Canzoni di Elvis Presley: le 8 da ascoltare

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Chi non ha mai sentito parlare di Elvis Presley? Elvis (1935 – 1977) è uno dei cantanti più celebri del XX secolo, il cosiddetto re del Rock and Roll che oggi ha lo status di leggenda ed icona globale. Infatti, anche l’ascoltatore occasionale di musica lo conosce: basti pensare che, in soli ventiquattro anni di carriera, Elvis ha pubblicato ben 61 album e venduto oltre un miliardo di dischi nel mondo. Nelle classifiche britanniche, inoltre, 21 singoli del cantante sono rimasti al primo posto per 80 settimane e i suoi 45 giri non hanno lasciato il piazzamento per ben 1277 settimane. Analizziamo le sue influenze musicali per poi scoprire quali canzoni di Elvis Presley vale la pena ascoltare!

L’amore di Elvis per la musica black: le sue influenze e il dibattito sul suo successo musicale

John Lennon diceva che «prima di Elvis, non c’era niente». Le canzoni di Elvis sono state e sono ancora oggi una grande fonte d’ispirazione per tanti musicisti di diverse scuole di pensiero: dal rock and roll e rockabilly al rhythm and blues, dal country al gospel, dal melodico alla musica leggera. Ma il cantante non ha mai negato che maggior parte della sua discografia sia sempre stata in debito con la musica nera: le canzoni di Elvis sono, infatti, fortemente influenzate dal blues afroamericano, dal gospel cristiano e dal country del sud. Secondo alcuni, grazie alla fusione di questi generi, Elvis avrebbe creato uno stile musicale nuovo ed originale: «Non era nero, non era bianco, non era pop e non era country: era diverso».

Eppure, il successo di Elvis Presley è stato spesso messo in discussione proprio a causa delle sue influenze musicali: negli anni Cinquanta la segregazione razziale era così forte e tagliente che le canzoni degli artisti afroamericani, nonostante la loro spropositata bellezza, non erano apprezzate dal mercato musicale e dalle radio, di conseguenza non vendevano quanto quelle degli artisti bianchi. Elvis, cresciuto in una realtà povera di Tupelo, vide con i suoi stessi occhi la discriminazione ed emarginazione dei ragazzi di colore poiché visse assieme a loro: lui stesso ha sempre ammesso di avere un debito nei confronti della musica black. Infatti nel 1956, nella Carolina del Nord, lo stesso Presley avrebbe detto: «La gente di colore la canta e la suona proprio come sto facendo io adesso, amico, da più anni di me […] nessuno ci badava finché non sono arrivato io. L’ho preso da loro».

Quando Elvis iniziò la sua scalata verso il successo grazie alle canzoni d’influenza black e cover di artisti afroamericani, l’America razzista del tempo iniziò a trasmettere i suoi brani ovunque, a volte a scapito di quelli originali. Perciò, la domanda che tanti si pongono oggi è: le canzoni di Elvis avrebbero fatto un torto ai musicisti afroamericani?

Secondo il professore Michael T. Bertrand della Tennessee State University, esperto nella relazione tra la cultura popolare e il cambiamento sociale negli Stati Uniti, le canzoni di Elvis avrebbero permesso la diffusione della cultura afroamericana e così di svegliare la consapevolezza dei bianchi. Grazie a ciò, gli stereotipi segregazionisti radicati vennero rivalutati e messi in discussione. Il rapper, produttore e attivista Chuck D avrebbe dapprima condannato Presley, ma in un’intervista del 2002 con l’Associated Press ha ammesso di aver rivalutato l’intento del cantante: «Elvis era un artista brillante perché […] aveva rispetto per la musica nera».

James Brown stimava profondamente Elvis, «non ero solo un fan, ero suo fratello» e BB King lo difendeva a spada tratta: «La musica è di proprietà dell’intero universo, non è un’esclusiva dell’uomo nero o dell’uomo bianco […] Elvis non ha rubato la musica a nessuno. Aveva solo la sua interpretazione della musica con cui era cresciuto». Little Richard è sempre stato molto onesto e realista, invece: «Se Elvis fosse stato nero, non sarebbe stato così grande […] se fossi stato bianco, sarei stato in grado di sedermi in cima alla Casa Bianca!», ma ammetteva comunque che le canzoni di Elvis siano «state una benedizione. Lui ha aperto la porta alla musica nera».

Ma tanti altri artisti lo hanno aspramente criticato: un esempio eclatante è quello della cantautrice blues Big Mama Thornton, l’interprete originale di una delle cover più famose di Elvis, Hound Dog. Grazie a Presley, la canzone di Thornton vendette quasi 2 milioni di copie nel 1953 diventando un successo nel mondo R&B: si dice che la cantante non accettò mai questo fatto. Per questo oggi si punta il dito contro le canzoni di Elvis accusandolo di aver solo tratto profitto dagli artisti afroamericani; nel 1994, il celebre cantante e pianista Ray Charles ci andò giù pesante: «Elvis era così grande e così eccezionale, come se fosse il re… il re di cosa? […] Conosco tanti artisti di gran lunga superiori […] cantanti come Nat King Cole, che è stato attaccato dal pubblico bianco per aver suonato il rock, mentre Elvis ha ricevuto ampi consensi. […] Quindi di cosa diavolo dovrei entusiasmarmi?».

Le 8 canzoni più iconiche ed interessanti di Elvis Presley

Il dibattito rimane aperto ancora oggi, ma non si può negare che la calda e intensa voce di Presley sia ancora oggi una grande eredità del mondo della musica e che rimarrà, in eterno, unica nel suo genere. Vediamo alcune cover e canzoni di Elvis, sia quelle conosciute al mainstream che non, che portano con sé significati e aneddoti interessanti…

  • If I Can Dream (scritta da Walter Earl Brown, pubblicata nel 1968, genere soul / gospel)

Tecnicamente parlando questo brano non è un gospel vero e proprio, ma il trasporto di Elvis è così sentito che If I Can Dream sembra, a tratti, un pezzo religioso. Dopo la sua pubblicazione nel 1968, si stazionò nella Billboard Hot 100 per ben 13 settimane raggiungendo la dodicesima posizione. In totale, If I Can Dream ha venduto un milione di copie negli Stati Uniti. Tra tutte le canzoni di Elvis, questa è un gioiello vero e proprio per il suo contenuto sociale: il riferimento cardine è a Martin Luther King e al suo discorso sull’eguaglianza razziale. Infatti, venne registrato due mesi dopo l’assassinio dell’attivista. If I Can Dream è stato un momento clou per Presley: colpito dalle parole del pezzo, lui stesso si recò dal produttore Steve Binder per riferirgli che non avrebbe più cantato canzoni in cui non credeva. Il manager del cantante, il Colonnello Tom Parker, non credeva in questo brano e disse addirittura che «non era il tipo di canzone per Elvis», sbagliandosi. Grazie a Brown sappiamo che dopo la registrazione di If I Can Dream le tre coriste di Presley avevano le lacrime agli occhi e che una di queste gli sussurrò: «Elvis non ha mai cantato con così tanto sentimento prima… Crede in ogni parola che canta».

«Siamo persi in una nuvola di pioggia,
siamo intrappolati in un mondo tormentato dal dolore.
Ma finché un uomo ha la forza di sognare,
può riscattare la sua anima e volare.
Nel profondo del mio cuore c’è una domanda tremante,
sono ancora sicuro che la risposta, la risposta arriverà in qualche modo.
[…] E mentre posso pensare, posso parlare
Mentre posso stare in piedi, posso camminare, posso sognare
Oh, ti prego, fa’ che il mio sogno si avveri»

  • In The Ghetto (pezzo composto nel 1969 da Mac Davis, genere soul / rock and roll)

Questa è un’altra, tra le canzoni di Elvis, portatrice di messaggio sociale: In The Ghetto racconta di un giovane afroamericano originario di una zona povera di Chicago e delle sue sventure e difficoltà. Per sopravvivere, infatti, è obbligato a rubare cibo e averi; un giorno riesce a procurarsi una pistola e a rubare un’auto, ma viene ucciso mentre cerca di scappare. Proprio quando il suo cuore smette di battere, nello stesso momento un bambino sta nascendo, probabilmente destinato anche lui a vivere un’esistenza di discriminazione e violenza: il brano, infatti, si sarebbe dovuto chiamare The Vicious Circle, «il circolo vizioso». È una delle canzoni più belle che Elvis abbia mai interpretato. In The Ghetto venne incisa nello stesso periodo in cui Presley decise di cantare If I Can Dream: anche in questo caso, amici e produttori del cantante fecero il possibile per non fargliela registrare. Ma, solo dopo il primo take, tutti si ricredettero: la sua voce cupa, la sua forte passione e la sua sensibilità commossero tutti i presenti.

«Mentre la neve cade in una fredda e grigia mattinata a Chicago
un povero bambino nasce in un ghetto.
E la sua mamma piange perché se c’è una cosa di cui non ha bisogno
è un’altra bocca affamata da sfamare nel ghetto.
Beh, il mondo gira e un bambino affamato e raffreddato
gioca per strada mentre il vento freddo soffia nel ghetto.
La sua fame brucia, così inizia a vagare di notte per le strade
e impara a rubare e a combattere.
Poi, in una notte di disperazione, il giovane fugge.
Compra una pistola, ruba un’auto, cerca di scappare, ma non va molto lontano.
E sua madre piange»

  • Unchained Melody (testo di Hy Zaret, anno 1955, genere soul, canzone originale del baritono Todd Duncan)

La discografia di Elvis conta innumerevoli cover: questa è una delle più memorabili. È una delle canzoni più registrate del secolo ventesimo ed è stata cantata in oltre 500 versioni in tutto il mondo. La versione più nota è, ovviamente, quella del duo americano The Righteous Brothers: per capirci meglio, è la colonna sonora del pluripremiato film Ghost – Fantasma. Presley cantò Unchained Melody nella sua ultima apparizione televisiva nel 1977, ben sei settimane prima di morire: la sua interpretazione è intensa e toccante, una delle più indimenticabili della sua carriera. Ciò che rende la sua esibizione ancora più commovente è l’aspetto di Elvis stesso: oramai stanco e rovinato dal consumo di farmaci, questo è stato il suo ultimo ma iconico saluto. Le canzoni di Elvis comprendevano innumerevoli cover e lui aveva la straordinaria capacità di renderle proprie: la sua voce era così unica e rara che qualunque brano cantasse non rimandava mai all’interprete originale. Questo è stato, infatti, uno dei suoi più grandi pregi.

«Ho desiderato il tuo tocco per molto tempo, sono solo.
Il tempo passa così lentamente e può fare così tanto.
Sei ancora mia? Ho bisogno del tuo amore…
Il fiume scorre solitario verso il mare,
verso le braccia aperte del mare.
Fiumi solitari piangono, aspettami.
Tornerò a casa, aspettami»

  • It’s Now or Never (1960, pop), Surrender (1961, rock and roll) e You Don’t Have to Say You Love Me (1970, pop)

Queste tre canzoni di Elvis le raggruppiamo in un unicum perché hanno un elemento in comune: l’amore del cantante per la musica italiana, soprattutto quella del Mezzogiorno! Infatti, It’s Now or Never (Schroeder e Gold) è basata sulla meravigliosa ‘O sole mio (musica di Eduardo Di Capua), mentre Surrender (Pomus e Shuman) è un adattamento della ballata napoletana Torna a Surriento di Ernesto e Giambattista De Curtis. La storia di You Don’t Have to Say You Love Me è invece più intricata: è l’adattamento del brano del 1965 di Pino Donaggio e Vito Pallavicini, Io che non vivo (senza te), ma è stata reinterpretata da tantissimi artisti. Nello stesso anno e alla fine del festival di Sanremo, la canzone raggiunse la posizione numero 1 nel nostro paese e venne poi inserita come colonna sonora nel film Vaghe stelle dell’Orsa di Luchino Visconti. Reinterpretata da Elvis nel 1970, raggiunge la posizione numero 11 della Billboard Hot 100 e l’album contenente la canzone diventa disco d’oro. Il singolo è – inoltre – diventato il disco più venduto del 1971 in Giappone e con 225.000 copie vendute Presley fu il primo artista straniero nella storia a raggiungere questo traguardo, spodestato poi da Thriller di Michael Jackson nel 1984.

«Tutte le stelle racconteranno la storia del nostro amore e di tutta la sua gloria,
prendiamo questa notte di magia e rendiamola una notte d’amore.
Per favore abbandonati a me.
Le tue labbra, le tue braccia, il tuo cuore, cara
Sii mia per sempre»
(Tratto da Surrender)

  • Suspicious Minds (parole di Mark James, registrata nel 1969, soul / rock and roll)

Forse una delle canzoni di Elvis più conosciute, Suspicious Minds racconta di un amore tormentato dal sospetto e dalla gelosia, una relazione messa costantemente a dura prova dalla mancanza di fiducia: l’unico modo per risanare le lacune di quest’amore è mettere da parte il timore e andare oltre. Non è solo una delle canzoni di Elvis più vendute e amate, ma è uno dei singoli più venduti di tutta la storia (7 milioni di copie). Rolling Stone ha inserito proprio Suspicious Minds nella lista delle 500 canzoni migliori di sempre alla posizione numero 91. Questo pezzo è stato l’ultimo numero uno in classifica statunitense per Elvis.

«Se un’amica di sempre passasse a salutarmi,
vedrei ancora il sospetto nei tuoi occhi?
Ci risiamo, mi chiedi dove sono stato.
Non puoi vedere che le mie lacrime sono vere, sto piangendo…
(Sì, sto piangendo)»

  • Intro (Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss, 1896) / See See Rider (Rainey e Arant, 1924, blues)

Non possiamo non fare una piccola menzione ad honorem: nei suoi tour degli anni Settanta, Elvis soleva cominciare lo show con, dapprima, le note monumentali e leggendarie di Così Parlò Zarathustra, una delle opere sinfoniche più famose al mondo. Subito dopo l’intro classica, Presley attaccava con See See Rider, un pezzo blues originariamente cantato da Gertrude “Ma” Rainey.

Più che le parole, ricordiamo l’iconica miscellanea delle due canzoni d’origine musicale differente: è con le note di Zarathustra che caliamo il sipario sulla vita e la leggenda di Elvis Presley, l’artista dannato che ancora oggi ricordiamo per il meraviglioso dono che Madre Natura gli ha fatto, ovvero la sua voce, il suo carisma e la sua unicità.

Immagine in evidenza: wikipedia

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