Nuovo disco per il cantautore dai “2 cappelli”, nuovo disco non solo per lui ma per tutta la sua famiglia. Figlio della pandemia, questo progetto nasce anche dalla voglia dei suoi figli di riportare a galla la figura di un padre poliedrico e artista in tutti i sensi, romanziere, scrittore a tutto tondo… e anche di canzoni. Il cantautore dunque si rimette in moto e coinvolge tutti i suoi figli, dalla copertina ai suoni, dalle voci al video passando inevitabilmente per l’idea: una giornata radiofonica, come fosse l’intera programmazione del giorno. Si intitola “Radio Varnadi 2.0 Family Edition” ed è un lavoro di 31 tracce (15 canzoni e 16 intro di presentazione). Semplicità anche indotta dalle restrizioni, di location e di mezzi… fatto in casa in tutto e per tutto. Come i video, come il suono, così come doveva e voleva essere. Punto e a capo. Tanto di cappello (anzi di cappelli visto che sono 2) all’arte che qui trova un alto significato della sua stessa identità. Che bella intervista quella che segue…
Torna in scena il “Cantautore con due cappelli”… e direi che dopo aver ascoltato “Stokazzo” si chiude il cerchio di questa allegoria o denuncia contro i nuovi “cantautori” di oggi che scimmiottano un passato glorioso… o no?
Qualcuno dovrebbe spiegare ai novelli cantautori figli dello star-system che la rivoluzione sessuale è avvenuta già cinquant’anni fa e che i riferimenti che scimmiottano, David Bowie su tutti, sono talmente stellari che al loro confronto anche il trasgressivo rocker di zocca apparirebbe come una scorreggina di formica, figuriamoci questi personaggetti uterini e s-talentuosi. Ma il mio j’accuse non è indirizzato a loro, bensì a noi cinquantenni appartenenti alla generazione di mezzo tra i cantautori della vecchia guardia e il nulla odierno, perché la colpa è nostra, siamo noi che non abbiamo saputo tramandare la memoria culturale di chi ci ha preceduto. Se pensiamo che oggi le “battaglie” del Primo maggio, prima granitico monolite di cantautori dallo stile mordace e dalla penna fendente, adesso sono combattute da Fedez, luminare dall’indiscusso spessore culturale, con il placet di gruppi che davvero a suo tempo sono stati combattivi e sovversivi (Vedi 99 posse), significa che il fondo ormai è stato toccato, ma io sono fiducioso, perché è proprio quando si tocca il fondo che ci si riesce a dare la spinta per la risalita. Dopo ogni periodo di decadenza esiste sempre una rinascita! Nel brano “Stokazzo”, brano nel quale ho duettato con mio figlio Giuseppe, ho citato i nomi di alcuni cantautori ormai passati a miglior vita come Jannacci (Prima c’era Jannacci e adesso c’è Stokazzo!), Dalla, De André, Graziani… avrei voluto citare anche Guccini per la stima che nutro in lui, ma per fortuna quest’ultimo abbiamo il piacere di averlo ancora tra di noi.
Luciano Varnadi Ceriello, una intervista
La Campania come punto fermo… se ti chiedessi quanta ironia e quanti ingredienti della tua (e nostra) Campania ci sono dentro questo modo di fare musica?
Io adoro vivere in Campania e nel Sud dell’Italia, vado spesso in Veneto da mia madre, Rovigo è la mia città natale, ma sono metereopatico e le nebbie mi intristiscono, per cui in verità ci ho provato, ma lì non ci riesco a vivere, poi in Campania, al di là di ciò che di solito dicono alcuni giornalisti servi di partito e buona parte dei cacografi pseudo-intellettuali televisivi, io ci vivo davvero bene. C’è da dire che, se non fossi vissuto qui, non avrei mai pensato di creare il siparietto ironico-satirico del brano “IO E TU NUN CE LASSAMM’ CCHIÙ (FORSE)” con intervista al cantante neo-patetico-melodico Eddy Arrea, canzone che vede l’interpretazione vocale dello stesso Eddy Arrea, di Nanninella Patatina, di Concettina Putipù, nonché del narratore Gerardo Caprone, che poi sarei io. RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION è un album volutamente ironico-erotico-sarcastico, dopo aver scritto tre romanzi storici editi dalla casa editrice Armando Curcio Editore, un‘ottantina di testi con corrispondenza sillabica seguendo le melodie di compositori di musica classica (Chopin, Mendelssohn, Vivaldi, ecc,) e un album intitolato ONIRIC CHOPIN (Prosimelometro N. 1), brano classificatosi tra i 5 finalisti del PREMIO TENCO 2019, ho deciso di produrre un progetto diciamo così, più “leggero”. Doveva essere il secondo di una trilogia dedicata al mondo delle radio, ma credo che sarà l’ultimo disco di questo genere che inciderò, perché al momento sto subendo una censura artistica da parte delle piattaforme di distribuzione, prima tra tutte Spotify. Infatti l’album, distribuito da Believe Digital, non è presente su Spotify e alla richiesta del perché della sua assenza, mi è stato risposto (cito le testuali parole dell’e-mail della Believe): “la release non può essere inviata alle principali piattaforme perché in essa sono presenti alcune tracce con parlato, spot pubblicitari, ecc.”. Io ho ribattuto dicendo che le tracce contenute nel progetto RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION contengono sì parlati, jingles pubblicitari, radiogiornale e tutto ciò che si può ascoltare in una radio, ma sono tutti fittizi, non si riferiscono a nessun marchio reale, ho specificato che l’album RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION è il secondo progetto artistico di una trilogia dedicata al mondo delle radio, il primo progetto, intitolato RADIO VARNADI, è del 2009 ed è presente da anni su Spotify e sulle varie piattaforme musicali, sempre caricato da loro della Believe e anche in esso ci sono jingles, dj, speaker, infotraffico e ogni cosa che concerne il mondo radiofonico. La risposta definitiva e inoppugnabile da parte del distributore è stata che “le piattaforme digitali aggiornano di continuo le regole che determinano i contenuti accettabili o meno e ad oggi questo tipo di contenuto non è più accettato dalle piattaforme pertanto non possiamo procedere con l’invio.” Secondo me tutto questo è assurdo! Al di là della validità o meno del progetto artistico, voglio puntare l’accento sulla censura artistica che operano costoro. Dopo due anni di lavoro, mi ritrovo nell’impossibilità di veicolare il mio prodotto, bello o brutto che sia. L’arte, in tutte le sue forme, dovrebbe possedere come principale fondamento il concetto di libertà, per cui è una vergogna che una creazione artistica, qualsiasi essa sia, debba sottostare a queste “incontestabili” dittature del mercato. Io in definitiva ho caricato l’intero album su youtube e ho deciso di farlo ascoltare gratuitamente. Io però come mestiere faccio l’insegnante e ho un reddito che mi permette di sfamare la mia famiglia. Se vivessi soltanto di musica, come farei?
Il tuo è un taglio vocale molto de andreiano come si dice… non a caso il disco lo hai dedicato a lui. Una scelta voluta all’occorrenza o qualcosa di naturale che ti porti dietro?
Tra i cantautori di “spessore” De André è quello che sento più vicino come ispirazione, come poetica, come potenza del verso e come sarcasmo. È vero, il mio tono vocale si avvicina alle sue frequenze. A suo tempo, poco dopo la morte di Faber, un produttore discografico mi ha proposto di sfruttare questo tipo di vocalità e mi ha consigliato di imitare o “copiare” le sue canzoni e diventare il “nuovo” De André, ma io ai cloni ho sempre preferito gli originali, vedi Battisti con gli Audio 2, i secondi sono da sempre un banale surrogato del primo, per cui ho declinato quell’ “offerta” e ho continuato la mia strada, sempre alla ricerca della mia originalità nella produzione musicale. Certo, se avessi accettato quella proposta la strada forse sarebbe stata in discesa, ma a me piacciono le sfide e i traguardi me li voglio conquistare. Ho così spaziato tra i vari generi musicali, rock, pop, passando per la musica classica, in RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION ci sono anche 2 brani dalle sonorità trap, genere lontanissimo da me, ma nel quale mi sono divertito tantissimo a cimentarmi. In questi brani ho usato anche l’autotune, proprio il medesimo che usano i “grandi” artisti di oggi. …e pensare che fino a una decina di anni fa quando si incidevano i dischi e si correggevano le intonazioni perché non erano “perfette”, ci si vergognava a farlo sapere, adesso intonare le voci è diventata una cosa normale, un “effetto” vocale.
E restando alla dedica: perché proprio a Faber?
Ci sono due motivi in particolare. Il primo è per preservare la sua memoria artistica. Purtroppo la maggior parte dei ragazzi di oggi, persa tra i propri idoli dai nomuncoli d’arte bisillabi, non sa neanche chi sia Fabrizio de André (6 sillabe sono troppe da ricordare), per cui, come ti dicevo, la mia intenzione è didascalica, vorrei instillare in loro la curiosità di andarselo a ricercare su youtube. Il secondo motivo è strettamente personale e appartiene a un episodio della mia vita: quando ero ragazzo andai a vedere uno degli ultimi concerti di De André, quello con le carte dei tarocchi per intenderci. Durante quel concerto vidi suo figlio Cristiano che si alternò al violino, alle chitarre e agli strumenti etnici ed io riflettei su quanto orgoglio dovesse provare Fabrizio per suo figlio. Avevo ventisette anni all’epoca e mi augurai un giorno di poter vivere quella sua stessa emozione. Dal 2012, dopo aver inciso l’album “CONTESTATORE ROMANTICO” mi sono dedicato alla letteratura e mi sono catapultato nella scrittura di romanzi e nella musica classica, avevo deciso di abbandonare il mondo cantautorale, quando un giorno mio figlio Giuseppe (anch’egli giovane polistrumentista virtuoso), allora dodicenne, mi ha detto: “Papà, perché non fai un altro disco come quelli che facevi prima? Se lo fai, suono io la batteria!” Ecco, le parole di mio figlio mi hanno fatto tornare la mente a venti anni prima e ho pensato: “La vita mi permette di esaudire il desiderio che ho espresso tanti anni fa, non posso non cogliere questa occasione!”. Ho così scritto nuove canzoni, ne ho recuperato altre, e, tra lockdown, intuizioni e intime suggestioni, è nato “RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION”. Adesso posso dire non solo di aver realizzato il desiderio di quando ero ragazzo, ma anche di aver provato sulla mia pelle un’emozione simile a quella del caro Faber. A proposito… FABER è un bisillabo, sarebbe facile da ricordare.
La famiglia… incredibile quel che sei riuscito a realizzare. Niente di speciale, diranno molti… ma alla fine ci sei riuscito. La prima cosa che pensi riascoltando il tutto?
Come sempre mi capita, quando termino un disco o pubblico un libro, lascio passare almeno un anno prima di riascoltare o rileggere ciò che ho prodotto. Preferisco “dimenticare” un po’ ciò che ho fatto per poter ascoltare il tutto con l’orecchio di un ascoltatore neutrale o leggere con gli occhi di un lettore distaccato, come se io stesso fossi altro da me. Nel caso di RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION però già da subito posso dire che di quanto ho prodotto mi resta un’esperienza meravigliosa che ho condiviso con tutta la mia famiglia. Sono certo che resterà un caposaldo imperituro della mia storia familiare, mio figlio Giuseppe ha suonato la batteria, la marimba, la tromba e ha cantato nel brano “Stokazzo”, mio figlio Samuele ha cantato in “Detti Non Detti”, Francesca è la featuring della canzone “Imperativo” (brano scritto da suo fratello Giuseppe), mentre mia moglie Amelia ha letto il Radio Giornale e ha fatto diversi insert all’interno del disco. Restava un altro componente della famiglia da inserire nel disco, mio figlio Giovanni, che non ha voluto cantare. Io l’ho messo in copertina col mio simbolo sulla testa: i due cappelli. Sono orgoglioso di tutti loro, sono loro il motore pulsante di ogni mia ispirazione.
Paolo Tocco