Chitarristi jazz: i 3 più iconici

chitarristi jazz

I chitarristi jazz raramente ricevono l’attenzione e gli elogi di coloro che suonano gli ottoni, sassofonisti e trombettisti in particolare. Forse perché, tradizionalmente, la chitarra, che ha soppiantato il banjo nelle sezioni ritmiche jazz, era percepita principalmente come uno strumento di supporto e accompagnamento piuttosto che come un valido mezzo per l’improvvisazione solista.

Un altro motivo era legato al fatto che il loro strumento era acustico quindi, mentre i fiati rubavano la scena, i chitarristi dovevano accontentarsi di strimpellare accordi in sottofondo. Ma l’amplificazione elettrica ha cambiato per sempre il ruolo della chitarra nel jazz, un’evoluzione documentata nelle registrazioni di etichette storiche come Blue Note Records. Introdotta nel 1931, la chitarra elettrica a corpo cavo è stata subito ricercata dai musicisti che volevano farsi ascoltare: non solo il loro lavoro ritmico poteva essere udibile, ma la possibilità di eseguire assoli era diventata una realtà tangibile.

Chitarrista e contributo principale Tecnica e stile distintivi
Wes Montgomery: ha reso la chitarra uno strumento solista melodico e sofisticato. Uso del pollice al posto del plettro per un suono caldo e l’impiego magistrale delle ottave.
Django Reinhardt: pioniere del “gypsy jazz” e primo grande virtuoso europeo. Stile solista basato sull’uso di due dita (indice e medio) a causa di un infortunio.
Charlie Christian: ha introdotto la chitarra elettrica come strumento leader nel jazz. Fraseggio “simile a un corno”, con linee melodiche fluide ispirate ai sassofonisti.

1. Wes Montgomery

In cima alla nostra lista dei più iconici chitarristi jazz di tutti i tempi c’è il genio di Indianapolis che non sapeva leggere una nota musicale. Wes Montgomery è senza dubbio il chitarrista jazz più famoso della storia e merita il suo posto in cima a questa lista. Era noto per la sua insolita tecnica di pizzicare le corde della chitarra con il pollice della mano destra, che produceva un suono più morbido e caldo rispetto al plettro. A questo univa un modo distintivo di suonare in ottave e il fatto che usava corde molto pesanti come jazzista.

Chitarrista autodidatta, come documentato dalla sua biografia su AllMusic, è stato inizialmente ispirato dall’ascolto di Charlie Christian. Montgomery era famoso per la sua resistenza, lavorava infatti per lunghe ore come saldatore, prima di suonare la notte nei jazz club di Indianapolis. Ha suonato hard bop e soul jazz fino alla metà degli anni ’60, quando i suoi album iniziarono ad assumere una tonalità più commerciale, con il chitarrista spesso accompagnato da sezioni di archi. Ha registrato con i suoi fratelli tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60: Buddy Montgomery suonava il vibrafono e il piano, e Monk Montgomery suonava il contrabbasso. Montgomery morì improvvisamente per un attacco di cuore nel 1968, all’apice della sua popolarità. Pat Metheny lo definisce “il più grande chitarrista di tutti i tempi”.

2. Django Reinhardt

Prima dell’invenzione dell’amplificatore, i chitarristi jazz svolgevano in gran parte un ruolo di accompagnamento. Django Reinhardt, all’anagrafe Jean Reinhart, ha cambiato tutto questo con la sua band, la Quintette du Hot Club de France, che ha diretto con il violinista Stéphane Grapelli. Con una strumentazione che prevedeva solo strumenti ad arco (Reinhardt, Grapelli, due chitarristi ritmici e contrabbasso), il suono più morbido del quintetto ha permesso di ascoltare chiaramente i virtuosistici assoli acustici di Django.

È considerato uno dei musicisti jazz europei più influenti di tutti i tempi, nonostante abbia suonato senza l’uso del terzo e quarto dito della mano sinistra dopo che erano stati gravemente danneggiati in un incendio in una roulotte quando era ancora un adolescente. Questa limitazione lo portò a sviluppare una tecnica di diteggiatura rivoluzionaria, basata principalmente sull’uso dell’indice e del medio per gli assoli, che è ancora oggi studiata e ammirata.

3. Charlie Christian

Charlie Christian è stato uno dei primi e più importanti chitarristi a utilizzare la chitarra elettrica durante la metà degli anni ’30, rendendola popolare come strumento solista nel jazz. Ha trovato fama nazionale con il popolarissimo gruppo swing di Benny Goodman, a cui si unì nel 1939. Il suo stile di assolo è spesso descritto come “simile a un corno”, perché il suo modo di suonare con linee melodiche singole e fluide risultava molto simile nello stile di improvvisazione al modo di suonare il sassofono di Lester Young.

È stato una figura chiave nella nascita del bebop, suonando con Thelonious Monk, Kenny Clarke e Don Byas al Minton’s Playhouse di Harlem. Charlie Christian morì nel 1942, a soli 25 anni, dopo aver contratto la tubercolosi, ma da allora ha influenzato praticamente tutti i famosi solisti di chitarra jazz che sono venuti dopo di lui.

Immagine di copertina: PxHere

Articolo aggiornato il: 09/09/2025

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A proposito di Valeria

Valeria Vacchiarino (1999), studia Lingue e Culture dell'Europa e delle Americhe a L'Orientale di Napoli, città che ormai considera la sua seconda casa. Amante dei libri, del cinema e del teatro, ha una grande passione per la musica jazz.

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