Chiacchiera che vieni, chiacchiera che vai…

chiacchiera

Ebbene cari lettori, quest’anno c’è stata un’inversione di tendenza e, a malincuore, vi informo che l’ultima moda nel campo della gastronomia prevede per Carnevale, come dolce tipico, la sostituzione delle chiacchiere – poco salutari – con un dolce vegano importato dall’America del Nord…

…e beh, è palesemente uno scherzo, ma è Carnevale e vale anche questo!

Fortunatamente per tutto il periodo di Carnevale le chiacchiere imbandiscono le nostre tavole sin dai tempi dell’antica Roma.

La chiacchiera: un dolce romano…

La parola Carnevale affonda le radici nel latino medioevale “carnem levare”, ossia “eliminare la carne”, in riferimento ai succulenti banchetti che si tenevano anticamente prima della Quaresima, periodo di astinenza e digiuno. Ma la festa in sé discende dai più antichi Saturnali, un ciclo di festività romane in onore del dio Saturno, durante il quale era sovvertito l’ordine sociale e regnava il caos: gli schiavi diventavano e si comportavano da uomini liberi, veniva sorteggiato un princeps con tanto di assegnazione di poteri, caricatura del ceto nobile e personificazione di Saturno.

Durante la festa tutti scendevano nelle strade e si assisteva ad una vera sfilata di anime umane guidate dal dio (o meglio dal princeps che lo rappresentava) offrendogli doni e onori per farlo così tornare nell’aldilà, in modo da salvaguardare i propri raccolti. Durante i festeggiamenti le sacerdotesse anziane servivano dei dolci a base di farina e uova, fritti nel grasso di maiale. Vi ricorda qualcosa?

Nell’antichità questi dolci si chiamavano “frictilia”, quindi le nostre chiacchiere, e la preparazione è rimasta più o meno la stessa, fatta eccezione per il grasso di maiale. Spesso nella cucina nostrana si affiancano al sanguinaccio, prima aromatizzato con sangue fresco di maiale per un retrogusto acidulo, ora semplificato a cioccolato fondente.

o dolce napoletano?

Tuttavia esiste anche una leggenda che colloca la nascita delle chiacchiere nella città di Napoli. Parrebbe che un giorno la Regina Margherita di Savoia, presa da una fitta chiacchierata con amici, a furia di interloquire si sia sentita affamata e, chiamato il cuoco di corte, tale Raffaele Esposito, abbia richiesto un dolce. Prendendo spunto dal contesto, il dessert avrebbe assunto questo nome.

La chiacchiera, dolce dai mille nomi e dalle mille varianti

La chiacchiera è tuttora un dolce a base di farina e uova, l’impasto viene modellato a forma di striscia e seghettato nei lati, per poi essere fritto in olio oppure cotto al forno. Avendo di base un gusto molto semplice, si può arricchire con lo zucchero a velo, oppure sanguinaccio/cioccolato fondente o anche alchermes (un liquore per la bagna dei dolci). Altre varianti sono i fiocchetti, unendo due strisce nella forma di un fiocco, oppure modellando la forma a spirale, come i coriandoli o le maschere. Si può anche usare del colorante per creare chiacchiere multicolori.

Sebbene il nome chiacchiera sia quello più diffuso in Italia, è un dolce che cambia molti nomi a seconda delle regioni e delle provincie. Diventa bugie risòle in Liguriagale gali in Lombardiacenci  o crogetti in Toscanarosoni sfrappole in Emilia Romagnagalani a Veneziafrappe in Laziosfrappe nella Marchecunchielli in Moliseguanti in Calabriamaraviglias in Sardegna.

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A proposito di Mara Auricchio

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