Canzone di protesta: storia e significato della musica impegnata

La canzone di protesta: la rivoluzione nella musica

La musica è un linguaggio universale, capace di farsi specchio della società e di immortalare i momenti salienti di un’epoca. La canzone di protesta incarna questa funzione al massimo grado: è una forma di musica impegnata, strettamente associata a movimenti per il cambiamento sociale e politico. Non è solo l’espressione di un singolo artista, ma la voce di un’intera comunità, un potente strumento di denuncia, coesione e speranza.

Movimento / periodo storico Artista e canzone chiave Contesto
Resistenza italiana (anni ’40) Autori vari – “Bella ciao” Italia
Diritti civili e guerra in Vietnam (anni ’60) Bob Dylan – “Blowin’ in the Wind” Stati Uniti
Contestazione giovanile (anni ’60-’70) Fabrizio De André – “La guerra di Piero” Italia
Post-colonialismo e panafricanismo (anni ’70-’80) Bob Marley – “Redemption Song” Giamaica / Globale
Black Lives Matter (anni 2010) Kendrick Lamar – “Alright” Stati Uniti

La canzone di protesta in America: dal folk al Black Lives Matter

Negli Stati Uniti, la tradizione della canzone di protesta è profondamente radicata. Nata nel XVIII secolo contro il dominio coloniale, nel XIX secolo ha dato voce a movimenti come l’abolizionismo e il suffragio femminile. Il XX secolo ha visto un’esplosione del genere, specialmente negli anni ’60 con il folk revival. Bob Dylan è diventato la figura chiave di un’intera generazione, scrivendo inni contro la guerra e la discriminazione razziale come Blowin’ in the Wind e Masters of War, opere che hanno contribuito a fargli vincere il Premio Nobel per la Letteratura. Questa tradizione è viva ancora oggi: il movimento Black Lives Matter ha trovato nel genere hip-hop il suo megafono, con artisti come Kendrick Lamar (Alright), Beyoncé (Formation) e Childish Gambino (This is America).

La canzone di protesta in Italia: dai canti partigiani ai cantautori

Anche l’Italia vanta una lunga storia di musica impegnata. I “Canti della Resistenza”, come l’iconica Bella ciao, rappresentano uno dei primi e più potenti esempi. Il periodo d’oro, tuttavia, sono gli anni ’60 e ’70. Sulla scia del boom economico e delle sue contraddizioni, nascono i Cantacronache, un collettivo di artisti e intellettuali che, come documentato dall’enciclopedia Treccani, mirava a creare una canzone svincolata dalle logiche commerciali e attenta ai temi sociali. Da questa esperienza fiorisce la grande stagione dei cantautori. Artisti come Fabrizio De André (La guerra di Piero), Francesco De Gregori (Generale), Giorgio Gaber e Rino Gaetano hanno raccontato le tensioni, le ingiustizie e i cambiamenti della società italiana, dagli Anni di piombo alla critica del potere.

L’eredità globale: dal reggae alla musica contemporanea

La canzone di protesta non ha confini. In Giamaica, Bob Marley ha reso il reggae una voce globale contro il razzismo, la povertà e l’oppressione coloniale, con brani immortali come Redemption Song. In Cile, Víctor Jara divenne il simbolo della resistenza contro la dittatura di Pinochet. In Sudafrica, Miriam Makeba ha cantato contro l’apartheid. Questa eredità prosegue oggi in generi diversi. Il rap, per sua natura, è spesso un veicolo di denuncia sociale, come dimostra l’opera di Caparezza in Italia, che critica aspramente la classe dirigente. La canzone di protesta continua a evolversi, dimostrando che la musica rimane uno degli strumenti più efficaci per dare voce a chi non ce l’ha.

Fonte immagine in evidenza: screenshot dal videoclip ufficiale di Formation di Beyoncé

Articolo aggiornato il: 06/10/2025

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