Le 9:00 di martedi 22 marzo. Due bombe esplodono all’aeroporto di Zaventem e alla stazione di Maelbeek provocando la morte di 26 persone e il ferimento di altre 130. Bruxelles è divenuto l’ennesimo palcoscenico su cui l’ISIS ha messo in scena il cruento spettacolo del terrorismo, vendicando l’arresto dell’artefice degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015: Salah Abdeslam.
Ancora una volta l’Europa deve fare i conti con la consapevolezza che si ritrova più debole che mai. Non è un caso che l’obiettivo sia stato Bruxelles, quella città che è anche sede del Parlamento europeo e che è (almeno nella nostra cieca immaginazione) il centro dell’Europa unita.
Di fronte ad eventi così tragici, guidati dalla scellerata mano del terrorismo, non si sa mai cosa dire. Piangiamo i morti, ci indigniamo, ma le parole escono dalle nostre bocche involontariamente e alcune volte non riflettono quello che pensiamo al momento. L’unica cosa certa è che il terrorismo, di qualunque religione e ideologia, ha come unico obiettivo quello di destabilizzarci, di allargare ancora di più il confine tra noi e il diverso e di farci insospettire di chi ci sta vicino. Siamo arrivati al punto che il sangue nelle vene si gela, se su un treno sediamo vicino ad una donna con il velo o a due persone che parlano tra di loro in una lingua incomprensibile. Il terrorismo vuole rendere gli uomini più apatici e intolleranti tra di loro, un obiettivo che sta raggiungendo attentato dopo attentato: New York, Madrid, Londra, Parigi, la Siria, Istanbul e ora Bruxelles.
Il terrorismo alimenta l’odio
Bruxelles diventa inevitabilmente l’ennesimo campo di battaglia ideologico e politico, come lo è stato Parigi. Gli attacchi alla capitale belga diverranno un’occasione ghiotta per alcuni di nutrire la macchina della propria propaganda. Lo ha già fatto Matteo Salvini, lo faranno i politici di ogni nazionalità e partito nei prossimi giorni. Si inciterà ad una nuova caccia al diverso , indirizzata verso chi non fa parte della schiera dei “buoni e retti” occidentali, combattuta con i soliti slogan urlati fino alla nausea: “Chiudiamo le frontiere!”, “Basta con questa integrazione!”, “Fuori dall’Europa!” e così via.
Come se non bastasse, i social network fioriranno di esperti di geopolitica ed islamismo, pronti a sfoggiare la loro preparazione in tali materie con citazioni di Oriana Fallaci ed argute riflessioni partorite dalla sola lettura superficiale di quello che aggrada a loro. L’ennesimo vespaio che si scatenerà per un po’ fino a quando, finito il tempo del cordoglio, torneremo alle nostre vite come se nulla fosse successo. Lo è stato per Parigi, lo sarà anche per Bruxelles.
In momenti come questi, l’unica cosa buona da fare è quella di stare zitti e riflettere, nel rispetto di chi si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Mai come in questo momento il silenzio vale più di mille parole vacue e inadatte.
Ciro Gianluigi Barbato