Il 5 luglio 2025, i Black Sabbath hanno salutato il loro pubblico con un concerto d’addio a Birmingham, la loro città natale. Un momento storico che ha chiuso un capitolo lungo più di cinquantasei anni, durante i quali la band ha gettato le basi del metal moderno. In memoria di questo addio storico, ecco quattro album dei Black Sabbath da ascoltare.
Black Sabbath (1970)
Il disco che diede il via a tutto. Registrato in un solo giorno, Black Sabbath è un concentrato di riff oscuri e atmosfere cupe. La title track, con i suoi accordi rallentati, testo satanico e suoni che sembrano usciti da un incubo è diventata immediatamente iconica (oltre che divertente se si pensa al titolo: è la canzone Black Sabbath dei Black Sabbath tratto dall’album Black Sabbath) e N.I.B., con il celebre basso di apertura, plasmano quel sound denso di incertezze e paure che divenne il marchio di fabbrica della band, insieme a canzoni più leggere come The Wizard, che parla di Gandalf del Signore degli Anelli e quanto sia, in una parola che userebbe Ozzy Osbourne stesso, figo. Ma non solo: è il punto di partenza ideale per capire da dove ha avuto origine il metal in generale.
Paranoid (1970)
Appena qualche mese dopo l’album di debutto, arriva Paranoid, probabilmente il più famoso della discografia sabbathiana. Brani come War Pigs, critica sonora della follia bellica (ricordiamo che la guerra in Vietnam è in pieno furore in questo periodo), Iron Man, con quel riff immediatamente riconoscibile, e la title track Paranoid, inno generazionale di una generazione che si sente persa (scritto in 20 minuti, d’altronde), hanno consacrato Ozzy Osbourne come frontman carismatico e Tony Iommi come riff master. L’album perfetto per momenti di pura potenza sonora, mischiati a qualche traccia più influenzata dai blues come Planet Caravan.
Master of Reality (1971)
Con questo album i Black Sabbath abbassano ulteriormente l’accordatura delle chitarre, sperimentando un tono ancora più pesante ma anche più lento, creando quello che viene comunemente conosciuto come stoner metal. Master of Reality è un disco che mescola groove ipnotici come in Sweet Leaf (lasceremo a voi capire perchè titolo della traccia = creazione dello stoner metal) derive psichedeliche come Into the Void e episodi più riflessivi come Children of the Grave. È anche qui che inizia a delinearsi il filone del doom metal, grazie a riff lenti e testi che si danno al nichilismo.
Sabbath Bloody Sabbath (1973)
Dopo qualche anno di tour e sperimentazioni varie, Sabbath Bloody Sabbath rappresenta un ritorno in grande stile. L’album unisce elementi progressive, passaggi sinfonici e momenti di pura rabbia. La title track alterna versi violenti a archi orchestrali, mentre A National Acrobat esplora strutture inusuali. Un disco che dimostra la versatilità della band e la volontà di spingersi oltre i limiti del genere, oltre che essere uno degli ultimi album con Ozzy Osbourne prima che egli lasci la band.
Questi quattro album dei Black Sabbath ripercorrono le loro radici e sono assolutamente da ascoltare per dare addio a una band leggendaria.
Fonte Immagine: Wikipedia