“Vergognati, Carpisa. Hai sputato sulle ferite della dignità professionale”. Da questo post pubblicato su LinkedIn solo l’altro ieri da Carlotta Silvestrini, un’esperta di digital rebranding bolognese, è partita sul web l’indignazione tra i social network e gli internauti (che ha scomodato persino la Cgil) contro Carpisa, il famoso brand di accessori.
Tutto ciò perché l’azienda ha, a fine agosto, indetto una campagna, presumibilmente per il lancio della nuova collezione autunno/inverno 2017-18, aperta a chiunque acquisti una borsa in un qualsiasi punto vendita. Segue una registrazione sul sito ufficiale grazie ad un codice applicato allo scontrino. Ah, chi partecipa non deve dimenticare di allegare un piano marketing per una futura campagna, che sia aderente all’ideologia dell’azienda ed efficiente per target e comunicazione esterna. Al vincitore spetterebbe uno stage di un mese all’interno dell’ufficio marketing ed advertising di Carpisa con sede a Napoli. La retribuzione? Un celebre e conosciuto ai più, precari e non, “rimborso spese” di 500 euro.
Sorvoliamo sulla discutibile regola del concorso, seppur non tanto grave – se l’intento di Carpisa fosse stato quello di puntare sui giovani -, che afferma che la partecipazione è valida solo per chi abbia tra i 20 e i 30 anni. Un cavillo che assomiglia più ad una presa in giro se consideriamo che per attuare un produttivo e strategico piano marketing servano quantomeno esperienza e competenze.
Sorvoliamo anche sulla regola che dice che l’ipotetico partecipante deve acquistare una borsa della nuova collezione, ossia per intenderci un prodotto a prezzo pieno e non nei saldi, ancora per poco in corso. Anche in questo senso se il fine era la mera promozione, viene da chiedere: Carpisa ha in realtà bisogno di una mossa del genere per spingere i compratori ad acquistare? No, poco presumibile considerando il fatturato e Penelope Cruz come attuale testimonial.
“Compra una borsa e (forse) ti regaliamo un mese di lavoro gratis”: l’ironia del web contro Carpisa
Cosa porta allora una azienda come quella di Carpisa ad affrontare un suicidio mediatico e, probabilmente, commerciale? Una propria strategia marketing, e qui sta il paradosso della cosa, completamente fallimentare dal nascere. Più che di marketing, in realtà, di comunicazione: “compra una borsa e (forse) ti regaliamo un mese di lavoro gratis” non sarà stato sicuramente il messaggio che Carpisa voleva trasmettere, ma “compra una borsa e (forse) ti regaliamo un mese di lavoro gratis” è stato il messaggio, denigratorio nelle sue fattezze, che è arrivato a tutti.
Dopo le polemiche, le scuse non si sono fatte attendere da parte di Carpisa, che ha così motivato in un comunicato la caduta di stile: “l’azienda si scusa per la superficialità con la quale è stato affrontato un tema così delicato come quello del lavoro, in completa antitesi con una realtà imprenditoriale fatta invece di occupazione ed opportunità offerte in particolare al mondo giovanile”.
Ai tempi di questa epoca così sensibile a tematiche come l’occupazione giovanile, il precariato e dove il lavoro sottopagato ai minimi termini sta diventando la normalità, Carpisa ha toppato alla grande, nulla da dire al riguardo. E adesso ne paga lo scotto, nell’epoca sì del precariato, ma anche della “tuttologia” mediatica che, anche quando non è necessaria, tracima a furor di popolo, senza soffermarsi sulle motivazioni di un “fantozziano” e semplice scivolone.
Ilaria Casertano