Non è successo niente di Nicolò Targhetta: recensione

Nicolò Targhetta

Non è successo niente è una raccolta di storie brevi di Nicolò Targhetta, uscito a inizio maggio per la Becco Giallo. Nicolò Targhetta, padovano classe 1989, è autore della pagina Facebook/blog Non è successo niente, dove da tre anni pubblica ogni giorno un racconto breve e da cui sono tratte le storie del libro. Il titolo è ispirato a vicende dell’autore, “Non è successo niente è quello che dicevo ai miei quando, da piccolo, tornavo a casa da scuola. Mi succedevano le cose più spaventose in quella scuola, cicatrici esperienziali che mi avrebbero segnato tutta la vita e io a “com’è andata oggi?” rispondevo sempre “non è successo niente”. La cosa si è ripetuta dopo l’università. 110 e lode, applausi e poi non è successo niente. Anche per colpa mia, si intende. Ma mi sono scoperto a riutilizzare quella scusa. Quando qualcuno ti dice che “non è successo niente”, significa, di solito, che è successo tutto quanto.

Non è successo niente di Nicolò Targhetta: ironia e cinismo

Per la sinossi, Non è successo niente è una raccolta di storie brevi, cinicamente ironiche e corrosive, che può creare dipendenza. In queste si alternano atmosfere da monologo interiore, atmosfere fantasy, atmosfere legate alle esperienze dell’autore, altre surreali ma con un piede per terra, tutte però legate da un’ironia di fondo con cui esorcizzare le paure del lettore. Sono tutti racconti autoconclusivi, collegati da più fili conduttori, più o meno interconnessi.

Filone principale è quello della crescita e dell’affrontare la realtà, dell’aver superato i trent’anni, dei primi bilanci e di come affrontarli con un po’ di cinismo. In questo contesto si aggirano un alter ego dell’autore in prima persona o tre amici scapestrati (Nicolò, Primo e Sergej), tra feste di ventenni da scansare e esami per attestare di essere un buon trentenne (pena corsi rieducativi). Il surreale è un altro filo conduttore dei racconti, tra cani/coscienza parlanti, libri viventi e protagonisti, dialoghi con la morte, con fantasmi dei videogiochi e col mostro sotto al letto. Altro filo sono i monologhi interiori, con l’esilarante assemblea delle personalità del protagonista negli anni, o alter ego psichiatri che affollano la mente del protagonista e si muovono tra i suoi settori. Non si può non confermare l’avvertenza del libro sulla dipendenza: difficile staccarsene, una storia tira l’altra. Ancor più difficile è non ridere durante la lettura, che rassicura ed aiuta ad affrontare le paure dei protagonisti, che in fondo sono anche nostre.

Francesco Di Nucci

Fonte immagine beccogiallo.it

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