Stranieri su un molo, il nuovo libro di Tash Aw

Stranieri su un molo, il nuovo libro di Tash Aw

Stranieri su un molo, il nuovo libro di Tash AwMarzo ha visto l’uscita per la addEditore della nuova opera del malese Tash Aw: Stranieri su un molo (link Amazon). Autore famoso per una grande attenzione nei confronti della natura ambigua dell’ identità, origini problematiche hanno consentito le sue meditazioni, forgiando il suo animo e portandolo alla composizione del primo romanzo, La vera storia di Johnny Lim, nel 2005. Romanzi, racconti brevi e saggi lo hanno seguito nella sua carriera verso la collaborazione come esperto di arte e cultura orientale per la BBC.

Ancora una volta, l’identità è al centro di una nuova storia, a forti tinte autobiografiche. Un io parlante che si confonde con l’io-Tash. I due sono accomunati dal senso della riflessione su di sé, quella che trova spunto da eventi della vita quotidiana, che inesorabilmente lasciano sulla pelle segni indelebili. La sua riflessione parte dalla semplice osservazione del suo volto. Spesso si dice che il turista lo si riconosce dalla faccia, dagli occhi chiari che è tedesco, dai tratti morbidi che è del sud Italia. Ma il protagonista di Stranieri su un molo non si riconosce in nessun tratto somatico dell’ambiente in cui ha vissuto tutta la vita. L’unica soluzione dunque, è parlare con un membro della sua famiglia, con suo padre ad esempio. Ma al solo porre il quesito, «fragilità nell’aria».

Parlare del passato crea un legame fra individui di generazioni differenti, a tratti contrastanti, fino a quel momento quasi estranei. Si sollevano pian piano i «veli della memoria». È importante fare quel passo però, perché altrimenti si finisce per far parte del gruppo degli «smemorati». Chi sono? Coloro che dimenticano o sotterrano volontariamente il passato, coloro che vivono in un «conveniente punto zero».

Per l’io protagonista è difficile ascoltare le storie del passato, i motivi di quel volto che nessuno comprende, di quella fisionomia infallibile che tradisce le sue certezze di vita fino ad allora. Ascoltare però lo aiuta a scoprire l’identità di quegli Stranieri sul molo che ogni giorno anche noi fissiamo, in movimento dietro lo schermo della televisione.

Stranieri su un molo: quasi in un tempo altro, in un altro mondo, e li inseriamo nelle statistiche, dimentichi della loro identità.

Ma oltre la storia, oltre i numeri, ci si ricorda degli individui, e di quelle «piccole manie che danno vita alla persone». L’io-Tash scopre la sua identità con difficoltà. Il nostro mondo di apparenze sembra non poter abbracciare questa novità, il protagonista quasi non ha voglia di spiegare il dolore che si cela nel passato della sua famiglia. Sembra forse cedere ai dettami di una vita all’insegna di un editing ufficiale. «A volte fingo semplicemente di essere ciò che gli altri credono, qualunque cosa sia».

Ma per quanto ancora potrà resistere? Quel percorso che lo aveva portato dalla curiosità per le sue origini fino al timore scaturito dalla conoscenza della risposta, potrà mai terminare con l’ennesimo sotterrare la verità? «Erano tuttavia legati a un tempo e a un luogo che davano loro un’identità solida, radicata».

La traduzione di Martina Prosperi rispecchia il linguaggio semplice ma dal multiforme significato di Tash Aw, quello stesso utilizzato per veicolare un messaggio così indicativo dei nostri tempi, così vicino a noi, ma così lontano dalla nostra percezione. La riflessione sull’identità etnica si avvicina alla metafora della crescita: il passaggio inesorabile dall’infanzia all’età adulta, traumatizzato dal travagliato percorso adolescenziale, in cui i tratti del viso mutano, così come quelli dell’animo.

Il non riuscire a riconoscere la nostra identità ci avvicina alla riflessione del protagonista, il quale però forse sa dove potrà trovare la forza. Non in un banale “sii te stesso” (in fin dei conti, sappiamo chi siamo davvero?), ma nella consapevolezza di non essere solo in questo mondo di apparenze, avendo alle spalle una schiera di alleati. L’importante è interrogarli, interrogare la sua famiglia, quella che è stata in grado di scoprire, dopo immense sofferenze, la propria identità. «E volevo farne parte anch’io».

Print Friendly, PDF & Email

A proposito di Carolina Borrelli

Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

Vedi tutti gli articoli di Carolina Borrelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *