I Tredici: esordio vincente per Irene Lorelai Visentin

Irene Lorelai Visentin

I Tredici: recensione della raccolta di racconti di Irene Lorelai Visentin, pubblicati da Segreti in Giallo Edizioni

I racconti di Irene Lorelai Visentin, riuniti nella raccolta “I Tredici” e pubblicati il 17 aprile dalla casa editrice Segreti in Giallo Edizioni, sono stati una piccola catarsi.

Strano potrebbe sembrare accostare questo processo ad un libro horror ma non si può evitare di definirlo così. E si può associare anche altro: poesia.

Catarsi e poesia: vi chiederete perché.

Tredici racconti. Tredici protagonisti, ciascuno dei quali dà titolo ad una vicenda. Tredici tagli di traverso nell’esistenza umana che sono altrettanti scavi, crepe nella quotidianità che, per un attimo, il tempo della lettura, diventano bagliore. Di autenticità. Di crudezza. Di sincerità.

Sfogliando le pagine del libro, entriamo nelle vite di Anita, Magda, Alessandro, Efrem, Sara, Enrico, Violante, Carola, Riccardo, Tommasino, Marco, Dania e Rebecca ma, quando chiudiamo il volume, sono loro che ci avranno risucchiati nel loro mondo. Questo perché, imparando a conoscere poco a poco le loro storie, scarnificate da un’autrice la cui penna è spietata nel suo sezionare realtà ed irrealtà, inevitabilmente, se un po’ di onestà ci appartiene, non possiamo non riconoscere in esse un riflesso, seppur minimo, della nostra anima, un frammento, un richiamo.

Questo è stato il pregio più grande della Visentin: aver creato racconti in cui il “mostro” non è qualcosa di demoniaco da vincere, eliminare; al contrario, giace silenzioso nelle esistenze delle persone comuni. Ognuno dei personaggi conduce una vita normale, persegue obiettivi normali ma combatte, internamente, con la propria ossessione, che nei racconti trova un pretesto, un momento di svolta attraverso cui esprimersi in maniera così potente e dirompente da liberare infine il “mostro” che distrugge il personaggio stesso dall’interno.

Perché tutti noi le vere angosce, le inquietudini più malsane e incontrollabili le releghiamo in un angolo recondito della nostra mente e reclutiamo la ragione per tenerne serrata la porta. A spranghe. Col doppio lucchetto. E poco a poco dimentichiamo che esistono. Che fanno parte di noi. Abbiamo paura di chi potremmo essere. Abbiamo paura di cosa potremmo fare… e provare. Quindi, creiamo mostri esterni dalle caratteristiche più enfatizzate possibili, abbracciando troppa fantasia da rasentare il grottesco, troppa carneficina da corteggiare lo splatter. Ma il vero horror, quello profondo, quello lacerante, è quello che ha terreno fertile nella nostra psiche. E questo Irene Lorelai Visentin lo ha perfettamente capito e con i suoi Tredici ne ha fatto omaggio ai lettori. Un regalo che è anche una provocazione, una proposta di fare un viaggio nell’intimità dei suoi personaggi, e nel proprio Sé, per scoprire quanto trafitti usciremo dopo la lettura, quanto rinati.

I Tredici di Irene Lorelai Visentin: la catarsi dopo l’abisso

Con la lettura di queste storie, ad ogni personaggio e ad ogni lettore sembra quasi venga donata la possibilità di rinascere attraverso le vicende de I Tredici e di riscoprire quell’Io che spasimiamo di incontrare, di conoscere, forse per la prima volta. Perché I Tredici è, soprattutto, rivelazione.

La Visentin riesce a restituire tutto questo con la parola: le storie ti entrano dentro, non possono fare a meno di ferire, oltraggiare, demolire ma il messaggio che ne esce è di purificazione, di anelito di un’esistenza immune dai tormenti e dalle oscurità dell’anima, in un abbraccio tra quello che sentiamo di essere e quello che più profondamente siamo, per affrontare il mondo reale liberi da pregiudizi, dimensioni che ci imprigionano, credenze che limitano l’Essere.

In tre racconti in particolare, infatti, l’orrore diventa il tramite attraverso cui riemergere, diversi, da questa abulica realtà, in uno troppo asettica, rigida ed estranea all’umano sentire da rasentare la patologia pura; in un altro sorda al puro sentimento ed incapace di presagire l’estremo sacrificio di sé; nell’ultimo, infine, innalzata a sistema da oltrepassare per raggiungere una dimensione di sé capace di far trovare la serenità. Letture sofferenti e commoventi.

Tutto è svelato. Tutto è espresso sulla carta. Tutto è schizzo di sangue su una tela immacolata. Nulla più è protetto dall’omertà, dall’indifferenza, dalla prassi.

Non a caso il numero 13, nel mondo karmico, rappresenta il cambiamento drastico che può essere sia in positivo sia in negativo: così come la morte, esso presuppone anche trasformazione e la rinascita. Il 13 parla quindi di nuovi inizi, mostra che i vecchi sistemi devono terminare per favorire il continuo divenire, il cambiamento; l’Essere Umano finalmente interpreta il suo specchio e si riconosce nel suo spirito immortale.

Di rimando, nel libro, cadono i tabù, categoria altisonante nella quale vengono relegati i mostri della nostra mente. Il cannibalismo ed il vampirismo, il sesso, la morte e la sua profanazione, l’immersione nell’Altro, il potere, la consistenza suggestiva dei sogni, il rifiuto della corporeità, la smania proibita per qualcosa ritenuta perniciosa e indegna, il desiderio di vita e di morte sono solo alcuni dei punti che la Visentin affronta, in questa crociata contro la messinscena delle maschere e delle sovrastrutture che chiamiamo “esistenza umana”. Trasparenze e chiaroscuri, innocenza e peccato si fronteggiano costantemente nel libro ma le sfumature della difformità rispetto al “normale” sono troppo accese perché siano diluite con l’acqua santa del falso perbenismo.

Tutto crolla. E nella discesa rovinosa verso l’abisso dell’umanità, che inghiotte i suoi peccati con efferatezze ancor più empie, in un vortice di frenesia, di fremiti, di travagli, questo stesso “tutto”, alla fine, splende.

Le tredici storie di dolore, di sofferenza interiore, di amore viscerale, di orrore sono una cornice perfetta per una resurrezione mondante, un attimo epifanico di libertà. E qui I Tredici si fa poesia.

La poesia dietro l’orrore

Il racconto horror è la costruzione di un mondo che suscita spavento, realizzato mediante la parola ma non soltanto attraverso il suo potere descrittivo e narrativo, bensì principalmente attraverso quello evocativo: in questo risiede la sua poeticità e I Tredici ne è pregno.

C’è poesia nell’orrore quando paura e sconcerto, eccitati al punto da non lasciare spazio ad emozioni che ne banalizzino l’impatto, diventano la struttura che lega le storie, quando insomma vi è quel malessere, quel qualcosa di morboso, di scandaloso che tronca il respiro ma non può evitare di catturare la mente del lettore.

Ma c’è poesia anche nell’antitesi perché tutto, se vissuto attraverso i sensi, può essere insieme bellezza e dannazione. Dove c’è conflitto tra concetti, lì c’è scontro. Ed il fremito che ci prende nel contrappunto dei significati dà la poesia.

I Tredici in questo eccelle perché ogni sua storia ha una bellezza nascosta, talvolta pudica, altre oscena, soprattutto quando le situazioni più innocenti in esso descritte si rivelano simbolicamente pericolose se non addirittura esiziali.

Il talento della Visentin, rifuggendo la morale e il comune senso di bellezza dai canoni classici, fa in modo che la seduzione delle sue parole muti in poesia proprio perché riesce a descrivere la bellezza dell’orrore attraverso il fascino della tragedia, che vibra, pulsa, che ci meraviglia e ci terrorizza, incarnato però, e soprattutto, nella realtà, nella verità rivelata.

I Tredici è un’esplosione. Le emozioni travolgono il lettore appena entra nella mente e nelle vicende dei personaggi della Visentin. La sua è una professione di scrittura squisitamente gotica, cruda, tagliente ma trascinante.

La trama dei singoli racconti è ben orchestrata, con un pathos che a volte è ascendente, altre volte ti prende alla gola da subito, come una stilettata. Il confine tra realtà e paradossale, inquietudine e grottesco è misurato, ben gestito.

Lo stile è sfrontato e coinvolgente, elegante nonostante la scabrosità del contenuto, in alcuni punti, e questo perché il linguaggio è ricercato, lessicalmente molto raffinato, musicale nel suo essere pungente. Provocatorio soprattutto perché la Visentin non esita a colpire a fondo.

Le atmosfere sono perfette, cupe al punto giusto, pittoriche in una maniera accattivante. La tavolozza dei colori della Visentin rigurgita di rosso e da queste tinte purpuree si delinea un feroce desiderio di divincolarsi dalle convenzioni per arrivare a scavare nella realtà ed annullarne le illusioni. Scrivere risponde quindi ad un bisogno di dissacrazione ma al tempo stesso si fa espressione di reazione, di assunzione di responsabilità, di scelta, al di là delle conseguenze.

L’esordio letterario di Irene Lorelai Visentin con I Tredici è stato sorprendente. Spiazzante.

Libro consigliatissimo!

Immagine in evidenza: https://segretiingialloedizioni.com/

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