Non esistono posti lontani, il romanzo di Franco Faggiani

Franco Faggiani

Non esistono posti lontani” è il nuovo romanzo di Franco Faggiani, edito per la Fazi Editore.

Nonostante i toni pacati e rilassanti del romanzo, il contesto è quello della Seconda Guerra Mondiale. A predominare però non saranno le tinte fosche e opache della guerra, bensì quelle calde e confortanti della natura, dei paesaggi incontaminati che spiccano e vengono esaltati proprio da quello sfondo di desolazione che ritorna a intermittenze.

Dentro il romanzo

Primavera 1944, l’io narrante Filippo Cavalcanti è un professore di Archeologia in là con gli anni. Costretto a trasferirsi da Roma, dove però non ha abbandonato casa sua e il suo amato gatto, si ritrova nel profondo nord, a Bressanone. Una volta lì si renderà conto che l’incarico affidatogli contribuirà a spaccare il suo cuore a metà; deve infatti garantire la sicurezza del viaggio di opere d’arte dall’Italia alla Germania; un furto in piena regola, con tanto di autorizzazione. Nonostante gli orrori e il clima di guerra nel quale si trova, il professore sente l’esigenza di contrastare l’ennesima ingiustizia, ma è consapevole di non essere in possesso delle armi giuste.

Il racconto di Franco Faggiani è sempre inframmezzato dai barlumi di quella serenità incontaminata e pura che si ritrova solo nel contatto con la natura, nelle valli e nelle aguzze montagne che lo circondano e che quasi fanno dimenticare di essere immersi nel periodo peggiore della storia mondiale.

Ben presto però un incontro rocambolesco cambierà le sorti della storia. Uno scugnizzo campano irrompe nella vita del professore, prima nelle vesti di ladro e poi in quelle di compagno di avventure. Un vero e proprio Sancho Panza con una mente ingegnosa ma ancora grezza: Quintino, ultimo di cinque figli, proveniente da una famiglia sgangherata e violenta, sembra essere la via d’uscita verso la salvezza propria e delle opere d’arte che il professore dovrebbe invece consegnare nelle mani dei tedeschi. 

Con i suoi modi schietti e spavaldi, talvolta troppo invadenti per il distinto professore, Quintino riuscirà a convincerlo a scappare per tornare a Roma. Un camion di fortuna, messo su dallo stesso Quintino, farà da Ronzinante per i due fuggitivi; da Bressanone inizia quindi un viaggio che porterà i due a improvvisare e a mimetizzarsi per sfuggire ai tedeschi e non solo.

I paesaggi attraversati talvolta allontanano i protagonisti dalla realtà e le montagne, come vele, sembrano quasi una nebulosa salvifica che li protegge dalla guerra che si combatte tutt’intorno. Il contatto primordiale con la natura-eden è fondamentale per i protagonisti, come un promemoria di bellezza contro le atrocità che l’uomo è in grado di mettere in atto.

Il mescolarsi dei due protagonisti, due linguaggi che si intrecciano fino a scavare nel profondo l’uno dell’altro, rappresenta un viaggio che è anche interiore, facendo riaffiorare ciò che entrambi avevano sepolto da tempo.
Quintino, così spavaldo e impulsivo, insegna al professore come un gesto gentile possa cambiare la vita delle persone; l’attenzione, l’amore sono il vero motore del cambiamento. Così egli ricambierà la gentilezza di quelli che incontreranno lungo il cammino, con gesti semplici ma efficaci. La miseria di gente che, in seguito alla guerra, ha perso anche quel poco che gli serviva per andare avanti è l’emblema di ciò che questa ha provocato. L’incontro con il povero pecoraio affamato, a cui Quintino regala un briciolo di speranza e nei cui occhi rivede la natura, diviene il simbolo dell’umano, quello lontano dalla bestialità della guerra, così come l’incontro con il frate che gli mostra la strada e insieme gli ricorda che puntare alla perfezione è ciò che rende gli angeli diavoli; ogni incontro è un insegnamento di vita in questo viaggio che ne è un po’ una metafora. E l’arte, i quadri e il sarcofago dal valore affettivo e artistico che i due portano in salvo, sono come lucciole di bellezza che sfuggono alla catastrofe del disumano.

Gli effetti della guerra si mostrano in ciò che resta in seguito al suo passaggio: la devastazione dei luoghi sacri, dei cimiteri e delle chiese ricordano al professore che la guerra è reale e viva intorno a loro. Lungo il viaggio, insieme a gente che li aiuterà a eludere gli sbarramenti, come il capo partigiano, incontreranno anche briganti e nazisti che metteranno in pericolo la loro vita. Ma l’intuito e l’immediatezza di Quintino saranno di fondamentale importanza per la salvezza, uniti alla saggezza del professore. Le reciproche virtù, nonché le estreme differenze tra i due protagonisti diventeranno i loro punti di forza, ma soprattutto un arricchimento poderoso per entrambi.

Il tortuoso viaggio verso Roma si conclude con una triste presa di coscienza: nonostante i tedeschi abbiano abbandonato la città, i cosiddetti liberatori si rivelano uguali agli oppressori, anch’essi infatti stanno depredando le bellezze italiane. Il viaggio non può quindi ritenersi concluso. Ultimo riparo sarà dunque la villa della marchesa che ha accolto Quintino e le sue sorelle sin da bambini, in seguito alla perdita della madre. Anche la marchesa, non a caso, è un’artista. 
Alla fine del viaggio, Quintino e il professore appaiono diversi; l’astuzia legata alla saggezza popolare, insieme all’istinto e alla prontezza di Quintino le ritroviamo negli atteggiamenti del professore; viceversa  la pacatezza e la riflessione di quest’ultimo si riversano nel giovane. Uno scambio reciproco che è una vera e propria metamorfosi camaleontica. Il professore riuscirà infine a donare e a rispondere alla sua esigenza di fare del bene proprio come quel giovane scapestrato gli ha insegnato.

La serena scrittura di Franco Faggiani

Non esistono posti lontani di Franco Faggiani è un’immersione nella tranquillità e nella pacatezza del verde, vero e proprio riposo e riparo, con parole che sono come brezza tra gli alberi in primavera, nonostante il contesto nel quale la storia è calata. Un continuo inno alla speranza e all’umano che non si brutalizza. E l’arte, emblema della bellezza e dell’eterno, rappresenta l’ultimo baluardo al fine di riuscire a lasciare una traccia, proprio nel periodo che più di tutti tende a cancellarle.
La marchesa, che non parla più, ma che continua a dipingere fino alla fine e il professore che continua ad imparare più che ad insegnare, sono il segno di ciò che può rendere l’umano eterno.

Veramente nessuno, in fondo, muore per sempre“.

Fonte immagine: ufficio stampa.

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