‘a Figlia d”o Marenaro presenta il calendario 2019 tra storia, radici e futuro

A Figlia d''o Marenaro presenta il calendario 2019 tra storia,radici e futuro

Lunedì 17 dicembre ha avuto luogo, nella “Sala Caruso” dello storico Hotel Vesuvio di via Partenope, la presentazione della mostra fotografica del calendario 2019 de ‘a Figlia d”o Marenaro”, firmata dalla fotografa Lucia Dovere, all’interno di un  progetto grafico ideato e realizzato dal designer Davide Mattei.

Le fotografie sono incentrate sulla figura prorompente e audace di Assunta Pacifico, imprenditrice e fondatrice del famoso ristorante di via Foria, ‘a Figlia d”o Marenaro. Fotografie che emanano la fierezza e la tenacia di una donna che, partendo dal basso, è divenuta una delle imprenditrici più autorevoli e carismatiche della ristorazione napoletana: praticamente un miracolo dell’imprenditoria femminile tutta napoletana.

Il ricavato delle vendite del calendario sarà devoluto interamente alla Fondazione Santobono Pausilipon onlus.

‘a Figlia d”o Marenaro, la regina della zuppa di cozze

Gli scatti artistici ad una donna, la fierezza raggiante di una mamma imprenditrice dalla forza leonina, una figura che si staglia nella selva delle difficoltà della vita, fotografie che profumano di successo, così fiere a buon diritto che riflettono la luce raggiante del raggiungimento di un mito urbano. L’ambientazione di questa fantastica storia non può che essere Napoli, una città, che tra le mille voci gioviali e languide, fa risentire lo scricchiolio di una storia stratificata, di strade ricolme di bellezza, che sa anche racchiudere in uno scrigno di un’ostrica o nella conchiglia di una cozza, tutto il sapore vivo di una tradizione culinaria millenaria.

La storia di Assunta Pacifico, ‘a Figlia d”o Marenaro, è intarsiata tra le vene marmoree dell’arte della cucina napoletana. La sua figura che riaffiora forte in uno sfondo scuro, sul palco del teatro Bellini, uno dei set fotografici più importanti di questo calendario, è sul piedistallo dell’arte culinaria.

Una venere,  una divinità della zuppa di cozze, che emerge dai capelli dorati con uno sguardo severo, fiero, vincente, di chi ha affrontato gli angiporti oscuri delle difficoltà più svariate uscendone a testa alta, con un disegno sul volto, che emerge tra le cromature degli occhi, che ricorda il suo passato, la storia di una bambina e poi donna, figlia d’arte, che già in tenera fu iniziata alle asperità del lavoro, tra polpi annaspati e incrostature di cozze.

Assunta Pacifico è la figlia di Papucc’ ‘o Marenaro e Maria l’Acquaiola. All’età di 7 anni imparò a fare la zuppa di cozze, tra i banchi della cucina del ristorante ‘a puteca, aperto nel 1955 a Porta Capuana dal padre Raffaele Pacifico. Puliva i frutti di mare in piedi su una cassa di legno di Peroni per sopperire alle mancanze fisiche della giovane età. Più in là, crescendo, recuperò l’altezza adatta per guardare dall’altro in basso una pentola che bolle, ma ciò che ribolliva ardentemente era il suo sangue, mischiato a quella atavica passione della cucina, instillata fin da giovanissima e facente parte del suo corredo genetico. Questa è la storia che Assunta Pacifico ci tiene costantemente ad anteporre come un memorandum, prima di ogni altra cosa, anche prima cogliere i frutti meritati del successo. La fierezza di queste sue umili origini è la forza che tinge le striature marmoree del suo volto. La passione per la cucina, per la tradizione culinaria napoletana è la parola chiave del raggiungimento del successo, la chiave segreta del suo animo combattivo, la fonte rigogliosa che è l’humus, nella quale vien fuori il succo divino e misterico della sua oramai famosa e internazionale “zuppa di cozze”.

La zuppa di cozze, il timbro, marchio di fabbrica de ‘a Figlia d”o Marenaro, emana fumi e profumi, tra i più soavi di Napoli, sin dal 1991. Assunta, emigrata in Germania con il marito, torna a Napoli e dà vita al ristorante, impiegando tutti i risparmi di famiglia. Nonostante le più svariate difficoltà, il ristorante in breve tempo si avvia verso una costante crescita che culminerà in  uno scoppio fulgido di qualità, imponendosi in un breve periodo, grazie ad uno scrupoloso lavoro di marketing e di comunicazione del brand, come una eccellenza culinaria di innovazione e tradizione nel settore gastronomico napoletano.

Ora a donna Assunta  non tocca che raccogliere quei meritati frutti della sua strepitosa e singolare carriera da imprenditrice, tra i tanti negli ultimi 6 mesi vi è l’attestato di riconoscimento come certificazione di qualità della Federico II per la sua famosa zuppa di cozze, il riconoscimento come eccellenza culinaria al San Gennaro day e il 70 best restaurant with pizzeria in the world, ricevuto nel famoso e prestigioso ristorante dello chef stellato Heinz Beck a Roma.  Allo stesso tempo, può guardare al futuro con positività con la certezza di aver creato un brand ormai storico e simbolo di eccellenza in tutto il mondo.

La zuppa di cozze ora ha il sapore verace e la passione rigogliosa di una donna infaticabile e tenace. Tra i fumi vorticosi della sua zuppa appare la veracità di un popolo fiero, colmo di arte e tradizione culinaria millenaria, radici di saggezza popolare e di stenti.  I Vescuozzi e la salsa piccante, denominata O russ, inzuppano il sapore fresco del frutto di mare e sono il sangue e il corpo di una città che rilascia una flagranza di bellezza e di sapere popolare stratificato in millenni di storia

 

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A proposito di Antonio Forgione

Antonio Forgione nasce in Irpinia, nella valle d'Ansanto decantata da Virgilio, selvaggia terra che confina con la Puglia. Dopo il diploma si trasferisce a Napoli e lì si laurea in Lettere Moderne alla Federico II. Attualmente frequenta la specialistica in Filologia Moderna e coniuga gli interessi letterari con la scrittura creativa, amata e coltivata fin dall'infanzia. In passato ha partecipato a svariati concorsi letterari della sua terra, ottenendo buoni risultati. Il rapporto col suo territorio gli ha permesso di sviluppare una certa sensibilità, che riversa nei suoi scritti. Ama la città di Napoli, sua patria adottiva nella quale persegue una solida formazione letteraria.

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