Il blues di Howlin’ Wolf: 3 canzoni da ascoltare

Il blues di Howlin’ Wolf è tra i più rappresentativi e caratteristici del genere: la sua voce potentissima e ruvida accompagnata dall’armonica riportano direttamente alle radici di quel blues nato dapprima nei famigerati campi di cotone e poi finalmente approdato nelle strade, nei locali e nelle radio di città come Chicago e Memphis. Anche lui, proveniente dal profondo sud, è riuscito con grazia, gentilezza, generosità e talento ad arrivare a performare in Europa negli anni ‘60 e ad ispirare gruppi iconici come Led Zeppelin e Rolling Stones.  

Il blues di Howlin’ Wolf: le origini

Howlin’ Wolf, nome d’arte di Chester Arthur Burnett, nacque il 10 giugno 1910 a White Station, una minuscola comunità agricola nel Mississippi. Visse un’infanzia difficile, forgiata dall’ abbandono dal padre e la convivenza con uno zio violento dopo essere stato cacciato di casa della madre all’età di 13 anni. Quel periodo di tormento lo portò a scappare di nuovo e a trovare rifugio presso suo padre, col quale finalmente riuscì ad instaurare un rapporto affettivo. Fu soprannominato Howlin’ Wolf (Lupo ululante) durante gli anni dell’infanzia, quando un suo parente gli raccontava storie di lupi per spaventarlo: fu così che il piccolo Chester decise di appropriarsi di quel nome e di farne un suo tratto distintivo, simbolo di forza e mistero, e la sua voce profonda, quasi cavernosa, si adattava perfettamente a quel soprannome. Fu invece Charley Patton, altra leggenda del blues, ad insegnargli a suonare armonica e chitarra, ma non solo: gli insegnò anche a come dare spettacolo sul palco e a come rendere più intense e “drammatiche” le sue performance.

Da Menphis a Chicago 

Fu dopo aver prestato servizio militare durante la Seconda Guerra Mondiale che Wolf tornò nel Sud e cominciò a esibirsi nelle radio locali e nei club del Mississippi e dell’Arkansas, facendo appassionare un pubblico sempre più ampio. Nel 1951 Sam Phillips (il leggendario produttore che avrebbe poi lanciato Elvis Presley) lo ingaggiò nella sua Sun Records a Memphis, eppure fu solo due anni dopo, quando si trasferì a Chicago, il cuore pulsante del blues “elettrico”, che iniziò la sua vera scalata una volta firmato con la Chess Records. Qui Wolf mise insieme una band di fuoriclasse (tra cui Hubert Sumlin alla chitarra) e incise alcuni dei brani più potenti della storia del blues. Durante la sua permanenza presso la Chess Records, nacque la sua storica rivalità con Muddy Waters, una sorta di competizione artistica che portò i due musicisti però a dare sempre il meglio di sé.

Howlin’ Wolf: un “grande” performer 

Howlin’ Wolf, oltre alle sue doti canore, vantava poi di una corporatura possente (era alto quasi due metri) e massiccia e con una voce ruvida che sembrava quasi venire dalle viscere della terra: riusciva ad ipnotizzava il pubblico con esibizioni cariche di energia “animale” ma anche di vivace umorismo, tant’è che le sue performance restano tutt’oggi leggendarie grazie alla sua capacità di creare un’atmosfera quasi ritualistica. Eppure, nonostante questo aspetto da “duro”, Wolf era noto per la sua gentilezza e correttezza: trattava i membri della sua band con grande rispetto, li pagava generosamente e li aiutava anche fuori dal lavoro. Fu attento con i guadagni ricavati dalla musica e riuscì così a mettere da parte un discreto patrimonio.

Il blues di Howling’ Wolf : tre canzoni leggendarie 

In una discografia costellata di capolavori, tre sono i brani che possono essere considerati dei veri e propri inni del blues, ripresi e reinterpretati dai grandi del Rock: Smokestack Lightning del 1956, Killing Floor del 1964 e Spoonful del 1960

Smokestack Lightning

Questa è forse la sua canzone più iconica: Smokestack Lightning è un brano ipnotico, costruito su un unico riff ossessivo di chitarra, suonato da Hubert Sumlin, e una linea vocale lamentosa e feroce. Il testo è enigmatico, fatto di immagini frammentarie: il fumo che sale dalla ciminiera è simbolo di lontananza, di desiderio e di perdita. La canzone divenne un successo immediato e fu più tardi reinterpretata da gruppi come i Yardbirds e i Grateful Dead, contribuendo alla diffusione del blues tra i giovani bianchi.

Killing Floor 

Killing Floor è un blues potente e dinamico, che racconta la storia di un uomo che scopre di essere stato tradito dalla donna amata. Il “killing floor” era un termine usato per indicare l’area di macellazione nei mattatoi di Chicago, divenendo quindi simbolo di dolore e disperazione. Questa canzone, con il suo ritmo incalzante e la sua intensità, ispirò innumerevoli musicisti rock, tra cui Jimi Hendrix, che la eseguì spesso nei suoi concerti.

 

Spoonful 

Scritta da Willie Dixon e resa immortale da Wolf, Spoonful è un blues carico di allusioni sensuali e simboliche: un solo “cucchiaio” di amore, di desiderio, di piacere è sufficiente a ossessionare un uomo per tutta la vita. La voce di Wolf, rauca e quasi aggressiva, rende il brano un capolavoro del genere in maniera indiscussa: è qui che tutti gli elementi del blues più classico si incontrano in 2 minuti e 46 secondi di pura energia primordiale. Anche questa canzone fu ripresa da numerosi artisti rock, tra cui i Cream, che la trasformarono in uno dei loro pezzi più famosi.

Il blues di Howlin’ Wolf: conclusione 

Howlin’ Wolf continuò a registrare e suonare per tutta la vita, anche quando la salute cominciò a cedere a causa di problemi renali e cardiaci. Morì il 10 Gennaio 1976, lasciando dietro di sé un partimonio musicale preziosissimo. Wolf è anche tra i protagonisti del film Cadillac Records del 2008 (interpretato da Eamonn Walker) seppur come personaggio secondario; nella pellicola Wolf è ritratto come un uomo imponente, determinato, fiero, con una presenza scenica che impone rispetto. A differenza di altri musicisti della Chess Records, come Muddy Waters o Little Walter, Howlin’ Wolf viene mostrato come un artista integro, indipendente, poco incline a compromessi, fedele a sé stesso e al proprio valore. È uno dei pochi a non “vendersi” del tutto al successo o agli eccessi. La rivalità con Muddy Waters è uno dei fili narrativi più interessanti: i due rappresentano due facce del blues di Chicago, entrambi immensi eppure tanto diversi. Il film riesce a mostrare con efficacia la tensione tra loro, ma anche il rispetto reciproco che ha sempre caratterizzato il loro rapporto. Attraverso la figura di Howlin’ Wolf nel film inoltre si sottolinea quanto il blues non sia stato solo musica, ma anche orgoglio, identità e resistenza culturale in un’epoca di profondo razzismo e come questi artisti, nonostante le più gravi e offensive discriminazioni, abbiano continuato il loro percorso artistico con dignità e forza, lasciando al mondo un’eredità musicale dal valore inestimabile.

Fonte immagine: Wikipedia (Di Eatonland – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=132882253)

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