Poesie di Nina Cassian: 3 da non perdere

Poesie di Nina Cassian

Nina Cassian, pseudonimo di Renée Annie Cassian-Mătăsaru, è ricordata come una delle poetesse romene più celebri. Nella sua carriera, oltre che alla poesia, si è dedicata alla traduzione, alla produzione di libri per bambini e alla prosa, acquisendo un ruolo di primo piano nella letteratura romena.

La poetica di Nina Cassian è profondamente realista e questo si evince dai temi socio-politici affrontati nelle sue poesie. Avendo vissuto sotto il regime comunista nella Romania degli anni ‘80, la sua poesia è funta proprio da forma di resistenza a quel regime dittatoriale, combattendo la censura ed ogni tipo di repressione e di privazione di libertà.

Un tema centrale nelle poesie di Nina Cassian è quello della femminilità, ove la poetessa ne esplora gli aspetti più profondi con una voce sensibile e distinta.

Quest’ultima riflette sulla sessualità, il corpo femminile e la condizione della donna, indagando la tensione che vige fra società e identità femminile catalizzato in un contesto storico dittatoriale e atrocemente patriarcale.

Nelle poesie di Nina Cassian sono ricorrenti anche temi universali quali la solitudine, la fragilità della psiche umana e la moralità.

Tramite un uso sapiente delle parole e della lingua, in cui realismo ed umorismo si mescolano, Nina Cassian cerca di rispondere a tutti quei quesiti irrisolti della vita. Uno dei motivi per cui la sua poesia è così apprezzata è proprio per la sua capacità di trattare con delicatezza, ed un pizzico di giocosità, tutti quegli aspetti che fanno sobbalzare i nostri piccoli cuori umani. La sua, pur essendo una poesia autentica, che urla e che vuole essere ascoltata, non risulta mai difficile o elitaria.

L’ironia ed il sarcasmo fruiscono dalla sua penna come strumenti di salvezza, donando poeticità e leggerezza anche agli aspetti più complessi della vita.

Oggi vi consigliamo 3 poesie di Nina Cassian da non perdere, tutte tratte dalla raccolta C’è modo e modo di sparire, edita Einaudi e pubblicata in Italia nel 2013. 

1. Cedere il posto agli anziani e agli ammalati

Viaggiavo in piedi
eppure nessuno mi offrì il posto
anche se ero di almeno mille anni più anziana,
anche se portavo, ben visibili, i segni
di almeno tre gravi malanni:
Orgoglio, Solitudine e Arte.

Si tratta di una poesia carica di significato sennonché una delle più celebri della sua produzione poetica.

L’atto semplice, come quello di cedere il posto agli anziani e agli ammalati che dà il titolo alla poesia, genera un’intensa riflessione sulla condizione umana trascendendo dallo stesso gesto fisico.

L’azione quotidiana di cedere il posto sui mezzi pubblici, dunque, funge da metafora dell’innalzamento dell’io poetico della scrittrice, confessando che l’essenza della sua anima cela un’anzianità maggiore di tutti coloro a cui cederemmo il posto. L’anzianità a cui la poetessa fa riferimento è strettamente collegata alla saggezza e alla profondità d’animo del suo poetare, dunque non si parla di anagrafica ma di una maturazione metaforica. Non si tratta di età, di capelli grigi o rughe che dipingono il volto, ma di tutte quelle esperienze che l’hanno indotta a scrivere e a rendere la sua penna così autentica.

L’esperienze del suo bagaglio, pur essendo così intense, non sono visibili all’occhio umano rispetto alle caratteristiche fisiche di un anziano e qual è la ragione dietro questa cecità è proprio ciò che assilla il cuore della poetessa. L’orgoglio e la solitudine sono fardelli con cui l’animo umano combatte silenziosamente e che per tanto l’altro tende a non notare, a non rispettare. I malanni a cui fa riferimento la poetessa non sono fisici, sono condizioni dell’anima tanto pesanti ed invalidanti quanto malattie terminali.

L’arte stessa, terza ed ultima malattia a cui la poetessa allude, rappresenta un peso nel cuore della donna. La responsabilità della creazione artistica è accompagnata da pressioni, tristezze, angosce e pertanto è vissuta da quest’ultima come una vera malattia in quanto poetare comporta sacrifici ed isolamento.

Il fatto che nessuno ceda il posto all’io poetico della donna suggerisce una critica sottile a quella società che riconosce e rispetta solo i segni esteriori della sofferenza e della malattia, trascurando i dolori più profondi che molto spesso risiedono proprio nei nostri cuori e nelle nostre menti.

Le battaglie che una persona sta affrontando non sono visibili ad occhio nudo e per tanto bisognerebbe essere gentili con l’altro a priori; questo è quello che sembra suggerire la poetessa in questa poesia.

Le malattie mentali, i disturbi dell’io, sono tanto validi quanto le malattie che colpiscono corpo e fisicità ma la società non sembra capirlo. Pur essendo una poesia datata, il tema affrontato e questa sottile giocosità adottata dalla poetessa, la rendono estremamente attuale; l’eternità della poesia risiede proprio in questo.

2. La Tentazione

Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.
Per le prima volta vedrai i pori schiudersi
come musi di pesce e potrai ascoltare
il mormorio del sangue nelle gallerie
e sentire la luce scivolarti sulle cornee
come lo strascico di un abito; per la prima volta
avvertirai la gravità pungerti
come una spina nel calcagno
e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.
Ti prometto di renderti talmente vivo che
la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,
che le sopracciglia diventeranno due ferite fresche
e ti parrà che i tuoi ricordi inizino
con la creazione del mondo.

In questa poesia, Nina Cassian genera una profonda riflessione sul significato di essere vivi e sull’esistenza umana.

Vi è una distinzione fra esistere e vivere e questa differenza risiede proprio nel modo che adottiamo di sentire le cose, di viverci le esperienze.

Avere una sensibilità acuta è un fardello per cui essere grati ma che al contempo ci fa soffrire: sentire tutto il doppio più forte, vivere intensamente, accorgersi dei piccoli dettagli; come le consideriamo, esperienze negative o positive?

Inoltre, la poetessa ci suggerisce quanto la vita possa essere vissuta in maniera completa quando si riesce ad essere consapevoli non solo del proprio corpo ma anche della propria posizione spazio-temporale; sono qui ed ora e per tanto non mi resta che vivere.

Non saremo mai più vivi di quanto lo siamo oggi quindi abbandoniamoci a ciò che la vita generosamente ci offre, gioie e dolori.

3. Devo dormire

Devo dormire.
Qualunque cosa accada,
devo farmi
la mia dose di sonno.
Muore qualcuno –
eppure devo dormire,
non dividerò con nessuno
la mia razione di torpore.
Poiché, gentile signore,
io, quando dormo, sogno
il mio defunto amato
e mio padre morto
e con loro bene mi comporto,
molto meglio nel sogno
che nella veglia mi sono comportata.
E poi, nel sonno,
le mie cellule morte
si tramutano in oro puro, setacciato,
perché possa resuscitare al chiarore
e camminare
in mezzo a voi,
gentili lettori.

L’ultima poesia di Nina Cassian che vi consigliamo oggi ruota attorno al bisogno fisiologico e spirituale di abbandonare il proprio corpo al sonno.

In questi versi il sonno viene interpretato come un viaggio metaforico volto alla riconciliazione e alla rigenerazione del proprio io. Non solo, tramite i sogni, si può entrare in contatto con gli amori perduti o gli affetti defunti ma funge da vero e proprio processo in cui si elabora la perdita, si trova conforto nell’avere un contatto irrealistico con ciò che non è più materia per poi rigenerarsi e abbracciare nuovamente la realtà.

Questa poesia è un inno al sonno che viene presentato come processo curativo del proprio io e a cui non bisognerebbe mai rinunciare per stare bene.

Gli ultimi righi della poesia, in cui la poetessa si figura vigilante in mezzo ai suoi lettori come nuova entità, catalizza in maniera decisiva l’importanza del sonno.

Le poesie di Nina Cassian sono eterne e durature nel tempo; per tanto non vi resta che perdervi in questo dolce amaro lirismo e farvi cullare dal potere della poesia.

Fonte immagine: Adelphi.it 

A proposito di Giuseppina Cerbone

Vedi tutti gli articoli di Giuseppina Cerbone

Commenta