Un racconto di guerra e memoria che conquista la critica e il pubblico. Rainbow di Francesco Rivieccio trionfa alla finale della tredicesima edizione del Roma Fringe Festival, aggiudicandosi tre premi tra cui quello di Miglior Spettacolo.
Una serata intensa, tra storie di dolore, ironia e resistenza, in un festival che conferma la sua natura radicale e indipendente.
Sul palco, la frangia più viva del teatro contemporaneo.
“È un monologo, ma dietro di me ci sono tante persone che mi supportano…È un’emozione indescrivibile, non riesco più neanche a coniugare i verbi”.
Con voce tremante e mani che faticano a reggere l’emozione, Francesco Rivieccio ha ricevuto il premio Miglior Spettacolo alla finale del Roma Fringe Festival 2025 per il suo intensissimo Rainbow, opera che ha saputo raccontare con delicatezza e impatto la Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta senza comprenderla fino in fondo.
Accolto da una giuria unanime e da una platea toccata nel profondo, lo spettacolo ha conquistato anche il Premio della Critica e il prestigioso Premio Alessandro Fersen per la ricerca e l’innovazione. Tre riconoscimenti che hanno consacrato Rainbow come simbolo dell’edizione e come testimonianza di un teatro che, ancora una volta, può ferire e curare con la stessa forza.
Finale del Roma Fringe Festival 2025: una frangia che tiene viva la scena indipendente
Giunto alla 13ª edizione, il Roma Fringe Festival è da sempre il cuore pulsante del teatro indipendente italiano. Fondato nel 2012 e diretto da Fabio Galadini, vive esclusivamente dell’energia e dell’impegno delle compagnie, degli operatori culturali e dei teatri che aderiscono al progetto.
Il termine Fringe, come ha ricordato con ironia e passione Marco Zordan durante la cerimonia finale del Roma Fringe Festival, significa “margine” e anche libertà creativa, indipendenza produttiva e divergenza estetica. Un luogo dove il teatro torna ad essere “forma d’urgenza” e non semplice decorazione.
In questo spirito, ogni spettacolo selezionato rappresenta una scommessa sul presente e sul futuro della scena. Questo concetto si è respirato per tutte le serate ed è stato il fil rouge di tutti gli spettacoli che si sono succeduti.
Zona Indipendente: il circuito che fa vivere gli spettacoli
Dal 2019, il premio principale del Roma Fringe Festival è il valore: il miglior spettacolo vince una tournée di 12 repliche nei teatri della rete Zona Indipendente, una costellazione di sale sparsa in tutta Italia da Bari a Catania, da Verona a Firenze, che scelgono di ospitare e sostenere il teatro emergente.
Questa rete decreta anche i premi di categoria, valutando tutte le opere in concorso. I tre spettacoli con il punteggio più alto hanno avuto accesso alla serata finale, giudicata da una seconda giuria composta da personalità della scena teatrale italiana, tra cui Manuela Kustermann, Giancarlo Fares, Valentino Orfeo, Raffaella Azim, Pierpaolo Sepe e Pasquale Pesce della Fondazione Fersen.
Le tre opere finaliste
Hanno animato il palco della serata finale della tredicesima edizione del Roma Fringe Festival 2025 opere che hanno ottenuto alti punteggi alle valutazioni degli esperti:
Tanto Ormai
La luce di una torcia puntata su un quadro traballante sulla parete immaginaria di una stanza; un quadro minacciato da suoni di spari e bombe. Dall’altra parte della parete, due finestre attraverso cui vedere ciò che sta accadendo nel mondo. Due finestre che proiettano il buio. È fatto di questo, la paura di tre amici, che si sono rifugiati nell’appartamento di uno del gruppo. All’interno di una stanza vivono il terrore, la speranza, le tentate riflessioni sul senso della vita e il corso degli eventi.
Così, sospesi in una nube fatta di indecisione e tensione, mentre dall’esterno si avvicina una nube fatta di polvere da sparo. La guerra che non fa sconti. Anche il fruscio della radio, sempre più flebile, lo annuncia: siamo in dieci, servono medicine; ora siamo in otto. Ora in quattro.
E mentre il rimbombo lascia man mano spazio agli spari secchi, il dialogo dei tre amici si infittisce, resta intrappolato tra l’ieri, l’oggi e il domani, in una fitta rete fatta di allucinazioni e inquietanti sprazzi di lucidità.
La spaventosa energia della morte e l’impotenza umana si contendono la scena. Chi ha il passo più pesante? La consapevolezza dei limiti è un pretesto per la rassegnazione o la logica conclusione di un’attesa afinalistica?
Con Damiano Lepri, Luca di Sessa, Jacopo Dragonetti e la regia di Adriano Gardumi, un’opera che parla con i ricami vertiginosi delle parole (performance superba degli artisti), ma soprattutto con la paura, rendendo perfettamente l’idea di cosa si prova a vivere intrappolati con la guerra fuori e dentro di sé.
Venire Meno
Il lavoro proposto da Associazione Calpurnia (Spin Time Labs) è spiazzante, disarmante, ma divertente. La domanda arriva a ciel (quasi) sereno: “Voi avete mai finto l’orgasmo?”
Venire Meno porta sul palco del Roma Fringe Festival 2025 un dialogo ironico ma pungente sulla finzione che riguarda il piacere femminile. Un discorso che spesso non viene affrontato neanche tra amiche, per pudore o pressioni sociali intergenerazionali. Ma per Camilla è diverso: lei ha tre amiche che le insegnano a fingere l’orgasmo per compiacere il partner. Un divano, qualche cucchiaio di Nutella e la condivisione di performance degne di un oscar. È così che la ragazza si prepara all’incontro col suo Luca, che a momenti sarà da lei per una notte d’amore. Imparare i movimenti, le contrazioni, le espressioni; imparare il gioco della finzione che culturalmente accompagna l’universo femminile e aiuta le donne a non soccombere. Lo strambo allenamento è intervallato dalle testimonianze dirette delle donne, che raccontano il loro approccio al sesso, al piacere e al compiacimento del partner. Storie di vita accomunate da un filo spesso ma invisibile: quanto di noi c’è nel nostro piacere, nel nostro sorriso, nella nostra mimica? Quanto di autentico?
Camilla è combattuta tra le sue istanze, come ogni donna e da lì, dal suo divano, prende per mano ogni altra compagna che, intimamente, è afflitta dagli stessi dubbi.
Rainbow
Francesco Rivieccio vede l’arcobaleno o, meglio, lo porta sul palco del Roma Fringe Festival 2025. Un arcobaleno che però si intravede da lontano, sembra bello, luminoso, ma poi si opacizza subito, sotto il peso delle parole. Sono le parole di un ricordo, che a tratti diventa un flusso che ingloba, fagocita porta nelle profondità degli abissi da cui non vi è ritorno. Forse.
Perché, in fondo, cosa ne sa un ragazzo di 17 anni della guerra? Lui, che corre dietro a un pallone, quel giorno, quando la partita sta andando finalmente per il verso giusto. Cosa può saperne, anche quando finisce in un sottomarino a trasportare armi da una parte all’altra della costa?
La storia è il flusso di memoria di un nonno che condivide col nipotino un pezzo della sua vita che, agli occhi di un bambino, può sembrare poco più di un’avventura. Un bambino che non comprende cosa possa voler dire la perdita dell’innocenza, perché ormai è un concetto d’altri tempi.
Attraverso le parole di Rivieccio si svolgono i retroscena della Seconda Guerra Mondiale, quella parte in ombra, che riguarda la vita del singolo e la sua lotta per la sopravvivenza. Che effetto ha lasciato la Guerra sulle persone comuni, su chi ha avuto la fortuna di sopravvivere? Come le ha trasformate? Quali orrori hanno dovuto sopportare gli occhi e le mani di chi, ora sotto la neve, ora sotto il sole, è stato vittima ultima e diretta dei conflitti tra i popoli?
La narrazione del pezzo è forte, coinvolgente; il volume dell’empatia raggiunge i picchi del contagio emotivo. Ed è così che, cullati dal ritmo della voce che racconta, lo spettatore si ritrova ora lì, assetato in mezzo a quella neve, ora a raccogliere bucce di patate per sfamare donne e bambini in attesa di pietà.
Doloroso e fluido, il racconto spacca la mente e il cuore. “Basta, troppo orrore per le orecchie, troppo strazio da immaginare sulle spalle di una persona”, verrebbe da dire. Ma basta un mezzo respiro ristoratore per pregare, invece: “Racconta ancora, racconta un altro episodio, dai. E poi cosa è successo, come ne sei uscito?”, esattamente come farebbe un bambino con l’amato nonno.
Perché, in realtà, lo spettatore è lì in attesa di vedere davvero quell’arcobaleno e tutto è nelle mani del sapiente narratore.
Finale del Roma Fringe Festival: gli altri premi della serata
Oltre al trionfo di Rainbow, la serata ha visto l’assegnazione dei premi di categoria.
Miglior Regia: TANTO ORMAI – Adriano Gardumi
Miglior Drammaturgia: Cowboys – riscrittura da Sam Shepard con temi ambientali
Miglior Attrice: Manuela Fischietti (che ha dedicato il premio “a tutti gli sfigati”)
Miglior Attore: Vincenzo Ricca (che ha ringraziato “le mamme e i bambini dei quartieri”)
Premio speciale Off: Ludopazza, per l’attenzione a temi marginali ma fondamentali
Premio Spirito Fringe: AzZIONE IMMEDIATA, per la coerenza e la visione indipendente.
Il teatro indipendente come spazio di rigenerazione
Il Roma Fringe Festival 2025 ha confermato, anche quest’anno, il valore di un teatro libero, scomodo, necessario. Un teatro che si fa margine per osservare meglio il centro. Che non rincorre il consenso, ma cerca il confronto. Che vive grazie alla fiducia di chi ci crede e alla voglia di raccontare storie che non entrerebbero mai nel circuito mainstream.
Come ha ricordato Galadini in apertura:
“Il Fringe romano resta uno spazio libero, radicale, vitale […] che vive grazie all’energia di chi crede nel teatro come forma d’urgenza e non di decorazione”.
Ed è forse proprio questo l’arcobaleno più bello: quello che attraversa le parole, i corpi e le scene, lasciando il segno.
Fonte immagini: fornite da Ufficio Stampa © Piero Tauro