Nomadi: la cucina diventa collettivo

“Da soli si va veloci, insieme si va lontano”. Un antico proverbio africano che sembra cucito su misura per l’essenza di Nomadi, il progetto che scuote le fondamenta del panorama gastronomico campano. Non cercate un’insegna, un indirizzo o un menù da consultare. Nomadi è altrove: è un collettivo, un’idea d’impresa, un manifesto culinario che unisce otto teste e sedici mani in una jam session gastronomica ogni volta unica. Nata a Napoli il 25 giugno 2025, questa iniziativa si spoglia di ogni formalismo per mettere al centro solo due cose: la materia prima e la sinergia di chi con sapienza la trasforma.

Nomadi non è un ristorante, né un catering tradizionale. È un’entità in movimento, libera da copioni, che riunisce un gruppo di chef professionisti per dare vita a esperienze culinarie che nascono, vivono e si concludono in una sola, irripetibile serata.

Nomadi: un palcoscenico orizzontale, senza gerarchie

Il cardine di questa rivoluzione è un’inedita cucina centrale mobile a forma di ottagono, simbolo di completezza, che funge da palcoscenico e postazione di lavoro. È qui che la filosofia nomade prende forma. Ma come si traduce, in pratica, un’idea di collaborazione senza leader? Lo spiega Simone Testa, uno degli otto chef del collettivo. «Nomadi è un progetto che nasce da un gruppo di cuochi che si spoglia delle insegne, dei ruoli imprenditoriali, delle giacche di ordinanza. Nessun brand da esibire, nessun ristorante da rappresentare: solo il battito delle mani che tornano ad affumicare, impastare, arrostire, modellare».

In questo setup le dinamiche cambiano. «L’ottagono in cui cuciniamo è uno spazio orizzontale», continua Testa, «dove non esiste una gerarchia ma un’intesa fluida, costruita sul rispetto, sull’ascolto e sulla fiducia reciproca. È la materia, viva e protagonista, a guidarci, a suggerire le traiettorie, a generare armonia».

Cucina sartoriale: ogni cena un abito su misura

Ogni evento è una creazione unica, pensata su commissione. Il processo creativo parte sempre dall’ascolto del cliente, per una cena cucita addosso ai suoi desideri. «Tutto nasce dall’ascolto. Il primo ingrediente è sempre il desiderio: quello del cliente, del contesto, della situazione», conferma Testa. «Da lì comincia un lavoro a più mani, quasi come un atelier di cucina. Non c’è un menù da scegliere, ma un’esperienza da costruire».

L’obiettivo è la non replicabilità, il valore dell’esclusività assoluta. «Ogni chef porta un punto di vista, un sapore, una tecnica, ma l’obiettivo è uno solo: cucire su misura un momento irripetibile. Come un abito d’alta sartoria che si fa una volta sola e non si replica più».

L’orchestra degli otto in Nomadi: armonia tra solisti

Durante la performance, le otto “voci” dell’ottagono si muovono in armonia pur mantenendo la propria forte identità. Ogni chef interpreta un elemento specifico: il fuoco, l’acqua, la terra, l’aria, le farine, le influenze etniche, la dolcezza e un elemento variabile. L’interazione è la chiave. «Nell’ottagono ognuno ha il proprio spazio, fisico e creativo», spiega Testa. «La struttura centrale favorisce il contatto visivo, il coordinamento spontaneo. È un palcoscenico a cielo aperto, dove la sinergia nasce dal ritmo del servizio, dai gesti condivisi, dagli sguardi».

In un settore dominato da grandi firme e personalismi, Nomadi esalta il collettivo. «L’ego è il primo ingrediente che decidiamo di lasciare fuori», sottolinea Testa. «Questo non significa rinunciare all’identità, anzi. Il vero valore sta nel riuscire a mettersi al servizio dell’insieme. L’estro personale non viene limitato, viene armonizzato. In fondo, anche le grandi orchestre sono fatte di solisti».

Il debutto e il futuro: un manifesto culinario

La prima assoluta di Nomadi ha avuto luogo il 23 giugno, al tramonto, sulla spiaggia dell’Ammot. Per l’occasione, gli chef Simone Testa, Pasquale Palamaro, Pasquale Maravita, Vincenzo Russo, Mario Di Costanzo, Niko De Caro, Nathan Wichmann e Carlo Verde hanno cucinato per Mariano e Rita Balato e oltre 200 ospiti. La serata è stata arricchita da partner come il maestro pizzaiolo Vincenzo Capuano, i sushiman Kennedy Graduce e Ruben Albadoro, e Daniele Testa in qualità di Ostricaro. Ad accompagnare la cena con gli abbinamenti liquidi, la sommelier Serena Iammarino insieme a Maurizio De Fazio, con il coordinamento di Salvatore Pasquetti.

Al di là del singolo evento, l’impronta che Nomadi vuole lasciare è profonda. È un modello di business o un ideale? «È entrambe le cose», conclude Testa. «Nomadi è un’idea d’impresa che nasce da un’esigenza culturale: quella di liberare la cucina da format ripetitivi. Vogliamo dimostrare che è possibile fare impresa senza rinunciare alla libertà creativa. Se lasciamo un’impronta, speriamo sia quella di una cucina più fluida, più umana, più vera».

Per informazioni e contatti
Pagina IG: @nomadi_food_philosophy
Ufficio stampa: dipunto studio – 081 681505

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A proposito di Marcello Affuso

Direttore di Eroica Fenice | Docente di italiano e latino | Autore di "A un passo da te" (Linee infinite), "Tramonti di cartone" (GM Press), "Cortocircuito", "Cavallucci e cotton fioc" e "Ribut" (Guida editore)

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