Simone Valeo torna con Vai a Dubai | Intervista

Simone Valeo torna con "Vai a Dubai" | Intervista

Vai a Dubai è il quarto l’ultimo lavoro discografico del cantautore parmense Simone Valeo.

Classe 1962, Simone Valeo nell’ultimo lavoro mette a frutto le tante esperienze maturate nel corso della sua carriera, condensando in 11 tracce ironia e sagacia a ritmo di jazz e swing. Tra i temi trattati, spazia da quelli più intimi come “Il cammino della vita” e “Un amore ingombrante”, ad altri di matrice politica e sociale come in “Il fascista mediatico”, “Corri corri sorellina” e “Uguali e diversi”.

Intervistato da noi, Simone Valeo ci ha parlato del suo disco ma di tanto altro ancora.

Intervista a Simone Valeo

Hai esordito discograficamente nel 1996 con il disco “Nuoce gravemente alla salute”, al quale sono seguiti “Sto cercando il sole” (1998) e “Pioggia di polvere” (2003). Il quarto disco, “Vai a Dubai”, è stato pubblicato lo scorso aprile, cosa è successo in questi 16 anni?

Dopo aver ricevuto da questa attività grandi soddisfazioni in quanto sono sempre riuscito, seppure con grande fatica e tenacia, a ritagliarmi spazi di creatività sincera, ho pensato che il mercato discografico fosse diventato per me un tabù, perché troppo legato a meccanismi di vendita immediata e obbligata. Già la crisi delle vendite faceva naufragare la discografia in un mare di download, mentre il gusto popolar di massa tendeva irrimediabilmente verso la canzone di facile consumo. Così ho cercato di mandare avanti la musica dal vivo nella mia città, Parma, perché in quel momento la situazione live era veramente ai minimi storici.

Ho collaborato alla nascita di due locali, che della musica dal vivo facevano una bandiera, e organizzato eventi per il comune di Parma. Tutti i musicisti spesso più giovani di me mi ringraziavano per aver risollevato un po’ l’umore della mia città. Poi mi sono tolto qualche vecchia soddisfazione, portando avanti due progetti che mi hanno permesso di tornare a cantare e suonare dal vivo: due tributi a due artisti che nel loro genere reputo dei campioni: Bob Marley e Lucio Dalla, accomunati da una grana vocale unica e profonda e da un’anima soul spontanea e originale.

Quindi ho sentito l’esigenza di completare il mio percorso musicale attraverso lo studio e mi sono laureato al Conservatorio di Parma col massimo dei voti, un percorso In-Verso, come ho intitolato la mia tesi scritta, sulla canzone d’autore. La mia insegnante di canto, Susanna Parigi, anch’essa cantautrice, dopo aver ascoltato alcuni miei brani, mi ha spronato a continuare a scrivere e incidere canzoni e così è nato il nuovo album.

Cosa puoi dirmi dunque di “Vai a Dubai”?

L’ho scritto e prodotto nell’arco di un anno e mezzo, in concomitanza con un progetto di musica dal vivo che riguardava lo swing italiano. Ho avvertito la necessità di scrivere canzoni che come tali avessero leggerezza ma sorrette da testi che affrontassero l’attualità senza peli sulla lingua. Da qui l’idea di una copertina volutamente provocatoria che facesse riflettere sul mondo contemporaneo e sulle sue assurde contraddizioni.

È venuto fuori così, nato dall’ urgenza di scrivere pensieri che testimoniassero la mia visione delle cose con grande sincerità, senza secondi fini di mercato. Ci sono già troppe canzoni d’amore e belle facce in copertina… Ho toccato gli argomenti che mi interessano in questo momento storico: intimi (Il cammino della vita, Un amore ingombrante), ironici (Vai a Dubai, Cornelio, Il gatto con le ali), politici (Il fascista mediatico, Bacia le mani, Tango della libertà), sociali (Uguali e diversi, Corri corri sorellina), ambientali (La renna in canottiera).

I musicisti hanno suonato quello che la mia testa aveva partorito in quegli ultimi tempi, alla vecchia maniera, in diretta, come si faceva un tempo, prima dell’avvento della tecnologia sintetica. Ottimi musicisti inclini al jazz che hanno interpretato, a mio parere molto bene, le mie idee musicali.

Che ricerca musicale c’è stata?

Lo studio mi ha permesso di approfondire due argomenti fondamentali per la canzone d’autore: la cosiddetta “poesia per musica” e l’armonia o arrangiamento di un brano. La prima mi ha fatto capire il percorso artistico e nondimeno storico-politico che sta alla base della nascita del cantautorato in Italia, mentre la seconda mi ha permesso di trascrivere sul rigo le chitarre, i bassi, e le parti di fisarmonica, clarinetto e vìolino che si trovano nel disco.

Si tratta di una musica che non ho certo inventato io, ma che affonda le radici in un passato così lontano e troppo spesso dimenticato, da sembrare qualcosa di nuovo, perché attraverso i testi si cala nell’ immediato presente. I riferimenti già citati sono evidenti, perché ho ripercorso le orme dei primi cantautori italiani che abbracciavano la musica folk, impastandola con la canzone sociale di protesta degli chansonniers francesi.

Dal 1996 ad oggi, è cambiato il tuo modo di fare musica?

Io credo che ogni artista cambi con il tempo. Posso aggiungere che studio ed esperienza hanno maturato in me una consapevolezza che prima non possedevo in toto. Oggi nella musica preferisco partire da un’idea completa, una sinergia di musica e testo, ma soprattutto da una sincerità di fondo senza la quale non può nascere nulla di completo e maturo, ed è questo che mi auguro che anche i giovani possano cogliere da questo disco.

C’è un aneddoto divertente della tua carriera che vorresti condividere?

Nell’86 partecipai a Castrocaro arrivando in finale con una mia canzone. Mi imposero uno stilista che voleva che io indossassi un paio di calzoncini corti abbinati a una giacca da college inglese solo per mostrare dei calzini che allora andavano di gran moda. Io risposi che se fossi stato Angus Young degli AC/DC avrebbe avuto senso, ma che i miei polpacci non potevano permettersi di essere messi così in bella mostra. Ecco, fu la prima di una lunga serie di rifiuti al sistema mediatico, e riuscii involontariamente a far parlare di me, ma alla fine non saprei dire se effettivamente mi andò meglio, in quanto fui costretto a salire sul palco con una giacca rosa salmone con spallotti anni 80 stile Prince ed ora la foto si trova in vendita su eBay a ventinove euro e novanta!

I brani “Il fascista mediatico” e “La renna in canottiera” sembrano essere ispirati allo stile del Teatro canzone dei grandi maestri Gaber, Fo e Jannacci, confermi? Puoi dirmi qualcosa di più a riguardo?

Confermo, perché dopo aver riascoltato con attenzione questi autori a me cari, ho avuto la netta impressione che occorresse ridar loro vita, anche perché scomparsi troppo presto. Furono i fondatori del Teatro canzone italiano, un genere che coniuga musica, testo e gesto scenico, un patrimonio nazionale che ha reso grande anche la nostra televisione. Erano artisti che “si impegnavano” a scrivere cose mai banali solo per il gusto di essere irriverenti nei confronti del potere e diversi dal mondo della canzonetta classica.

Per ascoltare Vai a Dubai di Simone Valeo su Spotify, clicca qui.

Fonte immagine: Ufficio Stampa Rossella Vetrano

A proposito di Angelo Baldini

Sono nato a Napoli nel 1996. Credo in poche cose: in Pif, in Isaac Asimov, in Gigione, nella calma e nella pazienza di mia nonna Teresa.

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