Liceo Vico occupato, intervista al Collettivo

Riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Riconoscimento del diritto di sciopero nella Costituzione italiana. Miglioramento delle condizioni di lavoro negli anni ’60–’70. Approvazione dello Statuto dei lavoratori. Difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Conquiste dei lavoratori della logistica e dei rider.

Partire dall’assunto che manifestazioni e scioperi siano inutili è storicamente scorretto, un’approssimazione faziosa di quella che è, invece, la più grande conquista sociale e democratica della storia moderna. Le mobilitazioni di massa, in tutte le sue forme, hanno inciso in modo decisivo sui diritti civili, sul welfare e sulla dignità del lavoro, diventando nel tempo un termometro della situazione politica e del consenso: misurano quanto le politiche del governo rispondano o meno ai bisogni reali della società e, soprattutto, tengono viva la partecipazione collettiva.

Lavagna in una scuola occupata, con frasi inneggianti a Mao Zedong (“W Mao”), alle Guardie Rosse, e alla “Rivoluzione universitaria

Discorso analogo vale per le occupazioni studentesche, fiore all’occhiello di una generazione, quella dei sessantottini, la cui ribellione ha cambiato lo stato del diritto in Italia. Un’ulteriore dimostrazione di quello che è un dato di fatto si è avuta nelle scorse settimane. Checché se ne dica, i cortei a supporto del popolo palestinese sono stati cruciali nell’accelerare il processo di “pace”. Una delle note più belle, in questo senso, è la grandissima partecipazione studentesca. Dai licei alle università, decine di migliaia di ragazzi – i famosi bamboccioni senza coscienza politica, come spesso vengono etichettati – si sono riversati in piazza per esprimere, urlare la loro voce.

Non sono mancate le occupazioni, soprattutto  a Napoli, di importanti liceo e istituti come il Fonseca, Genovesi, Casanova, Liceo Artistico Statale e Margherita di Savoia: gesti civili forti, coerenti con la grande intelligenza politica e sociale dei loro studenti. Un segnale importante è arrivato anche dal corpo docente: diversi professori, come riportato da Fanpage.it, hanno espresso solidarietà agli studenti, riconoscendo nelle loro azioni «una forma di partecipazione attiva e consapevole di fronte a una tragedia che non può lasciarci indifferenti». 

Abbiamo, per questo, scelto di intervistare il collettivo del Liceo Vico, ascoltando direttamente le motivazioni e la visione di una generazione che non accetta di restare in silenzio, di restare neutrale di fronte ad un genocidio.

Vico occupato: intervista al Collettivo 

Quali sono le motivazioni dietro la vostra occupazione? Cosa significa per voi occupare?

La nostra occupazione nasce dalla necessità di esprimere solidarietà al popolo palestinese, seguendo anche lo slogan “BLOCCHIAMO TUTTO” lanciato portuali di Genova a seguito del fermo della Global Sumud Flotilla.

Dopo aver bloccato porti, piazze e binari ci è sembrato fondamentale riappropriarci del nostro luogo del sapere e inserirci in un piano di agitazione continua che ha coinvolto scuole di tutta Napoli (15 fino ad ora) e siamo pronti a portare avanti questo stato di mobilitazione permanente incoraggiati dalla partecipazione di ogni realtà studentesca che attraversa lo spazio scolastico.

Occupare una scuola è una presa di posizione forte che abbiamo scelto di fare consapevolmente, fiduciosi che questa fosse la modalità migliore per diffondere il nostro profondo dissenso non solo a chi si informa già da 2 anni a riguardo, ma anche, e soprattutto, a chi non è solito prendere posizione.

Il nostro intento è, inoltre, quello di mandare un messaggio chiaro ed esplicito al nostro governo: Napoli e gli studenti sanno da che parte stare, cioè dal lato giusto della storia, al fianco del popolo palestinese.

Riconoscendo la serietà della vostra protesta – dimostrata anche dall’organizzazione di aule studio autogestite – come gestite l’enorme dilemma tra l’atto illegale di occupare la scuola (che lede il diritto allo studio dei vostri compagni) e l’imperativo etico di non restare neutrali di fronte a un dramma come quello di Gaza? Fino a che punto, per voi, il fine giustifica i mezzi?

Dopo un’approfondita riflessione collettiva, abbiamo valutato con attenzione le diverse modalità attraverso cui esprimere concretamente la nostra solidarietà alla Global Sumud Flotilla. Sebbene l’occupazione possa essere percepita come un gesto “estremo”, siamo giunti alla conclusione che si trattasse dell’azione più incisiva e immediata per raggiungere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile.

Vico Occupato
Vico Occupato in assemblea

Riteniamo che, di fronte a una causa di tale rilevanza e urgenza, non sia più sufficiente limitarsi a manifestazioni simboliche: è necessario assumere una posizione chiara, visibile e determinata. In un momento storico in cui a molte persone, in particolare in Palestina, è negato il diritto fondamentale allo studio e all’autodeterminazione, abbiamo sentito la responsabilità morale e politica di agire.

In quanto studenti e in quanto esseri umani, abbiamo deciso di occupare uno spazio che ci appartiene, la nostra scuola, trasformandolo temporaneamente in un luogo di denuncia, consapevolezza e solidarietà. Farlo ci è sembrato non solo legittimo, ma doveroso.

Non pensate che per dare maggiore forza alla vostra denuncia sulla crisi di Gaza (e di quanto ne è conseguito), il gesto sarebbe stato molto più potente coinvolgendo attivamente anche i docenti e il personale ATA, creando un vero e proprio ‘blocco’ dell’intera comunità scolastica? Qual è, quindi, il ruolo effettivo dei docenti nella vostra protesta e perché non si è creato questo fronte comune?

A seguito di un’attenta riflessione, maturata attraverso assemblee pubbliche e consultazioni promosse anche tramite la nostra pagina Instagram — attualmente il principale strumento di aggregazione del collettivo — abbiamo ritenuto che l’occupazione rappresentasse la modalità più efficace per “bloccare tutto”. Riteniamo infatti che solo attraverso un’azione di tale portata si possa generare un reale impatto, riappropriandoci simbolicamente del nostro spazio di formazione, al fine di sensibilizzare l’intera comunità scolastica su quanto sta accadendo in Palestina.

Ci auguriamo infine che, nel corso dell’anno scolastico, il corpo docente possa prendere parte attiva a questo percorso, permettendoci così di raggiungere una platea più ampia e consapevole.

Un parere sul presunto accordo di pace tra Hamas e Israele

Riteniamo che il presunto accordo di pace tra Hamas e Israele non possa essere considerato un vero accordo di pace, per diversi motivi.

Prima di tutto, è impossibile parlare di pace dopo oltre 60.000 morti e con Gaza completamente rasa al suolo. Inoltre, l’intesa non rispetta in alcun modo il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese: essa prevede infatti l’istituzione di un governo “apolitico” e puramente tecnico, imponendo al contempo il disarmo totale di tutte le forze armate palestinesi.

In questo modo si nega ogni possibilità di resistenza da parte del popolo palestinese.

Infine, parlare di “pace” in queste condizioni è fuorviante: la pace presuppone un conflitto tra due eserciti, mentre ciò che sta avvenendo è un vero e proprio genocidio. In questo contesto, non si dovrebbe discutere di pace, ma piuttosto di giustizia.

Immagini fornite dagli studenti o di dominio pubblico 

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A proposito di Marcello Affuso

Direttore di Eroica Fenice | Docente di italiano e latino | Autore di "A un passo da te" (Linee infinite), "Tramonti di cartone" (GM Press), "Cortocircuito", "Cavallucci e cotton fioc" e "Ribut" (Guida editore)

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