Mónica Ojeda e il thriller Mandibula: «Disnasceremo»

Mónica Ojeda e il thriller Mandibula: «Disnasceremo»

Pubblicato per i tipi di Alessandro Polidoro, Mandibula di Mónica Ojeda è tra le novità editoriali del 2021.

Entra a pieno titolo nella classifica dei “Selvaggi” della Polidoro la scrittrice ecuadoriana Mónica Ojeda. Già vincitrice del Premio Nacional de Poesía Desembarco per la sua raccolta di debutto nel 2015, l’Ojeda si dedica oggi a una prosa che gioca con la musicalità e gli accostamenti “giudiziosi”, attraverso i quali crea una realtà plastica, destinata a un perpetuo, inquietante dinamismo.

L’universo di Mandibula ne è un esempio: esso è popolato da anthropoi zoomorfi, contorti nell’atto di assumere le fattezze che più li avvicinano a una natura recondita, ma non per questo ineffabile. La pulsione a mostrarsi per come si è realmente anima le conversazioni di un gruppo di studentesse dell’Opus Dei che tentano disperatamente di ritagliarsi uno spazio «antigenitori, antiprof, anticolf», prima di essere risucchiate nel vortice irreversibile della crescita. Questa spinta endogena a contenere la mutevolezza naturale delle cose e degli uomini si esterna in un malessere sovversivo. Il primo impulso di Fernanda, Annelise e delle loro compagne è quello di cercare un luogo per isolarsi. La cornice dei loro racconti diventa così un edificio abbandonato, in bilico fra la ristrutturazione e la definitiva demolizione.

Al luogo viene presto associato un codice di comportamento: tutte coloro che decideranno di entrarvi avranno il pieno diritto ad esternare la loro vera natura. Al codice di comportamento se ne associa uno linguistico, che non teme di essere violento e scandaloso. Il gioco che le ragazze perpetuano sui tre piani dell’edificio abbandonato, però, incomincia a prendere le fattezze di una eterna sfida con se stesse e con le altre partecipanti, fino a quando non entra con violenza nella quotidianità scolastica. A risentirne è una docente, Clara. Questo è in realtà il personaggio che apre l’intero romanzo, nel quale l’Ojeda gioca con continui salti temporali fra un presente inquietante e le ragioni che lo hanno scatenato. Il presente del lettore è quello dell’inizio del libro: Fernanda è stata rapita da Miss Clara, e non sa il perché. Sa solo che la sua insegnante è una persona comune, dotata di una caratteristica insolita, ma che potrebbe essere la chiave interpretativa del male che ora la giovane è costretta a subire: una mandibola ampia, che la rende simile a una lucertola.

Il passaggio all’età adulta, letto come un rito misterico cui consegue inevitabilmente un sacrificio, sembra essere il reale motore del thriller di Mónica Ojeda.

A: Però un giorno saremo donne, lo sai?
F: Non ti fa paura?
A: Un giorno saremo come mamma.
F: Non ti fa tanta paura?

La folla delle figure femminili che popola chiassosamente le pagine di Mandibula comprende un ampio ventaglio generazionale, descritto in tutta la sofferenza del suo continuo divenire. Clara vive nelle sue fattezze il ricordo perpetuo di una madre rettile, della quale descrive ossessivamente la colonna vertebrale serpentina, monito costante del peso di aver fatto della propria vita un sacrificio devozionale al discente. Come sua madre, Clara vive la mortificazione del corpo, ma rende il marchio che sul suo ha impresso il sacrificio della madre un monito perenne a se stessa e a chi da lei imparerà.

Al pastiche multiforme che diventa l’essere umano, si accosta il pastiche linguistico di Mónica Ojeda, tradotto magistralmente da Massimiliano Bonatto, realizzato non tanto attraverso il ricorso alternato a idiomi diversi, quanto il riferimento intermittente a registri, linguaggi e codici appartenenti ora alla cultura “alta”, ora a quella pop. Ne risulta un prodotto imbevuto di citazionismo postmoderno finalizzato alla creazione di un mondo costretto a mutare inesorabilmente e contro voglia, come i suoi personaggi.

Quel pomeriggio furono se stesse e nessuna provò vergogna.

Immagine: Alessandro Polidoro Editore 

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A proposito di Carolina Borrelli

Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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