Cartoni animati anni ’80: risate, lacrime e nostalgia

cartoni animati anni '80

I cartoni animati anni ’80: l’apoteosi della nostalgia e il trionfo delle emozioni più nascoste e pure. Come tornare improvvisamente bambini  ascoltando una sigla!

 

Il potere dei ricordi, appeso al filo della sigla di un cartone animato e appiccicato al timbro di voce di un personaggio o alle sue battute ben riconoscibili, è disarmante e magico, e accarezza la parte più innocente e pura del nostro essere.

Quella che ha bisogno di rassicurazioni, di rifugiarsi nel confortevole giaciglio dei ricordi e di polverizzare gli affanni della noiosa vita da adulti, anche solo per lo spazio limitato di una puntata.
Una soltanto.

Come le madeleines di Proust, i cartoni animati anni ’80 imprimono nelle papille gustative un sapore ben delineato, scrigno inconfondibile di emozioni passate, di antiche risate e di sensazioni, sempre più complesse, che cominciavano a fiorire pian piano nelle nostre menti di bambini.

Basta ascoltare una sigla o sentir parlare un personaggio per tornare a essere quei bambini che il pomeriggio facevano merenda con pane e marmellata sul tavolo della cucina dei nonni, che si impiastricciavano di Nutella e succo di frutta, e che si affaccendavano con impazienza a finire i compiti per potersi dedicare alla puntata del proprio cartone preferito.

Senza pensieri, senza grandi struggimenti, perché il piccolo cancello dell’infanzia non ha sbarre, non ha catene, ma soltanto orizzonti limpidissimi e di cristallo, che tornano ad aprirsi ogni volta che una Magica Emi, una Kiss Me Licia o una Georgie ricompaiono sul piccolo schermo, bloccando il tempo e facendoci sentire di nuovo come nella casa antica e accogliente dei nonni.

I cartoni animati anni ’80 sono una vera e propria istituzione perché, come abili levatrici, hanno tirato su anche generazioni che sono nate anche un bel po’ dopo i fantomatici anni di uscita di suddette serie animate.
Complici i palinsesti televisivi, i cartoni animati anni ’80 sono stati riproposti per decenni, a ora di colazione o durante il primo pomeriggio, divenendo presenza fissa, familiare e domestica per praticamente qualsiasi ragazzo nato anche dagli anni ’90 in poi, tant’è che sarebbe impossibile riuscire a scovare qualcuno completamente a digiuno di Holly e Benji o Mila e Shiro!

Chi di noi non ha gustato latte e biscotti al mattino senza cartoni animati, mentre ci si preparava per andare a scuola?

E chi, dopo pranzo, non ha mai cominciato il conto alla rovescia per l’inizio dell’immancabile fascia pomeridiana di cartoni animati?
Rivedere i propri cartoni animati anni ’80, in questo periodo, è senz’altro un’idea allettante: piumone, tazza di tisana fumante, un bel camino acceso, divano e luci natalizie a decorare casa, suggeriscono uno scenario perfetto in cui rilassarsi, accoccolarsi e salire su quel treno incantato, di cui non varcavamo i vagoni dai tempi della nostra fantasia.

I cartoni animati anni ’80 più celebri: una carrellata di titoli per varcare la soglia della nostra infanzia

I cartoni animati anni ’80 costituiscono un fitto sottobosco di generi diversi, da quelli più sentimentali a quelli più avventurosi, fino ad arrivare a quelli incentrati sulla scienza, lo sport, la storia e la mitologia.

Ce n’era (e ce n’è) davvero per tutti i gusti, in modo da accontentare chiunque, sia chi ama immergersi in storie d’amore a lieto fine, sia chi desidera partecipare ad avventure rocambolesche ed esplorare luoghi esotici ai confini del mondo, senza muoversi di un millimetro dal divano di casa.

Pronti ad un’immersione totale, nostalgica e emozionante nei cartoni della nostra infanzia? Prima di partire, è consigliato l’uso di arsenali di fazzoletti, perché sulle vostre guance potrebbe scorrere una lacrimuccia a tradimento. Ma è consigliato anche controllare di essere totalmente soli in casa, prima di procedere alla lettura: potreste ritrovarvi a cantare le sigle a squarciagola, saltare sul letto o lasciarvi andare a gesti di sfrenato entusiasmo, ed è bene rimanere lontani da sguardi indiscreti.

C’era una volta Pollon

“Sembra talco ma non è! Serve a darti l’allegria!”
Alzi la mano chi non ha letto questo motivetto con la vocina dell’irresistibile Pollon (e chi non ha mai sfornato congetture sulla natura di tale talco, lanciandosi in dissertazioni scientifiche o dialoghi sui massimi sistemi assieme ai propri amichetti).
E ancora, provi ad alzare la mano chi non ha sentito nell’aria la voce di Cristina D’Avena intenta a cantare “Pollon, Pollon combinaguai!” come una specie di mantra penetrato nei nostri ricordi, con la stessa intensità delle canzoni che eravamo costretti a imparare ai tempi delle recite di Natale.

Era davvero impossibile resistere alle avventure dell’Olimpo in salsa manga: come non adorare la piccola e pestifera Pollon, figlia del Dio Apollo? Quanti ragazzini si saranno appassionati alla mitologia, alle storie delle divinità, soltanto prendendo spunto da questo cartone animato? Ancora oggi, Pollon riscuote un grande successo: basta trovarla per caso in televisione per mettersi di nuovo a cantare la canzoncina del talco, ballare con lei e impazzire completamente.
Un cartone animato con effetti senz’altro… stupefacenti.

Occhi di gatto

Ecco, lo sentite di nuovo quell’impulso viscerale e coatto che vi spinge a cantare? Quel formicolio che vi tormenta le braccia e le mani? Non provate a trattenervi, non provateci nemmeno, perché non ci riuscirete! Troppo tardi: o-o-o-occhi di gatto! O-o-o-occhi di gatto!
Ok, l’avete cantata.

Ormai il danno è fatto e, mentre vi aggirate per il corridoio di casa cantando con mosse feline e suadenti, potrete come sempre incolpare la somma Cristina D’Avena: è un evergreen, proprio come il capitone a Natale.

Ricordate il trio di affascinanti sorelle, pronte a firmare col proprio marco inconfondibile, Cat’s Eye, furti di opere d’arte? Certo che sì! Le loro avventure hanno ipnotizzato più e più generazioni, anche per il mistero che emanavano: le tre belle ladre erano solite rubare soltanto opere d’arte appartenute a Michael Heinz, il loro amato papà scomparso, nonché famoso artista degli anni ’40, allo scopo di ricostruirne la collezione sottratta dai nazisti.
A complicare le vicende, ci sarà il fidanzato di una delle tre ragazze, ignaro investigatore sulle loro tracce. Chi la farà franca? Nel dubbio, cantiam… ehm, riguardiamolo.

Holly e Benji, due fuoriclasse

Inutile qualsiasi raccomandazione a non cantare neppure qui, perché verrebbero tutte disattese, un po’ come i buoni propositi per il 2019.
“Holly e Benji”, più che un cartone animato, è una vera e propria istituzione, una fucina di immagini iconiche ben piazzate nel nostro immaginario personale: il legame tra l’attaccante talentuoso e il portiere imbattibile, i gemelli acrobatici, il campione di vetro, i calci e i rigori segnati mentre i calciatori fluttuavano a tre metri da terra come astronauti nello spazio, la famosissima palla che sembrava un ovale impazzito e allungato, lanciata a velocità fotonica nell’atmosfera, come una specie di UFO in miniatura. Gli aficionados ricorderanno con nostalgia questa serie incentrata sul calcio, che non poteva non trovare terreno fertile in Italia. Per un amarcord degno di questo nome, un pomeriggio con questo cartone animato, birra e patatine non può mancare.
Si consiglia solo di non imitare le evoluzioni dei personaggi nel proprio corridoio di casa e di non sbattere la testa contro il lampadario.

Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo

Qui verrebbe da affiggere un bel “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, poiché stiamo per entrare in un vortice di perdizione senza via d’uscita.

Guarda, guarda in campo c’è una nuova giocatrice! Mila il suo nome è, e talento ha per tre!

Nemmeno il tempo di prepararsi psicologicamente, e già questa litania solletica le nostre sinapsi. Tranquilli, ve ne libererete forse tra tre giorni.
O forse dopo una lobotomia!
Chi è che non ricorda le avventure in campo di Mila Hazuki, che approda a Tokyo per divenire la più grande campionessa di pallavolo, e che si innamora perdutamente di Shiro Tachiki? Certo, è dura dimenticare le schiacciate di Mila.
Bisognava spostarsi di qualche metro dal televisore, per attutire una scudisciata di tale portata.
E come non rimembrare le sue battute, che vedevano la nostra eroina sollevarsi da terra e rimanere sospesa nell’aria per circa trenta secondi di fila?

Kiss Me Licia

Se prima ci trovavamo sulla soglia della perdizione, ora siamo proprio entrati nel nucleo più intimo delle Malebolge. Prima che Cristina D’Avena si impossessi della nostra anima al ritmo di Un giorno di pioggia, Andrea e Giuliano, incontrano Licia per caso…, proviamo a raccogliere i nostri ultimi scampoli di lucidità per ricordare insieme. Un gatto grasso, un fratellino scappato di casa che biascicava le parole provocando nervosismo e isterismi e un padre, Marrabbio, il cui nome è già tutto un programma. Se poi ci aggiungiamo Licia, una ragazza la cui decisione nella vita è pari a quella che proviamo quando ci chiedono “Preferisci la pizza o il sushi?”, e due affascinanti capelloni che all’epoca sembravano i cosplay dei Cugini di Campagna, la frittata è fatta. Ricordate come è andata a finire? Licia aveva scelto il capellone biondo (ma con un gigante batuffolo rosso in mezzo) Mirko, o il suo tenebroso rivale Satomi? Per rinfrescarsi le idee urge riguardalo, e anche ascoltare “Baby, I love you“, la fantastica hit del gruppo di Mirko e Satomi, i Bee Hive.
Piccolo spoiler: alla fine della canzone, sarete rilassati come Marrabbio.

The Scooby-Doo Show

Chi è che non si è improvvisato detective assieme alla banda di Scooby, Shaggy, Fred, Daphne e Velma?
Occulto, cadaveri, fantasmi, mostri e sparizioni erano all’ordine del giorno per questo cane parlante, coraggioso come un novello Cuor di Leone. Tutti ci ricordiamo del triplo salto carpiato che Scooby faceva per saltare in braccio a Shaggy, anch’egli coraggiosissimo.
Alcuni dicono che Scooby Doo sia stato l’antecedente di Don Matteo: laddove passava quel cane, ci scappava sicuramente il morto.
Ma non prima di avergli tolto tre strati di maschere e otto di pelle.

Siamo fatti così (Mediaset)/ Esplorando il corpo umano (DeAgostini)

Forse il primo approccio con la scienza di tutti noi.
Di solito, la professoressa di educazione fisica alle medie, portava tutti noi a vederlo nella sala della televisione ed era da lì che partiva il trip!

Più del trauma della scoperta che Babbo Natale non esiste, vogliamo parlare dei traumi causati da questo cartone animato? Del trauma causato dallo scoprire che nel nostro organismo non esiste nessun Maestro vecchio e capellone, pronto a coordinare tutte le azioni del nostro corpo come una sorta di vigile urbano tuttofare?
Vogliamo parlare dei due cattivi mostriciattoli, sempre con una sigaretta in bocca, e pronti a inquinare e infestare il nostro corpo? I brividi solo a pensare di essere abitati da quei cattivoni!
O del colonnello Pierre, capo dei globuli bianchi addetto all’addestramento delle nuove leve? O del capo degli anticorpi, insetto con quattro ali?

I cartoni animati anni ’80: una lista lunghissima, ma tutta da riguardare

Potremmo elencare altri mille titoli, ma non si finirebbe nemmeno per il prossimo Natale.
I cartoni animati anni ’80 sono tantissimi, più dei globuli bianchi di “Esplorando il corpo umano”, e aver rivissuto ed esplorato alcuni dei titoli salienti, accenderà in voi quella scintilla di nostalgia, follia e innocenza tipica dell’infanzia.
Scommettiamo che andrete a rivederne almeno un paio?
Premete “play”, riguardateli, emozionatevi, ridete e cantate a squarciagola, ma soprattutto chiamate qualche amico della vostra generazione e parlatene, ridetene insieme e vi ritroverete a volare davvero in alto, per la nostalgia, le lacrime e le risate.
Più in alto di Mila Hazuki quando prova a fare le sue proverbiali schiacciate.
Scommettiamo?

 

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A proposito di Monica Acito

Monica Acito nasce il 3 giugno del 1993 in provincia di Salerno e inizia a scrivere sin dalle elementari per sopravvivere ad un Cilento selvatico e contraddittorio. Si diploma al liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania e inizia a pubblicare in varie antologie di racconti e a collaborare con giornali cartacei ed online. Si laurea in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e si iscrive alla magistrale in Filologia Moderna. Malata di letteratura in tutte le sue forme e ossessionata da Gabriel Garcia Marquez , ama vagabondare in giro per il mondo alla ricerca di quel racconto che non è ancora stato scritto.

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