“Non perdere l’allerta” – Roberto Saviano: uno scrittore sotto scorta

Pierfrancesco Diliberto (PIF) racconta Roberto Saviano in "Uno scrittore sotto scorta" | Eroica Fenice

Pierfrancesco Diliberto (Pif) e quel Roberto Saviano: uno scrittore sotto scorta che si inserisce alla perfezione nella recente polemica del ministro Salvini

 

«Se un giornalista scrive di mafia, io non mi chiedo perché scriva di mafia, non mi chiedo se così abbia avuto più successo con le ragazze, non mi chiedo se così si sia arricchito. Io mi chiedo se quello che scrive sia vero, mi chiedo se quello che scrive dia fastidio alla mafia, mi chiedo se, leggendolo, la mia conoscenza e la mia coscienza siano migliorate»

Si chiede questo Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, correndo per le strade di Roma sotto il sole, accompagnato dalla sua telecamerina. Sono le battute finali del delicato documentario da lui girato e da maggio disponibile su Netflix, intitolato Roberto Saviano: uno scrittore sotto scorta. Un documentario da vedere e rivedere non solo nei giorni roventi di quest’estate, stagione in cui la mafia non dimentica di uccidere e l’attuale Ministro degli Interni mette in dubbio la necessità stessa del protocollo di protezione assegnato all’autore di Gomorra il 13/10/2006. “Scorta con isolamento ambientale“. All’inizio tre uomini, dal 2008 cinque, che quasi hanno trascorso più tempo con l’autore campano che con le proprie famiglie da accudire. “Gli uomini della scorta” : quelli che del documentario sono i co-protagonisti, e compaiono senza apparire.

Pierfrancesco Diliberto racconta lo scrittore napoletano

Ad emergere dal bel lavoro di Pierfrancesco Diliberto – nato nel 2013 come puntata de Il Testimone, rimaneggiato con scene inedite nel 2016, a dieci anni dal romanzo e dalla scorta – non è “il Saviano” accusato da Salvini di risiedere all’estero spesato dallo Stato italiano, bensì Roberto, il rapporto d’amore ed odio con la sua terra, nel suo profilo più umano. È questo l’aspetto messo squisitamente a fuoco sin dalla prima inquadratura, che con l’inconfondibile stile-Pif domanda: «Lo vedete questo cono gelato? È un cono gelato con cioccolato, crema e panna».

È Roberto a nominarlo tra le cose più semplici che sogna di concedersi come un qualsiasi libero cittadino ma alle quali – per via del suo stato di “sorvegliato speciale” – non può fare altro che rinunciare. È proprio questo il verbo che utilizza: “rinunciare”. Pif lo sottolinea mentalmente ed elenca le “conseguenze pratiche” del suddetto status: «Non può alzarsi al mattino e decidere cosa fare; tutti i suoi spostamenti vanno decisi due giorni prima per poter organizzare la sicurezza dello spostamento […]. Non può fare il bagno in mare da solo perché anche in acqua deve essere presente la scorta […], non può guidare l’auto, non può guidare la bici, non può andare in moto, non può andare al cinema, a meno che non sia vuoto; non può vedere troppo frequentemente la stessa persona per non farla diventare un bersaglio o un indizio che porti a lui; se vuole andare all’estero deve chiedere un permesso al paese ospitante con un anticipo che va da una settimana a un mese, e non è scontato che lo ottenga».

Laddove Pierfrancesco Diliberto riflette sui combattenti “in carne ed ossa” che si assumono “il lavoro sporco” contro “il sistema”, è al Pierfrancesco solidamente armato dell’immancabile telecamerina che spetta l’intenzione più pulita: «Io, cittadino, come posso migliorarti la vita?». Roberto sembra rinunciare anche alla speranza. Parla di un conto da pagare rinviato a quando la luce si abbasserà, a “quando il momento verrà”. Non ora, non ancora. Racconta di come viveva prima di Gomorra, le parole d’amore sono tutte per Napoli, per quanto non immagini come sarebbe accolto qualora vi tornasse. «È difficile continuare ad amare la tua città quando puoi frequentarne solo le caserme e i tribunali». È qui che, allora, interviene Pif in tutta la sua purezza. Non potendo girare Roberto liberamente per Napoli, sarà Pif la sua finestra. «Decido che sarò io i suoi occhi e le sue orecchie. Vado in quei luoghi al posto suo».

Piazza Sant’Anna di Palazzo, dove lo scrittore viveva in un appartamento al secondo piano. Borgo Marinari, per la “sacra” frittura di pesce. “Dante e Descartes“, dove vigila il libraio del cuore, Raimondo. Il Museo Archeologico Nazionale, dalla Venere Callipigia, “la donna più bella del mondo”. Il “Centro Gridas” di Scampia, dove resiste la signora Mirella. Il Castel dell’Ovo e la sua terrazza sulla sinistra, “dove si vede il golfo senza incontrare terra”.

Degna di nota è la reazione dei residenti ai Quartieri spagnoli, che sembrano non ricordare l’illustre concittadino, con l’attenuante che allora fosse ancora un anonimo nessuno. Una pescivendola afferma decisa: «Ho letto il libro, ho visto il film. Ha avuto tanto coraggio, mica è facile». Una signora anziana chiosa: «Scrive bene, poi… sa lui la verità. Una parte sarà vera, ma… i camorristi lo facevano restare ancora vivo?». In questi giorni di battute al vetriolo con “il ministro della malavita“, impazza in rete uno spot amarissimo e a suo modo geniale. Tre uomini impeccabilmente vestiti, in giacca e cravatta, guardano l’obiettivo dalla loro prospettiva, dove rompe lo schermo una macchina lunga tristemente nera. La scritta è una sola, breve ed incisiva: «Caro Saviano: non vorremmo essere noi a scortarti». È la pubblicità di un’agenzia di onoranze funebri, ed i tre della non-scorta sono i becchini più allarmanti. C’è chi ha prontamente proposto una modifica al testo, affinché ne cambi il destinatario: «Caro Salvini: non vorremmo essere noi a scortare Saviano».

Il documentario si chiude riprendendo l’immagine di apertura, dopo la corsa pensante tra le strade di Roma. Con piglio ironico tra l’ingenuo ed il drammatico, è un invito che alla rinuncia, imperante, contrappone la denuncia, il gesto attivo di chi non si arrende e fa qualcosa di importante.

«Lo vedete questo? È un cono gelato: cioccolato, crema e panna. Il popolo italiano protegge Roberto Saviano con una scorta affinché possa scrivere quello che vuole, anche andarsi a prendere un gelato come vuole e quando vuole. E ogni qualvolta Roberto rinuncerà a mangiarsi un cono come questo, sarà una sconfitta per noi e una vittoria per la camorra, a meno che non si prenda un gelato al gusto lilla: allora sì che sarebbe una sconfitta per tutti, perché il gelato al gusto lilla è notoriamente una minchiata di gelato».

Pierfrancesco Diliberto (Pif),  “Roberto Saviano: uno scrittore sotto scorta” link:

https://www.netflix.com/it/title/80245268

 

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A proposito di Giulia Longo

Napolide di Napoli, Laurea in Filosofia "Federico II", PhD al "Søren Kierkegaard Research Centre" di Copenaghen. Traduttrice ed interprete danese/italiano. Amo scrivere e pensare (soprattutto in riva al mare); le mie passioni sono il cinema, l'arte e la filosofia. Abito tra Napoli e Copenaghen. Spazio dalla mafia alla poesia.

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