Scuola siciliana: la prima poesia in volgare italiano

scuola siciliana

La cosiddetta Scuola siciliana rappresenta il primo movimento letterario organico in volgare italiano. Si sviluppò presso la Magna Curia di Federico II di Svevia intorno agli anni ’30 del XIII secolo, e fu celebrata per la sua importanza dallo stesso Dante nel suo trattato De vulgari eloquentia, dove riconobbe alla corte siciliana il merito di aver dato inizio alla poesia colta in volgare.

La lirica volgare italiana si sviluppa dunque in Sicilia, sulle orme dei poeti provenzali, i trovatori, i primi ad aver elaborato una lirica profana con accompagnamento musicale. A seguito della “Crociata contro gli Albigesi“, molti trovatori si trasferirono in Italia. La novità assoluta rappresentata dalla poesia dei siciliani fu però il suo legame con la pagina scritta: mentre i trovatori componevano parole e musica per l’esecuzione orale, la poesia siciliana nacque per la lettura, eliminando l’accompagnamento musicale.

Caratteristiche e temi: l’amore come unico protagonista

A differenza dei loro predecessori, i poeti della Scuola siciliana sono principalmente funzionari del governo imperiale o giuristi, integrati nell’amministrazione del Regno. La ripresa dei modelli provenzali avvenne per volontà dello stesso imperatore; Federico II promosse attivamente la cultura nella sua corte, guadagnandosi l’appellativo di Stupor Mundi e fondando l’Università di Napoli che porta il suo nome. Il modello provenzale è ripreso per la tematica amorosa, ma vengono eliminati i riferimenti alla politica e alla guerra. È l’amore ad assurgere a unico protagonista delle liriche, condotto su un piano sempre più astratto e nobilitante.

Scuola Siciliana vs Trovatori Provenzali  
Temi Esclusivamente l’amore cortese, analizzato in modo astratto e psicologico.
Lingua Volgare siciliano illustre (poi toscanizzato).
Autori Funzionari di corte, notai, giuristi (dilettanti di alto livello).
Contesto Poesia scritta, destinata alla lettura all’interno della corte.

Al centro delle liriche c’è la donna, una nobile signora da amare e servire. Il servizio d’amore prestato dal poeta verso la donna è direttamente proporzionale al valore del poeta stesso; cantare l’amata rende l’uomo socialmente più degno. Le metafore sono spesso legate alla sfera della vista: l’amore nasce dagli occhi e arriva al cuore.

L’invenzione del sonetto e le nuove forme metriche

Il divorzio del testo poetico dalla musica comportò lo sviluppo di nuove forme metriche destinate alla lettura, che verranno poi canonizzate. La forma metrica per eccellenza nata in questo contesto è sicuramente il sonetto, la cui invenzione è attribuita a Giacomo da Lentini. La sua struttura, destinata a un’immensa fortuna nella letteratura mondiale, è composta da 14 versi endecasillabi divisi in due quartine (fronte) e due terzine (sirma), con schemi di rime ben definiti.

I poeti della Scuola siciliana: funzionari e uomini di corte

L’esponente di spicco e caposcuola fu senza dubbio Giacomo da Lentini, detto anche il Notaro (così è ricordato da Dante nella Commedia), per la sua funzione all’interno dell’impero. A lui si deve la codificazione del sonetto e una profonda analisi del sentimento amoroso.

«Amore è uno desi[o] che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l’amore
e lo core li dà nutricamento.»

Altri illustri poeti furono:

  • Lo stesso imperatore Federico II e i suoi figli, Re Enzo (morto in prigionia a Bologna) e Manfredi.
  • Pier della Vigna, logoteta e potentissimo segretario dell’imperatore, celebrato da Dante nel XIII canto dell’Inferno.
  • Guido delle Colonne, giudice messinese, autore di canzoni di grande raffinatezza.
  • Stefano Protonotaro, al quale dobbiamo l’unico componimento (“Pir meu cori alligrari”) giunto a noi nella sua probabile veste linguistica siciliana originale.

L’eredità e la “toscanizzazione” dei testi

I componimenti della Scuola siciliana ci sono giunti attraverso canzonieri trascritti in Toscana alcuni decenni dopo. La veste linguistica nella quale leggiamo oggi i testi, però, non è quella originale. I copisti toscani, nel trascrivere le liriche, le adattarono al proprio volgare, alterando suoni, parole e soprattutto le rime. Questo processo, noto come toscanizzazione, ci ha privato della fisionomia linguistica originale ma ha permesso a questa poesia di circolare e di influenzare profondamente i poeti successivi.

Con il declino della dinastia sveva, dopo la battaglia di Benevento (1266), anche la Scuola siciliana si esaurì. La sua eredità fu però raccolta in Toscana, dove poeti come Guittone d’Arezzo e, più tardi, gli Stilnovisti, rielaborarono i temi e le forme siciliane, ponendo le basi per quella che diventerà la nostra lingua italiana letteraria.

Fonte immagine: pixabay.com

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2025

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Studio Filologia Moderna all'università degli studi di Napoli "Federico II". Scrivo per immergermi totalmente nella realtà, e leggo per vederci chiaro.

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