L’umanità dietro la tragedia: Note su Hiroshima

Note su Hiroshima

“Non è solo il sonno della ragione che genera mostri, non è solo l’odio razziale che spinge l’umanità verso il baratro. C’è anche una cupa e agghiacciante razionalità che percorre le vie del Male e semina morte in nome di un Bene presunto. Tale fu l’olocausto nucleare scatenato il 6 agosto 1945 quando un bombardiere americano scaricò l’atomica su Hiroshima.”

Queste parole sono tratte dal saggio Note su Hiroshima, edito Garzanti. Kenzaburō Ōe visita Hiroshima 18 anni dopo il bombardamento atomico del 6 Agosto 1945, spinto dalla volontà di comprendere e superare il sentimento della sofferenza. Nel 1963 infatti è nato il suo primo figlio, Hikari, affetto da una rarissima lesione celebrale e ciò porta Kenzaburō a scagliarsi contro i pregiudizi sociali nei confronti dell’handicap. Questo evento ha in parte influenzato il suo interesse nel dedicarsi alla scrittura di articoli per una rivista mensile circa gli hibakusha di Hiroshima, le vittime sopravvissute all’attacco della bomba nucleare, uomini e donne che hanno vissuto letteralmente sulla propria pelle il peso e la sofferenza di questa tragedia.
Successivamente Kenzaburō ha raccolto tutti i suoi articoli e li ha pubblicati in un unico volume, Note su Hiroshima. Inoltre, è stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1994.

Il giorno della IX conferenza mondiale contro la bomba atomica e all’idrogeno, Ōe si trova ad Hiroshima per prendere parte a quella che avrebbe dovuto essere una grande marcia per la pace. Un evento che avrebbe dovuto attirare non solo l’interesse degli hibakusha, ma dell’umanità intera. Invece di fronte ai suoi occhi si presenta una scena di disinteresse e superficialità da parte dei rappresentati politici dei paesi. Le manifestazioni di pace non attirano la partecipazione attiva dell’élite politica e ciò che segue sono discorsi lunghi, ampollosi ma privi di significato, soprattutto alle orecchie di chi quella tragedia l’aveva e stava ancora vivendo.

Ciò che porterà Kenzaburō Ōe a visitare Hiroshima l’anno successivo nel 1964 sarà l’impatto che gli abitanti del luogo hanno lasciato in lui, la traccia indelebile delle loro parole e dei loro silenzi molto più eloquenti dei discorsi formali che sembravano ignorare l’incancellabile strascico di orrore che la bomba atomica aveva lasciato negli abitanti di Hiroshima.
Le interviste che Ōe fa agli abitanti mostrano la volontà di ripristinare la dignità della propria vita. Una ricerca e un atto di coraggio che ad occhi esterni può sembrare impossibile da perseguire. Talvolta ciò si traduce nell’atto del suicidio inteso come atto di libertà e non un peccato.

Kenzaburō intervista persone di tutte le generazioni: anziani che sono sopravvissuti a figli e nipoti, giovani madri che danno alla luce figli deformi, bambini che ancora prima di riuscire a parlare sono già vittima delle conseguenze della bomba atomica.
Tutte queste informazioni non sono né facili da comprendere né da digerire, ma ciò che più rimane impresso durante la lettura è la grande forza e il rispetto che gli hibakusha nutrono per la vita.
Questo saggio lancia un messaggio all’umanità tutta, da un lato la necessità di sapere e ricordare per evitare il perpetrarsi di orrori e crimini, dall’altra un messaggio di speranza e coraggio nei confronti della vita, ciò che di più caro e importante hanno uomini, donne e bambini.

Fonte Immagine: Pixabay, Parco della Pace a Hiroshima 

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