Lo sviluppo del Ruanda: il paese delle donne

Lo sviluppo del Ruanda: il paese delle donne

La Repubblica del Ruanda è uno Stato dell’Africa orientale prevalentemente montuoso. Nonostante il Ruanda sia situato nella fascia equatoriale, la sua altitudine permette di giovare di una temperatura media di 20 °C. Il tasso di densità della popolazione è tra i più elevati del continente africano per via del clima temperato, che favorisce l’insediamento umano. Ora, facciamo un passo indietro nella storia, per analizzare i fattori che hanno portato all’attuale sviluppo del Ruanda.

Storia del Ruanda:

Nel periodo precoloniale, il territorio del Ruanda assistette all’insediamento di tre società tribali, etnicamente diverse: Hutu (85%), Tutsi (14%) e BaTwa (1%), che condividevano la medesima cultura, lingua e religione per secoli. Nello Stato precoloniale vigeva la monarchia della tribù dei Tutsi, una minoranza che si avvalse del dominio del territorio ruandese, dividendolo in province e organizzando una società a struttura piramidale, al cui vertice vi era il re. La convivenza pacifica tra i vari gruppi etnici venne poi messa in crisi dagli imperi coloniali europei. 

Dal periodo coloniale fino all’indipendenza

Verso la fine del XIX secolo, i regni del Ruanda e del Burundi furono annessi come protettorato alla Germania, entrando a far parte dell’Africa Orientale Tedesca.

Il trattato di Versailles sancì la spartizione dell’Africa Orientale Tedesca: la parte orientale fu assegnata alla Gran Bretagna, mentre quella occidentale, comprendente il Ruanda e il Burundi, toccò al Belgio. Questo territorio, noto come Ruanda-Urundi, diventerà la settima provincia del Congo Belga. Nel 1924, la Società delle Nazioni emanò un mandato formale, secondo cui il territorio del Ruanda-Urundi sarebbe stato affidato al Belgio, incaricato di contribuire allo sviluppo del Ruanda. Al contrario, il Belgio si diede allo sfruttamento coloniale del territorio africano per soddisfare i propri interessi economici, riducendolo all’osso.

Inoltre, i belgi furono la causa degli inasprimenti tra le tribù dei Tutsi e degli Hutu: furono sostenitori delle teorie razziali dell’epoca, che promuovevano la superiorità etnica dei Tutsi, essendo fisionomicamente più vicini agli standard occidentali. Perciò, affidarono a questi ultimi grandi responsabilità amministrative ed economiche, dopo averli sottoposti ad una formazione in scuole coloniali. Gli Hutu, invece, nonostante costituissero la maggioranza della popolazione, furono lasciati da parte. Questa stratificazione gerarchica della società su basi razziali provocò in seguito gravi ripercussioni, che non solo andranno ad intaccare lo sviluppo del Ruanda, ma causeranno quella che è la strage di un’intera etnia.

Nel 1946, quando la Società delle Nazioni si sciolse, il Ruanda-Urundi divenne territorio sotto tutela dell’ONU, fino al 1962, anno in cui si divise in due stati indipendenti: il Ruanda ed il Burundi.

Il genocidio del 1994

Nel 1957 venne fondato da un gruppo di intellettuali Hutu il partito Parmehutu, che mirava a denunciare il monopolio razzista del potere attuato dai Tutsi e proponeva una rivoluzione sociale basata sulla superiorità razziale degli Hutu. L’affermazione del Parmehutu portò alla proclamazione della repubblica, con Gregoire Kayibanda, che instaurò un regime razzista. Iniziarono le persecuzioni razziali contro i Tutsi, costretti a cercare rifugio nei paesi confinanti. Il regime razziale fu portato avanti da Juvénal Habyarimana, che salì al potere nel ‘73 con un colpo di stato. Nel 1987 nacque il Fronte patriottico ruandese (Fpr), espressione della diaspora dei Tutsi, con l’obiettivo di far ritornare i profughi in patria.

I massacri della guerra civile continuarono fino al 1993, anno in cui il Presidente Habyarimana firmò gli accordi di Arusha, che prevedevano il rientro in patria di tutti i profughi Tutsi e una spartizione del potere tra le due parti. Tuttavia, quando l’accordo stava per essere firmato, l’aereo che trasportava il presidente ruandese a Kigali venne colpito da un missile.

Quest’evento fu la goccia che fece traboccare il vaso e diede inizio al periodo più buio della storia del Ruanda. L’Akazu, cioè il gruppo di potere sostenitore del presidente Habyarimana, iniziò a pianificare lo sterminio dei Tutsi, con il sostegno finanziario e militare della Francia, che intervenne con l’Operazione Turquoise contro l’avanzata del Fpr. Furono indotte azioni crudeli e contro l’umanità nei confronti dell’etnia Tutsi: l’appartenenza ad un’etnia era indicata sui documenti di riconoscimento; pertanto, coloro che erano riconosciuti come Tutsi venivano massacrati con armi da fuoco, asce, machete o armi improvvisate.

Il massacrò cessò ad inizio luglio, quando Paul Kagame, a capo dell’esercito Fpr, entrò trionfante a Kigali e il 16 luglio venne dichiarata ufficialmente finita la guerra.

Tra il 6 aprile e il 16 luglio del 1994 avvenne il cosiddetto “genocidio del Ruanda”, dove vennero sterminati circa un milione Tutsi, a causa dell’odio raziale. Un evento brutale, che non può essere spiegato con poche righe, ma è necessario riassumere per comprendere lo sviluppo attuale del Ruanda.

Il rapido sviluppo del Ruanda

Il Ruanda è stato considerato uno dei paesi più poveri dell’Africa fino al genocidio del ‘94, a seguito del quale si è assistito ad un boom economico inarrestabile. Il governo ha attuato importanti riforme sia economiche che ambientali, che hanno incentivato lo sviluppo del Ruanda, dal punto di vista economico e non solo. A soli 24 anni dalla fine del genocidio, la Banca mondiale ha collocato il Rwanda al 41° posto al mondo in termini di semplicità di fare affari, in seconda posizione in Africa solo dopo le Isole Mauritius; non a caso, il Ruanda è anche noto come la “Svizzera d’Africa”. Questa agilità ha attratto notevoli investimenti esteri, rivolti alla gestione di progetti nel paese, che hanno contribuito allo sviluppo del Ruanda.

Il Ruanda è attualmente un paese stabile che lavora per sanare le ferite indelebili del genocidio, e il suo sviluppo economico-tecnologico è in crescita, mentre i tassi di povertà si abbassano sempre di più.

Perché lo sviluppo del Ruanda è merito delle donne ruandesi?

Il Ruanda ha vissuto un cambio radicale che ha come artefice le donne. Dopo il genocidio del ’94, durante il quale morirono la maggior parte degli uomini, le donne costituivano l’80% della popolazione. Le donne si trovarono sole, dovendo svolgere un duplice compito: il sostentamento della famiglia e la rinascita del proprio paese.

Ed è così che hanno riportato in piedi il territorio ruandese, che in loro onore è conosciuto anche come “il paese delle donne”. Un cambiamento culturale, cominciato come meccanismo di sopravvivenza dopo il genocidio, ma che ha aperto le porte all’uguaglianza di genere. È proprio merito delle donne se oggi in Ruanda si parla di equità salariale e se lo stupro è finalmente considerato reato.

Le donne ruandesi hanno intrapreso un percorso di scalata sociale, che ha trasformato il Ruanda in un paese all’avanguardia, nonché il primo paese al mondo ad avere un parlamento a maggioranza femminile.

Fonte immagine: Pixabay

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