La forma della voce (anime) | Recensione

La forma della voce (anime) | Recensione

La forma della voce (聲の形Koe no katachi) è un film d’animazione giapponese del 2016 diretto da Naoko Yamada, tratto dal manga omonimo di Yoshitoki Ōima.
 
Trama:
Nel film La forma della voce troviamo Shōya Ishida, un bambino di nove anni. Un giorno nella sua classe arriva una nuova compagna, Shōko Nishimiya, una bambina sorda. Shōko cerca di inserirsi all’interno della classe cercando di fare amicizia con i suoi nuovi compagni però questi ultimi, invece di accoglierla, iniziano a prenderla in giro, incluso Shōya. Non solo la classe la prende di mira e diviene oggetto di pesanti scherzi, ma addirittura le rompono continuamente gli apparecchi acustici, per di più molto costosi. Quando il preside viene a conoscenza della condizione di Shōko, la classe, invece di ammettere le proprie colpe, indica come solo colpevole Shōya. Shōko successivamente cambia scuola e Shōya da quel momento in poi viene lasciato solo da tutti quelli che credeva essere suoi amici. Passano alcuni anni e Shōya diventa un ragazzo emarginato, pieno di colpe e con una profonda paura verso gli altri. L’incontro con Shōko dopo tutti questi anni è una rinascita per lui che lo aiuta ad affrontare i suoi rimorsi, ma lo fanno insieme, ognuno contro le proprie paure. 

La forma della voce è un film d’animazione che, nonostante non abbia riscosso così tanto successo come è capitato ad altri film di questo tipo, vale davvero la pena guardare per la sua profondità e per i messaggi che vuole trasmettere. Notiamo come tutti i personaggi della vicenda ad un certo punto sono costretti a fare i conti con il proprio passato e con gli errori che hanno commesso. In un primo momento si può pensare che esso sia un’opera il cui solo tema è il bullismo, ed infatti ne parla in maniera molto toccante con scene nelle quali vorremmo immediatamente entrare e difendere la piccola ed innocente Shōko. Invece possiamo affermare che il bullismo, invece di essere al centro dell’intera vicenda, è la ragione che provoca gli avvenimenti. E da questo momento in poi capiamo che il protagonista è proprio Shōya, questo ragazzo che vediamo non essere più il bullo della classe ma un liceale che non riesce ad instaurare un rapporto con gli altri, una caratteristica peculiare del film che capiamo dalle ‘x’ che ci sono sui volti delle persone che gli stanno accanto. Quello in cui si trova è un profondo stato di alienazione che, inevitabilmente, lo porta a pensare al suicidio.

L’originalità di La forma della voce sta proprio nel modo in cui affronta ed entra nella mente di chi compie il bullismo, e lo fa in maniera realistica ed anche spietata. La domanda che sempre ci poniamo è: perché?  Non esiste una sola risposta a questa domanda e, a volte, non si conosce nemmeno la ragione che sta dietro a questi atti di prepotenza. Nel caso di Shōya il motivo scatenante della sua crudeltà è il non saper comprendere ed ascoltare l’altro, in questo caso Shōko. È come se la sua sordità fosse una barriera che lui non riesce a distruggere oppure a scavalcare, perchè in questo modo sarebbe molto più semplice iniziare a conoscere la dolce Shōko, e vale a dire ascoltare la sua voce.

Nonostante poi egli stesso diventa una ‘vittima’ dei suoi compagni, lui continua a vivere e sentire il peso delle sue azioni passate che influenzano la sua vita. Egli però si dimostra coraggioso quando decide di affrontare il suo passato e di cercare l’espiazione, vincendo sul suo pensiero suicida. 

La forma della voce è un film originale, profondo, che ci commuove portandoci inevitabilmente alle lacrime. È un film che ci porta a riflettere sulle nostra azioni e sul nostro essere umani. Ci porta all’interno della mente umana e ci mostra quello che è il mondo da entrambe le parti: chi non viene ascoltato e chi non vuole ascoltare.

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