Muro di Tijuana: le altalene rosa contro la barriera

muro di Tijuana

Muro di Tijuana: le altalene rosa vincono il Premio Beazly Design of the Year 2020.

«Il gioco realizza nel mondo imperfetto e nella vita confusa una perfezione temporanea.»

Johan Huizinga

È il 1990 quando, durante la presidenza di George Bush, ha inizio la costruzione del muro messicano (o muro di Tijuana), la barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico, meglio noto in Messico come muro della vergogna, il cui obiettivo è impedire agli immigranti illegali di oltrepassare il confine statunitense. Lungo oltre 3000 km, corre lungo il confine geografico tra i due stati. Un muro per difendere confini, un muro per combattere il terrorismo e l’immigrazione, un muro per dividere il mondo. 

Uno dei confini più attraversati al mondo, che conta flussi di oltre 500 mila migranti all’anno. Un luogo di violenza, morte e desaparicion.

È il 28 luglio del 2019 quando nel grigio acciaio del muro compaiono tre virgole rosa, tre altalene (il cui colore rosa è ispirato al memoriale del femminicidio delle donne assassinate di Ciudad Juarez) che immediatamente si impongono all’attenzione generale. The Teeter Totter Wall, altalene saliscendi che attraversano le sbarre del muro per abbattere le distanze, unire bambini e adulti attraverso il gioco, dimensione che non conosce divisioni e barriere. Una protesta pacifica in risposta all’approvazione della Corte Suprema dei progetti di consolidamento del muro, firmati Trump. L’installazione ebbe vita breve, quaranta minuti in cui bambini e adulti dei due paesi si ritrovarono meravigliosamente uniti dal gioco. Le immagini, tanto semplici, quanto forti, regalarono sorrisi in ogni angolo del mondo.  

Ronald Rael, docente di architettura dell’Università di Berkeley in California e Virginia San Fratello, associata di design alla San Josè State University, gli artefici di questa incredibile idea, di recente insignita del  prestigioso premio Beazly Design of Year 2020, organizzato ogni anno dal Design Museum di Londra

«Una delle esperienze più incredibili della mia carriera. Il muro di Tijuana è diventato letteralmente un fulcro per le relazioni Usa-Messico, e bambini e adulti hanno potuto connettersi in maniera significativa, riconoscendo come ciò che avviene da un lato della barriera possa avere una diretta conseguenza anche dall’altra parte.» Queste le parole di Ronald Rael che seguirono l’installazione temporanea, tentativo di connessione in un mondo che sempre più spesso divide.

Queste, invece, le parole di Virginia San Fratello alla cerimonia di premiazione: «È diventato sempre più chiaro che i muri non funzionano. I muri non hanno tenuto i manifestanti violenti fuori dai nostri edifici governativi e non hanno tenuto il Covid fuori dal nostro paese. Dovremmo costruire ponti, non muri.»

Tale progetto, meraviglioso nella sua apparente semplicità, dovrebbe indurre alla riflessione, scuotere gli animi di chi, alla bellezza della con-divisione, risponde costruendo barriere.

Fonte immagine: www.wikipedia.org

A proposito di Rossella Capuano

Amante della lettura, scrittura e di tutto ciò che ha a che fare con le parole, è laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico. Insegna materie letterarie. Nel tempo libero si diletta assecondando le sue passioni: fotografia, musica, cinema, teatro, viaggio. Con la valigia sempre pronta, si definisce “un occhio attento” con cui osserva criticamente la realtà che la circonda.

Vedi tutti gli articoli di Rossella Capuano

Commenta