Centri commerciali in Russia: un anno dopo le sanzioni europee

Centri commerciali in Russia, un anno di sanzioni dopo

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, la Russia si è ritrovata a fronteggiare una serie di divieti e sanzioni europee mirate a indebolire la sua economia.

Molte di queste sanzioni riguardano l’attacco e il peggioramento dell’economia russa, andando a infliggere vari settori: le banche e la finanza; l’industria dell’energia e dei mezzi di trasporto; e il commercio di beni di lusso sopra i 300 euro (automobili, gioielli, orologi etc.). In particolare quest’ultimo settore, i luoghi in cui la popolazione ha visto gli effetti delle sanzioni europee sono i centri commerciali.

Konstantin, reporter indipendente russo, sul suo canale Youtube ha postato un video in cui visita alcuni centri commerciali di Mosca, notando come in un anno, questi ultimi, si siano adattati alle sanzioni europee imposte.
Ciò che viene evidenziato maggiormente dal reporter sono i nuovi marchi che hanno sostituito quelli occidentali, alcuni di essi sono brand che, per la troppa concorrenza con altri più famosi, non sono riusciti a fare troppa fortuna. Un esempio, è il marchio sportivo “Li-Ning, fondato dall’omonimo ex atleta cinese, che dopo la chiusura di alcuni brand famosi, è riuscito a spopolare in molti centri commerciali, spesso a prezzi molto scontati. Un marchio che, nonostante la sua fortuna, suscita nei clienti quel pregiudizio dei prodotti cinesi, come anche in quelli turchi, che non siano di buona qualità; un pregiudizio costretto a essere affrontato e superato per non rimanere senz’abiti.

Un altro fenomeno presente in molti centri commerciali, è l’abbandono di molti marchi famosi, specialmente di abbigliamento, ma la presenza dei loro prodotti in negozi di brand nuovi.

Si fa l’esempio della nuovissima marca di abbigliamento sportivoSneaker Box”, che all’esterno potrebbe essere un semplice brand nato di recente, ma all’interno, tutti i prodotti presenti hanno ancora le etichette con sopra il marchio originale, ovvero “Rebook”.
Come si spiega una cosa del genere?

Rebook, come marchi al calibro di Levi’s, Reserved, Coca cola, Pepsi, Sephora e molti altri ancora, sono brand che, come gesto simbolico in sostegno dell’Ucraina, hanno deciso di chiudere i propri legami con la Russia. Da questo punto, molti marchi famosi hanno smesso di esportare direttamente i propri prodotti, ma hanno trovato un modo per farlo indirettamente: vendere la merce a stati terzi, come la Turchia e la Cina, che a loro volta rivendono gli stessi alla Russia. È un’azione scaltra che può sembrare illegale, ma effettivamente questo tipo di prodotti (abbigliamento, alimentare, farmaceutico) non rientrano nelle importazioni vietate dalle sanzioni europee e statunitensi; sono stati abbastanza furbi da preservare il loro mercato nel territorio russo e a tenere i loro dipendenti, attutendo di molto quello che sarebbe stato un duro colpo per l’economia russa.
Solo pochi brand non hanno tagliato i rapporti con la Russia, come Burger King, il quale non poteva chiudere le sue filiali perché i dipendenti si sono rifiutati di farlo.

Ultimo, ma non per importanza, settore che è andato in crisi, stavolta non a causa delle sanzioni europee,  è quello del cinema: molte case cinematografiche, per lo stesso motivo dei brand sopracitati, hanno smesso di distribuire i propri film in Russia. L’anno scorso, infatti, all’uscita del nuovo film di Batman e del nuovo Avatar, la Warner Bros e la 20th Century Fox, insieme a molte altre case di produzione, non hanno distribuito i propri prodotti nei cinema russi. Anche qui, però, ci sono stati degli escamotage.
Come mostra Kostantin, entrando nel cinema del centro commerciale, si poteva ben notare come nelle programmazioni fosse presente “Avatar, la via dell’acqua” nonostante sia un film bandito. Chiedendo a una commessa del botteghino, gli fu spiegato che i biglietti dei film non distribuiti in Russia possono essere comprati solamente online, e che le loro sale sono state affittate da una compagnia cinematografica, che li avrebbe trasmessi.
Nelle sale, infatti, di solito non viene trasmesso nulla di illegale, se non film di piccole case produttrici, che non si sono espresse riguardo alla distribuzione delle loro pellicole nei cinema russi; oppure film di marchi e case della stessa nazione, che con la dipartita di molti altri prodotti, hanno acquisito molta più visibilità.

Come si è potuto vedere, i brand pur mantenendo una facciata di opposizione alla Russia e di rispetto alle sanzioni europee, in un modo o nell’altro i loro prodotti, e la vita dei consumatori russi, non è davvero cambiata. Se si vuole davvero fare qualcosa contro la Russia, bisognerebbe prima sconfiggere la nostra contraddizione: come dice Kostantin alla fine del suo video “Il forte desiderio di punire la Russia combatte con un più forte desiderio di fare soldi qui”.

Fonte immagine: Pixabay

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