World Press Photo 2024: la mostra a Palazzo Esposizioni

World Press Photo 2024: la mostra a Palazzo Esposizioni

Dal 9 maggio al 9 giugno è in programma al Palazzo Esposizioni di Roma la mostra World Press Photo 2024, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura e dall’Azienda Speciale Palaexpo.

Fondato nel 1955 dalla World Press Photo Foundation, il World Press Photo è oggi uno dei concorsi più prestigiosi al mondo nel campo della fotografia e premia, ogni anno, il meglio del fotogiornalismo; la World Press Photo Exhibition, che ogni anno tocca le principali capitali del mondo, non è soltanto un’esposizione delle foto finaliste del concorso internazionale, ma un racconto per immagini degli eventi più salienti dell’anno, delle storie più interessanti e delle tematiche più calde. Fino al 9 giugno le foto vincitrici dell’edizione 2024 saranno esposte al Palazzo Esposizioni a Roma.

The World Press Photo 2024: alcuni progetti

Tre bambini afghani guardano una mela. Le loro espressioni sono un climax di stupore e voglia, di intensità diversa a seconda della loro età. Nell’ultimo, quello a destra, lo sguardo ha in sé rabbia, rassegnazione e una fame che sa di non essere giusta.

La foto è di Ebrahim Noroozi, che nei suoi scatti si concentra sulle persone per raccontare un Afghanistan che vive al di sotto della soglia di povertà, privato anche degli aiuti dall’estero. Afghanistan al confine è il titolo del suo progetto selezionato dal World Press Photo e realizzato per la Associated Press.

Eddie e Carolina sono i genitori di Valentina, quattro anni. Il padre ha in mano una bambola, sulle spalle uno zaino che con grande probabilità contiene il necessario a trasferire tre vite, negli occhi tanta paura e malcelata rabbia. Si stanno nascondendo dalle autorità messicane che vogliono impedire loro di varcare il confine. Per fortuna, in questa traversata di fortuna e speranza, Ruben Soto ha conosciuto Rosa Bello; si sono innamorati a bordo della Bestia, il treno merci che da anni trasporta i migranti a El Paso.

Con questo progetto fotografico, I due muri, avviato nel 2018 il fotografo venezuelano Alejandro Cegarra ha conquistato il premio World Press Photo Long-Term Project, per aver «documentato la situazione di queste comunità di migranti profondamente vulnerabili e aver messo in luce, con rispetto e sensibilità, la loro resilienza».

Zied Ben Romdhane, membro socio della Magnum Photos, invece ha prestato il suo obiettivo ai giovani tunisini, alle loro speranze all’indomani della rivoluzione del 2011 e ai timori di restare invisibili in una società ferita da crisi e instabilità. Evasione è il nome del progetto di questo artista tunisino, che dei suoi soggetti mette in primo piano gli sguardi, gli abbracci, le mani con cui si stringono a vicenda.

La guerra intima è uno dei più originali tra i lavori del World Press Photo 2024 e porta la firma di Julia Kochetova, vincitrice del World Press Photo Open Format Award. La Kochetova racconta la guerra in Ucraina dalla prospettiva di chi la vive nel quotidiano, accompagnando le foto – che giocano molto sulle sfumature e sui contrasti cromatici – con didascalie che imitano le conversazioni virtuali. «One day we will sit in the kitchen and I hope I have someone to talk and you will come back alive. I hope we will chat. I hope and I love you» scrive qualcuno, mentre un soldato respira a fatica con un’espressione di dolore sul volto; in un secondo scatto, un soldato si mimetizza tra i fiori alti di un arbusto, mentre in un altro ancora un medico controlla le sacche della flebo di un paziente. I lavori qui esposti si inseriscono in un più ampio progetto che interseca differenti forme di espressione, dalla fotografia alla poesia, dalla musica al video. Fotogiornalismo e stile documentaristico, insieme, offrono una prospettiva inusuale sul conflitto che riporta al centro le persone, con le loro microstorie, travolte sempre dal rumore più forte della guerra che si fa sul campo.

Menzione d’onore per Arlette Bashizi che ha lavorato al progetto Sopravvissute su incarico del The Wasington Post per dare voce alle persone vittime della violenza di genere durante la guerra del Tigrè del 2020 e alle donne che, a causa dei pregiudizi sociali, sono private di ogni forma di tutela e di supporto, in isolamento, ai margini. La foto più rappresentativa ritrae una donna che si copre il volto con un mazzo di fiori rossi.

Sopravvissute
© Arlette Bashizi, per The Washington Post
Sopravvissute © Arlette Bashizi, per The Washington Post

 

La foto dell’anno

Al centro della parete più nascosta, senza altre foto intorno, c’è la World Press Photo of the year del palestinese Mohammed Salem. Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote, questo il titolo della foto, è una sorta di contemporanea Pietà michelangiolesca in cui il Cristo sacrificato è una bambina di 5 anni, uccisa da un missile israeliano che ha colpito la sua casa a Khan Younis, Gaza.

Nessuno sguardo nella foto, non si intravede nemmeno un volto. Soltanto due corpi, una donna e sua nipote, uno piegato sull’altro quasi a chiedere scusa, quasi a soffocare in un ultimo abbraccio un dolore inesprimibile.

Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote
© Mohammed Salem, Palestine, Reuters
Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote © Mohammed Salem, Palestine, Reuters

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagini fornite dall’Ufficio stampa

A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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