Ortoressia: il disturbo alimentare che ossessiona sul cibo sano
Con la parola ortoressia si indica un disturbo del comportamento alimentare (DCA) in costante crescita. L’attenzione a ciò che si mangia, certo, è importante, ma in alcuni casi può tramutarsi in una vera e propria ossessione: in questi casi si parla di ortoressia. Questa attenzione al cibo, diventata a tutti gli effetti una patologia, può causare gravi conseguenze e complicazioni. In questo modo, scegliere alimenti che siano sani e salutari si discosta dalla semplice volontà di tenere sotto controllo la propria salute e si trasforma in un chiodo fisso nei confronti del cibo, o meglio, di alcuni alimenti, valutati come non adeguati.
In Italia, secondo le stime del Ministero della Salute, sono oltre 3 milioni le persone che soffrono di disturbi alimentari e, in particolare, l’ortoressia riguarda soprattutto gli uomini. La percentuale di chi ne è affetto è in netta crescita: questo disturbo, sebbene non ancora inserito nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), è sempre più oggetto di studi e ricerche.
Cos’è l’ortoressia? Definizione e origini del disturbo
Il termine ortoressia, coniato da Steven Bratman e Knight nel 1997, descrive una condizione caratterizzata da un comportamento alimentare che segue l’ossessione patologica per un’alimentazione biologicamente pura. L’ortoressia indica quel particolare disturbo del comportamento alimentare di chi, nell’intento di seguire una dieta sana, compie scelte di tipo ossessivo, ottenendo un risultato opposto a quello desiderato.
I primi studi su questa ossessione alimentare: Bratman e Knight
Bratman, medico statunitense, fu il primo a identificare e descrivere questo disturbo, basandosi anche sulla propria esperienza personale. Insieme a David Knight, approfondì le caratteristiche di questa patologia, evidenziandone i fattori di rischio e le possibili conseguenze per la salute. La loro intuizione è stata fondamentale per porre l’attenzione su un fenomeno, allora sottovalutato, che oggi è uno dei problemi più discussi in tema di alimentazione.
Sintomi e comportamenti tipici dell’ortoressia
La persona con ortoressia elimina progressivamente una serie di alimenti considerati poco salutari, troppo calorici, grassi, ricchi in zuccheri. Proprio tale atteggiamento conduce a un ulteriore rischio; così facendo, si evitano anche i cibi “buoni”, quelli utili all’organismo. Spesso, alla base di questo disturbo, si trovano ansia, perfezionismo e un’eccessiva ricerca di controllo.
Selezione ossessiva del cibo: l’analisi di ingredienti, etichette e provenienza
Tra i comportamenti tipici, anche fare la spesa diventa complicato: ogni cibo viene attentamente selezionato, gli ingredienti sono analiticamente controllati. Si verifica in modo dettagliato la lavorazione, il confezionamento, le etichette e persino le modalità con le quali determinati alimenti vengono distribuiti in commercio. La ricerca della perfezione alimentare diventa totalizzante e invalidante, portando a trascurare altri aspetti della vita.
Eliminazione di gruppi alimentari: il rifiuto di carne rossa e latticini
Tra gli alimenti spesso eliminati ci sono la carne rossa e i latticini, reputati talvolta eticamente scorretti e non in linea con i principi di salubrità. Questa eliminazione, apparentemente virtuosa, può portare a gravi carenze nutrizionali. Una dieta bilanciata, invece, dovrebbe prevedere un’adeguata assunzione di tutti i nutrienti.
Le gravi conseguenze dell’ortoressia: isolamento e rischi per la salute
È chiaro che l’ortoressia, essendo una patologia ossessiva, necessita di cure specifiche, ma ammetterne la presenza non è semplice. Tale disturbo dell’alimentazione crea un circolo vizioso secondo il quale il soggetto che ne soffre crede di stare bene vivendo in solitudine, in modo tale da poter controllare in modo maniacale tutto ciò che decide di mangiare.
Ortoressia e isolamento sociale: l’impatto sulle relazioni
Non mangiando cose potenzialmente cancerogene o dannose per il proprio organismo, chi è interessato da ortoressia tende a evitare uscite in compagnia, per non mangiare cose che non rientrino nella propria sfera di “controllo”. Una delle conseguenze, oltre a quelle di natura prettamente fisiologica, è quindi l’isolamento. Si tratta di una delle conseguenze più evidenti.
Carenze nutrizionali e squilibri: i pericoli di una dieta restrittiva
Scegliendo in modo ossessivo il cibo di cui nutrirsi, eliminando anche ciò che in realtà serve all’organismo, si fa in modo che tali scelte prevalgano sui propri valori personali, morali, sulle relazioni sociali, lavorative e affettive, compromettendo talvolta gravemente il corretto funzionamento globale e il benessere dell’individuo. Si possono verificare carenze di vitamina B12, vitamina D, ferro e calcio, con conseguenze negative sulla salute fisica.
Ortoressia e anoressia: differenze, somiglianze e possibili connessioni
Ricordiamo che l’ortoressia non rientra nei disturbi di tipo mentale, pur essendo di tipo ossessivo e comportamentale, ma condivide alcuni aspetti con un’altra grave patologia, l’anoressia. Tra questi la tendenza alla perfezione, la sensazione di frustrazione e rabbia quando si trasgredisce alle “regole” autoimposte e la rigidità nei comportamenti. L’ortoressia, se non trattata in modo adeguato, può trasformarsi in un disturbo alimentare ancora più serio e sfociare in anoressia nervosa.
Come affrontare l’ortoressia: diagnosi e percorso di cura
La persona che soffre di ortoressia è tormentata da pensieri continui nei confronti del cibo. Spesso si associa a bassa autostima e a un’immagine corporea distorta.
Il ruolo della psicoterapia e del nutrizionista nel trattamento dell’ortoressia
Il disturbo può essere curato, ma ha bisogno di essere trattato con un lavoro congiunto tra psicoterapeuta e medico nutrizionista. Un percorso lungo che si basa anzitutto sulla consapevolezza; come detto precedentemente, il soggetto ortoressico non accetterà facilmente di soffrirne e quindi bisogna che ne prenda atto per curarlo efficacemente. La terapia cognitivo-comportamentale si è dimostrata efficace nel modificare i pensieri e i comportamenti compulsivi legati al cibo. Lavorando sulle emozioni si otterrà un certo grado di flessibilità mentale che porterà a comprendere il disturbo, elaborandolo e superandolo, per tornare a vivere in modo sereno il rapporto con il cibo e con gli altri.
Foto in evidenza: Pixabay