L’India dovrebbe essere la più grande democrazia al mondo ma, con l’attuale primo ministro questo primato è seriamente in pericolo. Il rapporto tra Narendra Modi e la democrazia in India è sempre stato particolarmente ambiguo, al punto da venire sistematicamente accusato di erodere i principi fondamentali su cui si fonda la Costituzione indiana. Dai fatti antecedenti alla sua elezione fino alle scelte più recenti prese durante il suo mandato, queste sono le cinque decisioni di Narendra Modi che hanno indebolito la democrazia indiana.
Narendra Modi e la debole democrazia in India
Le tensioni in Gujarat del 2002
Questo è uno dei momenti più controversi della leadership di Modi ed è antecedente al suo mandato come primo ministro dell’India. Nel 2002 Narendra Modi era primo ministro del Gujarat e, quando esplosero violenti scontri tra hindu e musulmani, fu accusato di non aver fatto nulla per fermare l’ondata di violenza. Addirittura si crede che i funzionari locali, molti dei quali avevano legami con il partito di Modi BJP, abbiano incitato alla violenza contro i musulmani. La Corte Suprema ha indagato riguardo i fatti verificatisi in Gujarat, ma nel 2012 Modi non è stato dichiarato colpevole per mancanza di prove sufficienti. Il primo ministro ha più volte negato qualsiasi tipo di coinvolgimento, sottolineando come egli abbia fatto il possibile necessario a mantenere l’ordine pubblico. Come verrà spiegato a breve, diverse inchieste o reportage in merito ai fatti avvenuti in Gujarat non sono mai stati pubblicati perché censurati dalle autorità indiane.
Democrazia in India: censura indiretta e controllo sulla stampa
L’articolo 19 della Costituzione indiana garantisce la libertà di espressione e di conseguenza la libertà di stampa, eppure i fatti recenti dicono ben altro. Con l’arrivo di Narendra Modi al governo, i casi di censura indiretta e manipolazione delle narrazioni sono aumentate notevolmente. Sono stati numerosi i casi in cui giornalisti che hanno criticato il primo ministro e il suo partito, hanno poi ricevuto pesanti minacce, accuse di incitamento all’odio o addirittura attacchi fisici. Uno dei casi più estremi è stato l’assassinio nel 2017 di Gauri Lankesh, giornalista e attivista per i diritti umani che è stata zittita proprio per il suo orientamento politico. Altrettante volte anche le forze di polizia sono state impiegate per confiscare materiale giornalistico legato a inchieste politiche particolarmente importanti. Il governo Modi, che si dice particolarmente impegnato nella lotta alla disinformazione e alle fake news, ha promulgato una serie di leggi che tuttavia sembrano rivolte più che altro a censurare movimenti di dissenso e critica sui vari social.
La promulgazione della Legge sulla cittadinanza (CAA)
Il Citizenship Amendment Act, approvato nel 2019 da Narendra Modi, modifica la legge sulla cittadinanza indiana del 1955. L’obiettivo era quello di garantire rapidamente la cittadinanza ai rifugiati che provengono dai paesi vicini (Bangladesh, Pakistan e Afghanistan). La legge beneficia però solo hindu, buddhisti, sikh, jainisti e cristiani, escludendo i musulmani. Questa decisione ha preoccupato i partiti di sinistra e le rappresentanze musulmane, che hanno definito la scelta del primo ministro come anti-musulmana e anti-costituzionale. Dal canto suo, Narendra Modi ha giustificato tale decisione spiegando che i rifugiati religiosi provenienti dai paesi sopracitati non sono mai i musulmani ma altre comunità religiose, di conseguenza tutelate da tale legge.
Narendra Modi e la democrazia in India: la rimozione dell’articolo 370 dalla Costituzione
L’articolo 370 della Costituzione era di fondamentale importanza poiché riconosceva a Jammu e Kashmir uno status speciale con autonomie politiche ed economiche. Tale autonomia è oggi a grosso rischio sotto il governo Modi, il quale nell’agosto del 2019 ha rimosso l’articolo 370 e revocato l’autonomia della regione. La giustificazione che è stata data in questo caso dal primo ministro riguarda il suo desiderio di unificare l’India e garantire a tutto il territorio stesse leggi e stessi diritti. In molti hanno invece considerato questa scelta come un tentativo (ben riuscito) di colonizzazione della regione da parte del governo. Questa scelta ha, peraltro, aumentato le tensioni con il Pakistan e preoccupato le organizzazioni internazionali riguardo il rispetto dei diritti umani in Jammu e Kashmir.
Approvazione della Legge sulla protezione delle mucche
Il primo ministro non ha mai fatto mistero del suo sogno di creare un Paese Hindutva, totalmente induista. Legata a questa visione ideologica è l’approvazione della legge sulla protezione delle mucche, considerate animali sacri esclusivamente nella religione induista. I gruppi nazionalisti hindu hanno reso la protezione delle mucche una vera e propria battaglia identitaria. L’approvazione di questa legge da parte di Modi ha contribuito a creare un clima di paura per le minoranze, che spesso lavorano nel commercio del bestiame, macellazione e vendita di carne. Con il BJP queste leggi sono state inasprite e hanno portato all’arresto di persone dalit e musulmane, senza considerare le numerose perquisizioni (spesso violente e abusive) e le ritorsioni economiche causate da tale scelta. Nel 2015 Mohammad Akhlaq, un uomo musulmano di 52 anni, è stato uno dei primi ad essere vittima di linciaggio perché accusato di aver conservato in casa della carne bovina. Il BJP ha difeso gli aggressori definendo quanto accaduto una giusta conseguenza per non aver rispettato la legge.
Narendra Modi e la democrazia in India oggi
Narendra Modi e la democrazia in India sembrano oggi muoversi su due binari divergenti. Mentre il potere si concentra sempre più nelle mani del governo, le voci del dissenso e della stampa indipendente si fanno più flebili. Tra decisioni tanto controverse quanto pericolose, la democrazia indiana è oggi più fragile e in difficoltà che mai.
Fonte immagine: Wikimedia Commons – Prime Minister’s Office