Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore: la mostra ai Musei di Villa Torlonia, Roma

Mario Mafai e Antonietta Raphaël

Dal 23 maggio al 2 novembre 2025, al Casino dei Principi di Villa Torlonia, apre al pubblico la mostra Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore, che a cinquant’anni dalla scomparsa di Antonietta Raphaël e a sessanta da quella di Mario Mafai, propone una nuova riflessione sui due artisti considerati tra i protagonisti delle vicende artistiche del Novecento. Si potranno ammirare oltre 100 opere, di cui alcune inedite e altre raramente esposte, tra dipinti, sculture e disegni, provenienti da importanti istituzioni italiane e collezioni private.

L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è ideata dal Centro Studi Mafai Raphaël e curata da Valerio Rivosecchi e da Serena De Dominicis, con l’organizzazione e i servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

«Questa mostra ha tre grandi novità. La prima è il lavoro ricostruttivo fatto da Sara Scalia (figlia di Miriam Mafai e nipote dei protagonisti della mostra, ndr) delle lettere, delle fotografie, dei documenti, del rapporto tra questi due grandi artisti. E una sala è dedicata a questo. L’altro tema, a mio parere molto importante, e che per la prima volta viene messo così in luce in una mostra, è quello della musica. La musica, a cui è dedicata proprio una sala della mostra, è come se fosse un territorio “neutro”. […] Attorno a un pianoforte, attorno alla musica, si è unita una famiglia. L’altra cosa è che, grazie al lavoro del Centro Studi Mafai Raphaël, vedrete delle opere assolutamente inedite»: ha dichiarato Federica Pirani, Direttrice della Direzione Patrimonio artistico delle ville storiche della Sovrintendenza Capitolina, in occasione della conferenza stampa tenutasi il 21 maggio all’interno del salone del Casino Nobile di Villa Torlonia.

Dai tardi anni Venti, caratterizzati dall’intensità espressiva culminata nel sodalizio definito da Roberto Longhi come «la Scuola di via Cavour», Mario e Antonietta seguono percorsi paralleli ma spesso anche divergenti, fortemente condizionati dalla realtà storica. Mario viene presto considerato un maestro indiscusso, un punto di riferimento per l’ambiente artistico romano, mantenendo il suo prestigio anche negli anni faticosi del dopoguerra. Serie pittoriche come i Fiori secchi, le Demolizioni, le Fantasie rappresentano fin dalla loro prima apparizione il volto più autentico e antiretorico della cultura italiana.

Ben diversa la sorte di Antonietta, lituana di origini ebraiche, esposta a pregiudizi di genere, costretta ad allontanarsi da Roma negli anni delle leggi razziali e della guerra, vivrà lunghi periodi di ricerca solitaria. La scoperta del suo talento avverrà solo a partire dagli anni Cinquanta, con riconoscimenti via via più ampi rispetto al suo ruolo nella definizione di una linea antinovecentesca, della sua originale opera scultorea e dell’ultima accesa e felice stagione pittorica negli anni Sessanta.

Mario Mafai, Lezioni di piano, 1934
Mario Mafai, Lezioni di piano, 1934 – Ufficio Stampa

Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore racconta una vicenda insieme artistica, intellettuale e sentimentale, basata sulle differenze ma anche su una trama sottile di scambi, idee e passioni comuni, in grado di trasformare in poesia ogni evento della realtà vissuta. Le oltre 100 opere presentate, di cui alcune inedite e altre raramente esposte, si snodano sui due piani del Casino dei Principi lungo un percorso scandito in sette sezioni tematiche per offrire una panoramica sull’opera di entrambi gli artisti e un confronto a evidenziarne le feconde differenze.

Non a caso, il titolo Un’altra forma di amore è ispirato ad alcuni versi di una lettera scritta da Mario Mafai per Antonietta Raphaël: «Quando tu mi dici che non puoi amare di più che il tuo lavoro, io ne potrei essere geloso, ma ti capisco e allora si è formata un’altra forma di amore che è piena di armonia venata da sottili nostalgie e che ha qualche cosa di sublime» (Mario Mafai, lettera da Roma a Genova, 14.03.1942).

Il percorso espositivo comprende opere pittoriche e scultoree provenienti, oltre che dalle collezioni della Sovrintendenza Capitolina, anche dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dai Musei Civici Fiorentini, dalle collezioni d’arte della Camera dei Deputati e della Banca d’Italia, da numerose collezioni private e dalle collezioni degli eredi dei due artisti, con la presenza anche di una rara e selezionata documentazione originale formata da lettere, disegni, fotografie, provenienti dagli archivi di famiglia, dal Centro Studi Mafai Raphaël, dal Gabinetto Vieusseux di Firenze e dall’Archivio della Scuola Romana di Sovrintendenza.

La mostra è organizzata anche grazie alla collaborazione di Collezione Augusto e Francesca Giovanardi e Collezione Giuseppe Iannaccone di Milano, e del Civico Museo Maria Maddalena Rossi di Codevilla (PV).

Mario Mafai e Antonietta Raphaël: le biografie 

Ultima figlia del rabbino Simon e di Chaya Horowitz, Antonietta Raphaël nasce a Kaunas (Lituania) il 29 luglio 1895, anno che l’artista ritocca più volte sui documenti. Anche il suo nome è incerto: durante l’infanzia era chiamata Nicomola, probabilmente una forma abbreviata dell’ebraico Nechamà («Consolazione»). Trasferitasi a Londra, adotta il nome Antoinette, poi reso più conforme all’italiano. Quanto al cognome, talvolta viene riportato nella versione de-anglicizzata Raffael o seguito dal patronimico De Simon.

Intorno al 1905 lascia la Lituania con la madre per raggiungere i fratelli a Londra dove si dedica al teatro e alla musica, vende ricami e insegna solfeggio per mantenersi. Nel 1915 si diploma in pianoforte alla Royal Academy. Frequenta l’ambiente cosmopolita dell’East End, tra letterati e artisti come Salomon Asch, Isaac Rosenberg, Ossip Zadkine e Jacob Epstein. Alla morte della madre, nel 1924, parte per un viaggio che, via Parigi, la porta in Italia. A Roma si iscrive alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia dove incontra Mario Mafai, a cui si lega sentimentalmente e da cui avrà tre figlie. Alla fine del ‘27 si trasferiscono nell’appartamento il cui indirizzo ispira a Roberto Longhi la definizione Scuola di via Cavour.

L’esordio come pittrice avviene nell’ambito della Prima Sindacale del ‘29, proprio con una veduta dalla terrazza della casa-studio. Nel giugno dello stesso anno partecipa con diciotto dipinti e quattro disegni alla collettiva Otto pittrici e scultrici romane alla Camerata degli artisti. All’inizio del 1930 parte con Mario per Parigi. Comincia a maturare la scelta di dedicarsi alla scultura, frequenta una scuola serale, ma la sua formazione è essenzialmente autodidatta. Seguono tre anni intensi in cui viaggia da sola tra Parigi e Londra, dove prende uno studio e riallaccia i contatti con lo scultore Jacob Epstein. Nel 1933, al rientro a Roma, la famiglia va a vivere alla Pensione Salus gestita dalla madre di Mafai e il 20 luglio 1935 Antonietta sposa Mario. Lavora spesso nello studio dell’amico Ettore Colla a Castro Pretorio, e l’anno successivo esordisce come scultrice alla VI Mostra del Sindacato Fascista Belle Arti del Lazio.

Le leggi razziali promulgate nel 1938 la costringono a rifugiarsi prima presso Forte dei Marmi, poi a Genova Quarto con l’aiuto degli amici e collezionisti Emilio Jesi e Alberto Della Ragione. Sono anni di intenso lavoro nei quali nascono alcune delle sue sculture più importanti. Alla fine della guerra torna a Roma e ottiene uno spazio all’Accademia di Belle Arti grazie a Mino Maccari, ma nel giro di un paio d’anni è di nuovo a Genova. Si stabilirà definitivamente a Roma solo nel 1953. Partecipa a varie edizioni della Quadriennale e della Biennale di Venezia, e negli anni ‘50 arrivano i primi veri riconoscimenti. È un periodo denso di mostre e di viaggi, in Sicilia, poi in Cina nel 1956, con una delegazione di artisti italiani; l’anno successivo in Spagna.

Nel 1960 l’Editore Luigi De Luca ne pubblica la prima monografia e il Centro Culturale Olivetti di Ivrea le dedica una antologica. Prima del 1970 porta a termine la fusione in bronzo di tutta la sua produzione plastica. Instancabile, si dedica alla litografia e al disegno. Si spegne a Roma il 5 settembre 1975.

Antonietta Raphael, Mario nello studio Omaggio a Mafai, 1966
Antonietta Raphael, Mario nello studio Omaggio a Mafai, 1966 – Ufficio Stampa

Mario Mafai nasce a Roma il 12 febbraio 1902 da Eleonora De Blasis e da padre ignoto. Viene registrato all’anagrafe con il cognome d’invenzione Mafai. Vivono nella piccola pensione gestita dalla madre in via Ripetta. Successivamente verrà adottato dal compagno della madre Mario Volpe, ma il cognome Mafai verrà anteposto a quello del padre. Nel 1922 abbandona gli studi intrapresi al Liceo Scientifico, inizia ad appassionarsi alla pittura e si iscrive alla Scuola di Arti Ornamentali di via di San Giacomo dove, nel 1924, stringe amicizia con il pittore Gino Bonichi (Scipione) e verso la fine dell’anno incontra Antonietta Raphaël, appena arrivata a Roma dopo una avventurosa giovinezza trascorsa a Londra e Parigi.

Importante per la sua formazione è la frequentazione assidua della Biblioteca di Storia dell’Arte di Palazzo Venezia. Si consolida il rapporto con Raphaël, dalla quale avrà tre figlie, Miriam (1926), Simona (1928) e Giulia (1930). Nel 1927 Mario e Antonietta vanno ad abitare nella casa-studio in via Cavour frequentata da Scipione, Renato Marino Mazzacurati e amicizie dell’ambiente letterario (Ungaretti, De Libero, Falqui, Sinisgalli). Grazie all’appoggio di Cipriano Efisio Oppo, i giovani pittori iniziano a esporre e a ricevere le prime segnalazioni critiche.

Nel 1930 trascorre alcuni mesi a Parigi con Antonietta; in novembre la Galleria di Roma ospita la prima importante mostra, in coppia con Scipione. Con l’aggravarsi della malattia di Scipione il sodalizio di via Cavour può dirsi concluso, e anche la sua pittura si avvia verso una nuova fase, segnata da un rinnovato interesse per la luce e la composizione. Nel 1931 espone alla I Quadriennale, nel 1932 per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel 1935 la II Quadriennale accoglie una personale con 29 dipinti, che ottiene un premio.

Alla personale presso la Galleria della Cometa (1937) espone alcune Demolizioni. Alla Biennale di Venezia del ‘38 divide una sala con Alberto Ziveri. Nel clima sempre più teso che precede la guerra si trasferisce con la famiglia presso Forte dei Marmi e poi a Genova Quarto, per sottrarre Antonietta alle discriminazioni razziali. Incontra frequentemente Manzù, Guttuso e Birolli. Nel settembre 1939 è richiamato come riservista e assegnato di stanza a Macerata, ma sono frequenti i soggiorni a Roma e Genova, mentre la sua attività espositiva prosegue intensa: alla seconda mostra milanese di Corrente (1939) e in una personale all’Arcobaleno di Venezia espone le prime Fantasie. Nel 1940 tiene una personale alla Galleria Barbaroux di Milano e vince il Premio Bergamo con Modelli nello studio. Nel 1941 espone a Genova con Marino Marini.

Dopo la liberazione di Roma partecipa alla mostra Arte contro la barbarie, promossa dal quotidiano L’Unità e nel dopoguerra, con altri artisti, dà vita alla Libera Associazione delle Arti Figurative. La Biennale di Venezia del 1948 ospita una sua personale con opere dal 1938 al ‘47; seguono le altre importanti mostre, allo Studio d’Arte Palma (1951) e alla Galleria La Tartaruga (1955). Nel 1956, in seguito ai fatti d’Ungheria, lascia il Partito Comunista Italiano, cui aveva aderito nel 1942 a Genova, in piena clandestinità. La seconda personale alla Galleria La Tartaruga (1957) apre una nuova fase di ricerca orientata all’astrazione. Muore a Roma il 31 marzo 1965.

Le sezioni della mostra

La prima sezione, La Scuola di via Cavour, inquadra i primi anni, decisivi, dell’incontro di Mario, Antonietta e Scipione (Gino Bonichi), il cambio di passo determinato in gran parte dall’azione di stimolo culturale e pittorico svolto dalla Raphaël, i primi successi. Accanto a quelle di Mario Mafai e Antonietta Raphaël sono esposte anche due opere di Scipione.

La sala delle vedute al piano terra accoglie sculture di Antonietta, compresi alcuni inediti di recente ritrovamento, evidenziando il nodo tematico offerto dal rapporto tra femminile, maternità/creazione e fuga, con incursioni nel mito. Tra le opere in mostra anche lAngoscia n.2 (1936-1963) – qui esposta per la prima volta – risultato della laboriosa traduzione in pietra porfirica di un gesso del 1936.

Ancora al piano terra, la sezione Intermezzo musicale presenta alcune opere a testimonianza della passione condivisa da Antonietta e Mario per la musica, che ritorna in varie opere, come ad esempio, i dipinti Natura morta con chitarra (1928) e La lezione di piano (1934).

A seguire, la sezione Una silenziosa sfida mette l’accento sul confronto tra Mafai e Raphaël e su come i due, pur condividendo alcuni temi – disegni, ritratti e autoritratti, nudi e nature morte – seguissero poi strade volutamente divergenti, risolvendo gli stessi temi con soluzioni formali distanti. Tra i ritratti anche l’inedito Ritratto di Simona, dipinto da Mario nel 1932 e qui esposto per la prima volta. All’interno della stessa sezione, un video propone interviste e documentari sui due artisti.

La sala centrale del primo piano è dedicata a Mario Mafai. Il filo conduttore è la metamorfosi, concetto esemplificato nello slittamento dal figurativo all’astratto attraverso alcuni tra i principali passaggi stilistici della maturità, dalla fase tonale, piena di incanto e malinconia, dei primi anni Trenta, alla vena espressionista delle Fantasie, al momento realista dei Mercati del Dopoguerra, fino alle ricerche astratte e informali degli ultimi anni.

Il percorso espositivo prosegue con la sezione Antonietta Raphaël. Un viaggio nell’identità e oltre, riservata a sculture e dipinti di Antonietta che veicolano la complessa identità dell’artista alla cui formazione contribuirono molti fattori culturali, in particolare la cultura ebraica, una esistenza “nomade”, i viaggi in Sicilia, Spagna e Cina.

Infine, nell’ultima saletta, a chiudere l’itinerario aperto dal grande Ritratto di Antonietta nello studio di scultura (1934) di Mafai, un solo quadro di Raphaël, Mario nello studio (Omaggio a Mafai) del 1966, racchiude tutta l’energia di una vita passata a sfidarsi e amarsi. Nello stesso spazio, una selezione di lettere autografe – frutto di una ricerca a cura di Sara Scalia, nipote degli artisti – e materiali fotografici restituiscono la vicenda umana e artistica di Mario Mafai e Antonietta Raphaël.

La mostra è accompagnata dal catalogo edito da De Luca Editori d’Arte.

INFO

Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore

Villa Torlonia – Casino dei Principi
Via Nomentana 70, 00161 Roma
23 maggio – 2 novembre 2025

Da martedì a domenica ore 9:00 – 19:00.  Ultimo ingresso ore 18:00.
Ingresso con biglietto gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente e per i possessori della “MIC Card”
Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)

www.museivillatorlonia.it

Fonte immagine in evidenza articolo Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore: la mostra ai Musei di Villa Torlonia, Roma: Ufficio Stampa 

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