “Lamparelli” di San Lorenzo Maggiore, “Giuseppe Maria Galanti” di Santa Croce del Sannio, “Pontelandolfo Città Martire” di Pontelandolfo e la Casa di Bacco del dott. Amedeo Ceniccola, che ha ospitato successivamente tutti per un assaggio del Pan del Re.

La presentazione del libro, moderata dal vicesindaco ed assessore alla Pubblica Istruzione di Guardia Sanframondi, Elena Sanzari, ha approfondito le vicende che hanno accompagnato gli anni dell’esilio dell’ultimo sovrano di Napoli, Francesco II.

Il primo cittadino di Guardia Sanframondi, Floriano Panza, durante i saluti istituzionali, ha sottolineato che l’evento è stato in realtà un appuntamento utile per impadronirci di una componente storica, oggi essenziale anche per fare marketing del territorio. Come lo storytelling, necessario per la promozione del territorio, nasce dal racconto della storia di un prodotto, di un luogo, così la presentazione del libro L’Ultimo re di Napoli può essere intesa come un’occasione per cogliere una ricostruzione storica e scientifica di quello che è stato, “perché credo che il sud sia veramente stanco di essere considerato attraverso la penna di coloro che hanno vinto. Non è un caso se c’è voluto del tempo per riportare la conoscenza storica a quello che effettivamente è avvenuto e se anche i soggetti, trattati all’epoca letteralmente come carne da macello, oggi vengono rivalutati e riletti: la storia la scrissero i piemontesi e quindi anche le efferatezze dell’epoca vennero impostate in modo forse non rispettoso di quello che effettivamente fu”.

Panza ha evidenziato anche la delicatezza con cui l’autore de L’Ultimo re di Napoli offe una visione universale della storia dell’epoca, tempo in cui il Regno di Napoli era un centro culturale a livello europeo. La fertilità artistico-culturale del Regno delle Due Sicilie si respirava, a quei tempi, anche nei borghi dell’entroterra: la stessa Guardia Sanframondi, ricca di preesistenze storico-culturali come il Castello medievale,  l’Ave Gratia Plena e la Chiesa di San Sebastiano, vantava collaborazioni artistiche di altissimo pregio, indice del fatto che il territorio aveva una capacità economica tale da commissionare artisti che lavoravano in ambienti facoltosi.

Nella qualità di sindaco di questa città, oggi, come capofila dei comuni di Sannio Falanghina, capitale di Città Europea del vino 2019, ho il dovere e il piacere di promuovere iniziative volte alla valorizzazione ed alla difesa del nostro territorio e, in questo contesto, la presentazione de L’Ultimo re di Napoli è un appuntamento importante per la riscrittura e la riscoperta delle nostre ricchezze storiche, per costruire il futuro in maniera più consapevole”.

Gigi Di Fiore

Gaetano Ferrara, promotore dell’evento, nel suo intervento si è avvalso dell’espediente narrativo della presentazione della produzione dell’autore, per far capire la qualità del suo lavoro. Di Fiore è un giornalista, un saggista nonché uno dei blogger del giornale online de Il Mattino, dove cura la rubrica Controstorie, il cui interesse è sostanzialmente focalizzato sulla camorra, sulla storia del Mezzogiorno e sul revisionismo del Risorgimento. È grazie a lui ed al suo lavoro di approfondimento negli archivi se oggi conosciamo i nomi dei protagonisti dell’eccidio di Pontelandolfo del 1861, pagina tragica della storia meridionale. Della sua vasta produzione citiamo Potere camorristaIo Pasquale Galasso1861-Pontelandolfo e Casalduni un massacro dimenticato; I vinti del Risorgimento; La camorra e le sue storie; La Nazione napoletana. Controstorie borboniche e identità suddista; Briganti! Controstoria della guerra contadina nel Sud dei Gattopardi; Controstoria dell’unità d’Italia; L’impero; Gli ultimi giorni di Gaeta e Controstoria della Liberazione.

Ferrara ha evidenziato, inoltre, l’esistenza di un’associazione che ha come scopo l’avvio della procedura per la beatificazione di Francesco II, la cui madre, Maria Cristina di Savoia, la “Pia”, la “Reginella santa”, nel 1866 compì un miracolo da poco riconosciuto ufficialmente, salvando una donna da un male incurabile in seguito ad una richiesta esplicita di intercessione.

Francesco II, L’Ultimo re di Napoli

Dalle parole dell’autore, Gigi Di Fiore, veniamo a sapere che su Francesco II è stato scritto tantissimo, ma soprattutto sui 21 mesi del suo regno. L’Ultimo re di Napoli inizia, invece, al termine dell’assedio di Gaeta, inaugurando l’inizio dei suoi 33 anni di esilio. L’autore ammette di essersi  molto appassionato al periodo, soprattutto perché poco indagato, e quel che ne è stato scritto è perlopiù denigratorio, favorendo il successo della storiografia post unitaria. L’esilio, invece, “ci consente veramente di conoscere l’uomo. Dove finisce il re inizia l’uomo ed egli viene veramente fuori quando è libero dal peso del Regno. Scopriamo così una persona che conosceva tre lingue, pieno di interessi culturali, che aveva una collezione di libri sul suo regno, appassionato di archeologia e delle tradizioni della sua terra, tanto che suo padre era solito chiamarlo affettuosamente Lasa per la sua predilezione per la lasagna… Analizzando gli anni dell’esilio, emerge una persona che certamente non aveva una personalità tale da reggere un momento storico tra i più travagliati del Regno delle Due Sicilie. Egli non aveva spalle abbastanza forti per attraversare incolume un crocevia irripetibile per la storia italiana, che ha visto il coinvolgimento delle altre nazioni nella fine del regno dei Borbone ed una classe dirigente di cui lo stesso sovrano ha risentito, covo di tradimenti e lacerazioni che hanno profondamente addolorato Francesco II, rendendo palese l’impossibilità del suo ritorno sul trono”.

Francesco II appare come un sovrano consumato sotto il peso di una responsabilità per cui non era tagliato, ricco tuttavia di una dignità e di un forte senso di responsabilità rispetto al suo ruolo di capofamiglia di una dinastia in esilio e di una famiglia che gli ha dato filo da torcere.

Bellissimo nonché tormentato risulta essere il rapporto d’amore con sua moglie Maria Sofia, che ebbe pochissima fisicità ma molto affetto, sintonia culturale e condivisione di esperienze travagliate: “per tutto il periodo dell’esilio ciò che gli diede forza fu la fede cattolica e l’affetto verso Maria Sofia, che lo aveva supportato, consentendogli di resistere”.

Nel libro, Di Fiore tenta di raccontare un po’ di storia d’Italia, contestualizzando le vicende di Francesco II con quelle europee: in quegli anni infatti i Savoia iniziarono una grande manovra politica, un’operazione d’immagine per cercare di sostituire la dinastia Borbone con quella Savoia, facendo addirittura nascere a Napoli il futuro re Vittorio Emanuele III, nominato Principe di Napoli e simbolicamente condotto alla fonte battesimale proprio dal sindaco partenopeo.

Parallelamente a queste manovre, Di Fiore racconta le vicende umanamente appassionanti del re in esilio, come la sua sfortunata paternità sofferta e la confisca violenta, da parte dei conquistatori, dei suoi beni personali, per riottenere i quali venne proposto al sovrano di abbandonare Roma, troppo vicina al Sud; compromesso che, dignitosamente, Francesco II rifiutò sempre. Ancora, l’umiliazione subita alla morte di Maria Teresa, la Regina Madre, seconda moglie di Ferdinando II che, alla sua morte, lasciò a Francesco II solo un servizio di tazze appartenuto a suo padre, togliendogli qualsiasi possibilità di tutela sui figli piccoli, che invece inviò presso i parenti Asburgo in Austria.

Ne L’Ultimo re di Napoli si sottolinea anche il grande legame che Francesco II, e l’intera casata dei Borbone, ha sempre avuto con la sua terra, valorizzando l’indipendenza di uno stato meridionale antico, conscio della sua storia, che nella bandiera riportava tutte le dinastie che si erano succedute sul trono di Napoli; autonomia riconosciuta anche da Benedetto Croce che, con la sua Storia del Regno di Napoli, ha sottolineato che, con la fine della storia del Regno delle Due Sicilie, termina la parentesi del Regno di Napoli come entità politica autonoma e inizia, invece, la storia d’Italia, con un altro regno ed un’altra Napoli, momento storico in cui si inserisce la vicenda dell’esilio di Francesco II.

Di Fiore ha spiegato anche di aver scelto il genere biografico in quanto questo si presta meglio, tra tutti i tagli narrativi, ad una narrazione più partecipata. Due sono stati i momenti che hanno colpito maggiormente Di Fiore. Uno è la scena toccante dell’abbandono di Gaeta da parte di Francesco II e della sua corte che, con una uscita solenne, si avviano al molo per salpare verso Terracina, impiegando molto tempo a raggiungere la nave perché continuamente fermati da ufficiali che cercavano di toccare o di baciare la mano al sovrano. Saliti sulla nave, la bandiera francese prende il posto di quella dei Borbone e l’inno del Regno delle Due Sicilie tace.

Il secondo racconta, invece, quando Francesco II lascia Roma prima dell’arrivo dei bersaglieri, abbandonando per sempre l’Italia. La regina si avvia all’imbarcazione ma lui preferisce prendere una nave di linea, su cui non lo riconosce nessuno: l’idea trasmessa da una delle fonti di Di Fiore, il diario del re, è che da questo momento, con questa partenza, lui si sente sollevato, finalmente può vivere in maniera serena, senza il peso della responsabilità, pur con enorme tristezza, che ritorna nei raffronti che involontariamente Francesco II opera tra tutti i posti che vede ed i luoghi delle sue radici. Da questo momento inizierà per lui il vero esilio, che coinvolgerà anche il suo corpo, post mortem, che vagherà per anni fino ad arrivare a Napoli nel 1984 e poter prendere posto nel pantheon dei Borbone a Santa Chiara.

Nel pantheon degli sconfitti della storia un posto d’onore spetta sicuramente a questo ultimo, giovane re di Napoli” conclude infine l’autore, ammettendo di aver messo maggiore partecipazione in questo libro, rispetto agli altri, sia per il genere scelto, sia per il momento storico, a noi caro, che racconta la fine del Regno delle Due Sicilie.

 

 

Fonte immagine: Maria Pezzillo

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