Tanto si può dire di una figura come quella di Roberto De Simone, ma ciò che maggiormente può connotare il suo “essere stato” è l’appellativo “maestro”: il Maestro Roberto De Simone ha intrapreso il viaggio più lungo, che non è banalmente quello della morte, ma quello che passo dopo passo si fa strada negli animi di coloro che sono stati suoi allievi, perché grande è stato il suo magistero umano e culturale.
Il dubbio del morire è atroce e, quando questa tragedia umana colpisce, una voce diventa silenzio, ma nella musica anche i silenzi sono parte essenziale dei ritmi, che ne sorreggono l’architettura. La voce del Maestro Roberto De Simone continua a echeggiare, a comunicare e finché, parafrasando Pasolini, esiste la comunicazione non esiste la morte. Egli è vivo nelle sue voci, voci recuperate dalla tradizione popolare, a tutto tondo: è vivo nelle tammorre di Montevergine e della Madonna di Castello, nel sogno di Zezolla e di Benino, nel segno di Giovanna d’Arco, nella voce di Basile e in quella di Eugenio Pragliola: nel suo linguaggio multiforme.
Enumerare i suoi lavori, meritevoli pur di maggiore attenzione, forse, sarebbe ora superfluo, in quanto si potrebbe ricadere nella banalità di consegnare la sua figura alla sterilità di pubblici intenti celebrativi; come anche ricordare le mancanze di una città contro la cui amministrazione si è sempre, e man mano più intensamente, scagliato potrebbe risultare fazioso; piuttosto, pare più onesto ricordare l’imperitura fedeltà che De Simone ha dimostrato alla propria terra (sarebbe riduttivo, in effetti, parlare di sola città), attraverso la ricerca delle sue voci più vere, provenienti da segni ancestrali tramandati secondo significanze multiformi sino ai giorni nostri. Una siffatta consapevolezza favorisce una lettura, un ascolto e una ricerca onesti della sua opera; una ricerca continua che deve insinuarsi tra le pieghe della storia, andare, cioè, al di là delle narrazioni ufficiali e ufficializzate. Si tratta di una direttrice di ricerca critica che il Maestro Roberto De Simone ha più volte propugnato allo scopo di svincolarla da ogni asservimento al potere e all’inerzia culturale. Un insegnamento vivo in chi lo ha udito dalla sua voce, vivido in chi avrà l’onestà di studiarlo: «Bisogna diffidare. Conoscere i vizi e le angolazioni della cultura ufficiale e prendere le distanze da tutto ciò che può costituire aspetto discutibile delle affermazioni storiche» (R. De Simone, Tra le pieghe della storia. Conversazioni con Alessandro Pagliara e Anita Pesce, immagini di Gennaro Valli fuoco, Roma, Scienze e Lettere, 2020, p. 174).
Roberto De Simone, Epitaffio: un’imperitura fedeltà
Ebbi modo di incontrare il Maestro De Simone per tramite di Gennaro Vallifuoco, suo storico collaboratore. Ciò che mi colpì profondamente era la varietà di testimonianze legate al mondo popolare, ancestrale, metastorico, che affollavano la sua dimora. Il Maestro era lì, al lungo tavolo: un sorriso leonardesco, occhi vivaci, tenue nel parlare. Vi furono diversi colloqui dettati dal piacere di ascoltare. Un pomeriggio, era l’inizio del 2018, mi domandò: «Conoscete Masters?». L’autore dell’Antologia di Spoon River, che avevo letto grazie allo studio di Pavese. Mi parlò dell’Antologia comparandola all’Ermafrodito del Panormita, opera di massima ironia e al contempo, per certi passi, di tenerezza. Mi consegnò questi versi di fedeltà all’imperitura memoria della voce che ispirò la sua voce; questi versi che si pubblicano, con la promessa che sarebbero stati divulgati, un giorno. Quel giorno è, purtroppo, arrivato. Il resto, Maestro, è scritto in più alte partiture.
EPITAFFIO
Nacqui nella Pignasecca di Napoli
tra banchi di pescivendoli
e carretti di frutta
aspirando l’odore del basilico
e delle verdi alghe marine
Già predisposto ai suoni
fui educato nel Conservatorio di Pergolesi
di Paisiello e di Bellini
né mi rammaricai
che non fosse stato Bach
a correggere i primi esercizi
di armonia e contrappunto
Non indossai mai camicia nera o rossa
né mai confessai i miei peccati a un prete
pur consapevole che non ha Dio
agenzie di riscossione fiscale
qui sulla terra
e sotto le cupole celesti
Quando ascoltai divina
la voce della Sirena antica
ne fui spolpato dei miei tasti bianchi e neri
sugli scogli alti di Posillipo
Passeggero che passi tra i fogli
di queste foglie
pronuncia un nome
perché nulla ebbi di più caro al mondo
del suono di una voce
Roberto De Simone
Napoli, 25 agosto 1933 – Napoli, 6 aprile 2025
Immagine di copertina: Roberto De Simone e Odette Nicoletti, foto di Augusto De Luca (fonte wikipedia).