Bilinguismo e cervello: benefici, rischi e legami con le patologie

Demenza e bilinguismo

Parlare più di una lingua è una vera e propria ginnastica per il cervello, un allenamento costante che modella le nostre capacità cognitive. Ma qual è l’impatto reale di questa “ginnastica” sulla salute neurologica? Il rapporto tra bilinguismo e cervello è affascinante e complesso. Se da un lato offre notevoli vantaggi, come la protezione contro il declino cognitivo, dall’altro presenta interazioni complesse con disturbi del neurosviluppo e patologie psichiatriche. Analizziamo le diverse facce di questa medaglia.

Il bilinguismo come riserva cognitiva: il caso della demenza

La demenza senile è una malattia neurodegenerativa che colpisce ogni anno milioni di persone. Solo in Italia si stima che un milione di pazienti soffra di demenza e che circa 600.000 siano affetti da demenza di Alzheimer. Recentemente si è scoperto un improbabile alleato nella lotta contro la demenza: il bilinguismo. Uno studio fondamentale, pubblicato su The New England Journal of Medicine, ha dimostrato che nelle persone bilingue la demenza tende a comparire in media 4,5 anni più tardi rispetto ai monolingue. Questo accade perché il cervello di chi parla più lingue lavora diversamente: per passare da un idioma all’altro, l’encefalo deve essere abile nel filtrare le informazioni, allenando costantemente i processi cognitivi e favorendo una migliore elasticità mentale. Questo fenomeno è strettamente legato alla neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di creare e modificare connessioni neuronali in risposta all’apprendimento.

Il bilinguismo come potenziamento cognitivo: il caso della sclerosi multipla

I benefici del bilinguismo si estendono anche ad altre malattie neurodegenerative. La Sclerosi Multipla (SM) è una malattia autoimmune cronica che colpisce il sistema nervoso centrale, attaccando la mielina che protegge le fibre nervose e causando sintomi cognitivi e fisici. La ricerca ha esplorato come il bilinguismo possa influenzare le capacità cognitive dei pazienti. Il meccanismo chiave risiede nel potenziamento del cosiddetto controllo esecutivo, il processo che ci permette di adattare il comportamento agli stimoli. Questo controllo si basa su due funzioni: il monitoraggio (valutare il comportamento) e l’inibizione (sopprimere informazioni irrilevanti). I bilingui allenano costantemente queste due funzioni passando da una lingua all’altra.

Uno studio condotto da un consorzio di ricercatori europei ha usato il Flanker task per confrontare soggetti monolingui e bilingui, sia sani che affetti da SM. I risultati hanno mostrato che i livelli di attenzione e monitoraggio erano maggiori nei soggetti bilingui, indipendentemente dalla presenza della malattia. Questo conferma che il bilinguismo agisce come un vantaggio, potenziando le funzioni esecutive che la Sclerosi Multipla può compromettere.

Bilinguismo e disturbi del neurosviluppo: il legame con la balbuzie

Se i benefici cognitivi sono evidenti, il rapporto tra bilinguismo e altri disturbi è più articolato. La balbuzie è un disordine nel ritmo del parlato che l’Istituto Superiore di Sanità definisce un disturbo del neurosviluppo con una forte componente genetica. Il bilinguismo non causa la balbuzie, ma può agire come fattore scatenante in bambini già predisposti a causa del carico cognitivo aggiuntivo. Fenomeni come il code-mixing e il code-switching, sebbene naturali, possono aumentare lo sforzo di selezione lessicale in un bambino con predisposizione alla disfluenza, facendola emergere. È fondamentale ribadire che l’ansia è spesso una conseguenza della balbuzie, non la sua causa originaria.

Schizofrenia e bilinguismo: un’interazione da comprendere

La schizofrenia è una patologia psichiatrica complessa che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, affligge circa 1 persona su 300. Il linguaggio di una persona con schizofrenia può presentare anomalie come alogia e deragliamento. La relazione con il bilinguismo è delicata. Ricerche su pazienti bilingui hanno mostrato che la malattia non impedisce l’acquisizione di una seconda lingua, ma può renderla più “debole”. La gestione di due sistemi linguistici può rappresentare un aumento del carico cognitivo per un cervello già compromesso. Questo può manifestarsi con una maggiore difficoltà nel recupero delle parole e nella gestione della sintassi, specialmente nella L2.

Il bilinguismo e la salute del cervello: una sintesi

Condizione neurologica Effetto principale del bilinguismo
Demenza senile Effetto protettivo, ritarda l’insorgenza dei sintomi costruendo una “riserva cognitiva” attraverso la neuroplasticità
Sclerosi multipla Effetto di potenziamento, migliora le funzioni di controllo esecutivo (attenzione e monitoraggio) che possono essere compromesse dalla malattia
Balbuzie Fattore scatenante (non causale) in soggetti predisposti, a causa dell’aumentato carico cognitivo nella gestione di due lingue
Schizofrenia Aumento del carico cognitivo che può rendere più fragile l’uso della L2 e accentuare le difficoltà linguistiche tipiche della patologia

L’allenamento costante del cervello offerto dal bilinguismo è un potente strumento. Da un lato, costruisce una resilienza che aiuta a contrastare il declino cognitivo. Dall’altro, in presenza di specifiche vulnerabilità neurologiche, il suo carico gestionale può far emergere o interagire con problematiche preesistenti. Comprendere questa dualità è fondamentale per apprezzare appieno il profondo impatto delle lingue sulla nostra mente.

Autrici: Federica Loscalzo, Maria Virginia Di Paolo, Martina Napolitano

Fonte immagine: pixabay, Wikicommons, Wikipedia

Articolo aggiornato il: 07/09/2025

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