Nadeem Aslam e Il libro dell’acqua e di altri specchi (Recensione)

nadeem aslam

Atti di terrorismo, corruzione e paura del diverso, ma anche tolleranza e profondo amore verso la propria terra e il prossimo. Tra verità e immaginario, nel suo nuovo romanzo Il libro dell’acqua e di altri specchi – pubblicato in Italia dalla Add editore – Nadeem Aslam presenta un Pakistan inedito ai più, afflitto dai turbamenti interni e che conserva una lunga e intima tradizione.

Nargis e il compagno Massud vivono a Zamana, una città fittizia del Pakistan. Sono architetti, personalità prestigiose e abbienti che condividono anche la passione per la cultura e il rispetto per l’altro, indipendentemente dalla razza o dalla religione. Una premessa essenziale, perché il Pakistan è purtroppo affranto da una perenne lotta civile tra i musulmani estremisti e i cristiani, una piccola minoranza, in un’atmosfera di intolleranza violenta e atti di persecuzione. Membri della famiglia ma non di sangue sono Helen e il padre Lily, proprietario di un consumato risciò, suo mezzo di sostentamento, rimasti soli a causa della morte di Grace, mamma di Helen. Il tranquillo equilibrio sullo sfondo di un Pakistan sempre in guerra viene interrotto quando Massud muore, vittima inconsapevole di uno scontro a fuoco  in strada. Cosi Nargis si troverà a dover fare i conti con la solitudine, ma anche con il suo passato e il suo segreto più grande: infatti, il vero nome di Nargis è Margaret, e si è finta musulmana da quando era ragazza, molto prima di conoscere Massud, credendo di poter vivere un’esistenza in pace lontano dalle oppressioni.

Il Pakistan visto da Nadeem Aslam

Ciò che ci regala Nadeem Aslam in questo ultimo denso e ricco romanzo è il racconto di uno stato in perenne conflitto, chiuso in una morsa di cui è vittima e carnefice. Si percepisce, tra realtà e intrecci romanzati, probabilmente la vera essenza di essa, un Paese costernato e in affanno a causa della brutalità, ma in cerca di pace e in attesa di riprendere in mano le glorie di una forte tradizione, dove l’intolleranza non è contemplata: «A un pennone davanti alla scuola sull’angolo era appesa la bandiera pachistana, verde con la mezzaluna e la stella. Una parte della bandiera era bianca per ricordare e onorare i cittadini non musulmani della regione».

E lo fa creando un dipinto, pieno di richiami, dove traspaiono dolcezza, nostalgia, parole avvolte da una bravura profonda sia nel narrare gli avvenimenti che nel descrivere i personaggi e gli intrecci. L’autore lascia il tempo che tutto si riveli, anche quando i colpi di scena sono più tristi e violenti o più amorevoli e teneri. Un esempio è il rapporto che Nadeem Aslam crea tra Helen e Imran, un giovane proveniente dalle terre del Kashmir, con un passato travagliato e testimone anch’esso delle persecuzioni del Paese natio, che si ritroverà ad aiutare le donne a vivere in incognito quando inizierà la persecuzione di Lily, proprio a causa dell’intolleranza religiosa.

«Non alzò gli occhi mentre lui si avvicinava e si fermava al suo fianco, i loro corpi che quasi si toccavano, il calore del suo viso che si rifletteva su quello di lei. Lei continuò a guardare quello che stava facendo, mentre dalla pagina proveniva un fruscio cartaceo. Lui si sentiva impazzire. Poi, finalmente, lei si voltò a guardarlo. “Cosa c’è?” disse Imran, con voce quasi impercettibile. Helen stava sorridendo, le labbra contro quelle di lui, respirando la sua stessa aria. Non se n’era accorto, ma Helen aveva sollevato la falda della propria camicia e l’aveva cucita alla manica di lui, poi aveva cucito entrambe le camicie alla pagina. Ora annodò il filo e lo spezzò. Quando durante la notte la candela si spense, le loro due camicie penzolavano vuote dalla pagina cui erano state cucite. Era come se due fra i nomi che comparivano in quel libro avessero preso vita, e fossero entrati cautamente nel mondo».

Due personalità che si accomunano proprio per questo. Due buoni, che decidono di mettere al centro prima gli altri, Helen perché cresciuta con gli esempi di Nargis e Massud che hanno sempre voluto per lei un futuro splendente e fatto di valori positivi, Imran perché deciso a riscattare gli errori commessi in passato; due personalità che sono riuscite a conservare in se stessi valori e tolleranza, indenni di fronte alla corruzione che, come nel romanzo, aleggia dappertutto, ma che non è riuscito ad intaccare né i personaggi principali né il mondo che ha forgiato Aslam.

Nadeem Aslam non racconta solo la parte buona del mondo, ma è ciò che si aspetta che vinca. Questo però, non dimenticando quando l’uomo è fragile, capace di compiere degli errori, ma in grado di prendersi responsabilità e di credere in un Pakistan migliore. Ed è il ruolo che affida a Nargis, che è l’unica che combatte una lotta interiore più sanguinosa di tutte, tormentata dal ricordo della sua cara sorella Seraphina e dello zio sacerdote Solomon, e di quanto dolore ha purtroppo causato a quest’ultimo quando è andata via dalla cittadina di Lyallpur per vivere disconoscendo una parte di sé, forse per motivi da giustificare ma senza una reale presa di coscienza.

La persecuzione sia di Lily che di Nargis prosegue per tutto il romanzo, fino all’epilogo finale; lo stesso vale per i ricordi, una malinconia sempre presente, che unisce punti da un periodo all’altro, che permette al lettore di comprendere il fatto in sé, che Aslam non esplicita mai fino in fondo. Un esempio è il momento in cui ritorniamo a Lyallpur e assistiamo ad un giorno importante per Solomon: «Adesso gli era venuto in mente perche si era alzato a quell’ora. Posò il tè sulla sedia e nascose di nuovo l’arma sotto il materasso rosa scuro, poi uscì di casa passando dalla porta sul retro, e prese con sè la chiave lunga venti centimetri appesa a un chiodo alla parete. Mentre attraversava il giardino in direzione della chiesa, il forte profumo di terra e vegetazione si mescolava ai suoi ricordi. Quando il suo sguardo si posò sui fiori appena spuntati, la sensazione che provò fu come musica, e penso a Sofocle: Nessuno ama la vita come un uomo che invecchia».

Il racconto è circondato da una grazia leggera, rinchiusa in tutto Il libro dell’acqua e di altri specchi. Un bellissimo romanzo che sa di antico ma mai di qualcosa di perduto o introvabile.

Ilaria Casertano

Fonte immagine: Ufficio stampa Add editore

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A proposito di Ilaria Casertano

Nata a Napoli, laureata in Filologia moderna alla Federico II, giornalista pubblicista, social media manager. Ama i libri insieme alla scrittura, il giornalismo che pratica da anni, il disegno, ma più di tutto il cinema. Sogna di viaggiare, dovunque.

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