Il 14 febbraio negli Stati Uniti per l’ennesima volta uno (ex)studente armato fino ai denti è entrato in una scuola facendo strage, che d’ora in poi verrà ricordata come strage di Parkland.
Il diciannovenne Nikolas Cruz è entrato nel liceo di Parkland, California, con un fucile d’assalto AR-15 (praticamente l’equivalente a stelle e strisce di un kalashnikov). Ha ucciso 17 persone e ferito 14. È stato poi arrestato dalla polizia mentre tentava di fuggire. L’FBI ha poi ammesso di essere a conoscenza del pericolo rappresentato da Cruz e di non aver indagato ulteriormente. La sparatoria ha ovviamente riacceso il dibattito sulla sicurezza e sul controllo delle armi negli USA.
La legislazione statunitense è estremamente permissiva in fatto di armi: nella maggior parte degli Stati bastano 18 anni (21 per le pistole) ed un documento d’identità per l’acquisto di fucili come gli AR-15. Per fare un paragone, anche per l’acquisto di alcolici sono necessari 21 anni. Nessun controllo viene effettuato sugli acquirenti: in molti Stati è anche possibile girare armati in pubblico senza particolari autorizzazioni, è persino possibile entrare legalmente in aereoporto con un fucile d’assalto con caricatore da 100 colpi.
Si legge infatti nel Secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto.” A causa delle pressioni delle lobby delle armi (riunite nella NRA, National Rifle Association) questo viene interpretato come esteso a tutti i cittadini seppur non inquadrati in milizie. Come conseguenza chiunque, inclusi squilibrati e potenziali terroristi purché cittadini statunitensi, ha facile accesso ad armi da guerra. Il risultato è che in media negli Stati Uniti c’è almeno una sparatoria di massa (non meno di quattro vittime) al giorno.
Strage di Parkland, la risposta di Trump: più armi
Numerosi studenti, particolarmente in Florida e a Washnigton, hanno manifestato per chiedere una regolamentazione delle armi. Alcune scuole hanno risposto minacciando sanzioni per chi partecipasse a manifestazioni del genere, soprattutto in Texas. Il presidente Trump ha dichiarato di voler quindi potenziare i controlli sui precedenti (fedina penale, ecc.) al momento dell’acquisto di un’arma.
Molti hanno criticato l’iniziativa come insufficiente: le armi da guerra continuerebbero a circolare e sarebbe comunque possibile procurarsele senza controlli (tramite compravendite tra privati, non soggette agli stessi controlli di un’armeria). Altro provvedimento palliatorio proposto dal presidente: regolamentare i bump stock, accessori che permettono di sparare rapidamente con armi semiautomatiche sfruttando il rinculo. Regolamentazione quasi inutile quando è possibile acquistare armi automatiche.
Ultima scandalosa proposta di Trump: armare gli insegnanti al posto di diminuire il numero di armi in circolazione. Secondo il presidente, un 40% di insegnanti armati ed addestrati a portare armi e a reagire agli attacchi renderebbe le scuole più sicure. Una soluzione paradossale che vorrebbe quasi militarizzare le scuole e non ha garanzie di efficacia. Basti vedere lo stesso caso della sparatoria di Parkland: una guardia armata è arrivata sul luogo della sparatoria poco dopo l’inizio ma non è intervenuta.
Persino gli appassionati di armi hanno avanzato una proposta più ragionevole: la campagna #OneLess, in cui numerosi statunitensi hanno distrutto i fucili d’assalto in loro possesso, incoraggiando anche altri a farlo. Nonostante ciò non sembra sia possibile una soluzione a breve termine al problema delle armi negli Stati Uniti.
Francesco Di Nucci