Salvini leader della coalizione di centrodestra italiana e M5S primo partito in Italia. È stato un colpo al cuore per gli elettori di sinistra italiani i quali, delusi dal PD immagine Renzi, si sono dispersi tra M5S e Liberi & Uguali, il nuovo partito della minoranza dem che si era distaccata proprio dal Partito Democratico.
Come analizzare le elezioni del 4 marzo 2018? Per ora due sono le cose chiarissime: che ha vinto la retorica; che l’Italia è un coacervo ingovernabile. No, non di Stati, come qualche secolo addietro, ma di partiti (cambia davvero qualcosa?). La cosa non sorprende vista l’epoca, che qualcuno definisce “post-ideologica”, in cui viviamo. Ora però la palla passa a Mattarella, il quale ha il duro dovere di mettere su un governo che, per quanto instabile, possa almeno proporre una legge elettorale valida per le prossime elezioni (saranno imminenti?).
Questo, più o meno, il quadro sostanziale delle circostanze in cui versa l’Italia. Ma si sa: il voto è molto più una questione socio-culturale che un fatto meramente politico. Un esempio: Marin le Pen dalla Francia twittava qualche ora fa: «L’avanzata spettacolare della Lega è una nuova tappa del risveglio dei popoli». Il che dà una certa idea delle cose: se infatti è ormai indiscutibile il sodalizio tra Lega e Front National, è altresì vero che il successo di questi due partiti è dovuto molto, anzi moltissimo, alla retorica usata dai loro leader. Fanno presa sulle masse. Ma perché? Nei limiti del possibile, se si parla di retorica, un’attenzione al destinatario di quest’ultima è necessaria e doverosa.
La potenza della retorica di Matteo Salvini
Salvini dice ciò che la gente vuol sentirsi dire e alcuni usano giustamente la parola “populismo”, tantoché all’indomani delle elezioni si è parlato di Italia populista. Tralasciando l’astrazione peraltro negativa, il potere di Salvini è indubbiamente in primis comunicativo. Ci vuole un certo talento.
I giornali più d’opinione rivendicano l’importanza dell’idea, ancor prima di una certa dose di abilità comunicativa; ma bisognerebbe parlare più di crisi della cultura degli italiani, i quali a più riprese hanno dimostrato di aver bisogno più di un leader carismatico che del programma che cerchi di tutelare minoranze e maggioranze tutte.
Il circolo vizioso dell’elettorato italiano non è nato certo adesso: nel lontano 1994 un giovane Silvio Berlusconi riusciva a mettere su una campagna elettorale attraverso ogni mezzo e con una retorica “acchiappa-consensi” e, soprattutto, architettando nel vero senso della parola quello che si può chiamare culto della personalità che ancora oggi lo fa essere protagonista del gossip, ricordo nostalgico del grande Milan e tanto tanto altro; più recentemente il PD è stato travolto da questa necessità: Renzi è stato il vero timoniere del partito tanto da ridefinire in maniera netta i suoi confini; poi Grillo nelle piazze da comico a politicante; oggi Salvini. Di cosa meravigliarsi?