Antropologia forense: cos’è, strumenti e tecniche

Antropologia forense e casi giudiziari

Se siete appassionati di criminologia e fan accaniti della serie TV Bones, andata in onda in Italia dal 2006 al 2017, allora saprete già che l’antropologia forense può avere un ruolo determinante nel risolvere casi giudiziari. Come talvolta accade, quello che si vede sullo schermo ha un solido fondo di verità e questa disciplina è oggi uno strumento fondamentale per la giustizia.

Dalla serie TV “Bones” alla realtà: l’antropologia forense nella cultura popolare

La serie Bones si concentra sul lavoro della protagonista, la dottoressa Temperance “Bones” Brennan, interpretata da Emily Deschanel, la quale svolge la professione di antropologa forense al Jeffersonian, finto istituto di ricerca basato sullo Smithsonian, complesso di ricerca la cui sede principale è a Washington. Nel primo episodio della prima stagione, si nota come Brennan riesca a comprendere il sesso della vittima, la sua età e lo sport che praticava tramite una breve osservazione del suo scheletro. Grazie alle sue eccezionali abilità, viene contattata dall’FBI per collaborare nella risoluzione dei crimini. Grazie a questa serie, gli spettatori hanno potuto familiarizzare con il concetto di antropologia forense e il suo legame con i casi giudiziari già dai primi anni Duemila.

Cos’è l’antropologia forense: una definizione chiara

Antropologia forense e casi giudiziari sono alleati anche nella realtà. Innanzitutto, è necessario dare una definizione dell’antropologia forense. Si tratta di un’applicazione dell’antropologia fisica (che studia l’evoluzione biologica umana) e della medicina legale, che utilizza le conoscenze mediche nell’ambito del diritto. Il suo scopo principale è l’analisi di resti umani, per lo più scheletrizzati o in avanzato stato di decomposizione, per ottenere informazioni utili all’identificazione della persona e alla determinazione delle cause e circostanze della morte. Permette di identificare resti scheletrici, risalire alle cause del decesso, determinare l’epoca della morte e, a volte, anche di ritrovare il luogo in cui è stato occultato un cadavere.

Cosa fa un antropologo forense: dal recupero al profilo biologico

Il lavoro dell’antropologo forense inizia sulla scena del crimine, con il corretto recupero dei resti, e termina in laboratorio. Qui, attraverso l’analisi delle ossa, l’esperto risponde a domande fondamentali per l’indagine, costruendo il cosiddetto profilo biologico post-mortem:

  • Specie: i resti sono umani?
  • Numero minimo di individui (NMI): a quante persone appartengono le ossa?
  • Sesso: si tratta di un maschio o di una femmina? (analisi del bacino e del cranio).
  • Età alla morte: quanti anni aveva la persona? (analisi della dentizione, delle suture craniche e dello stato di ossificazione).
  • Stima della statura: quanto era alta la vittima? (misurazione delle ossa lunghe).
  • Gruppo etnico di appartenenza: quali sono le possibili origini ancestrali?
  • Caratteri individualizzanti: la persona aveva vecchie fratture, patologie ossee o protesi che possono aiutare nell’identificazione?
  • Analisi dei traumi: sulle ossa sono presenti segni di lesioni (da corpo contundente, da taglio, da proiettile) che possono indicare la causa della morte?
  • Epoca della morte (IPM): da quanto tempo è avvenuto il decesso?

Questo lavoro è reso molto difficile da agenti esterni quali acqua, sbalzi di temperatura e umidità che possono alterare i resti. In aggiunta, questa disciplina può essere adatta anche ad individuare soggetti ancora in vita, ad esempio tramite l’analisi molecolare per determinare il grado di parentela, utile nei casi di rapimento.

Strumenti e tecniche dell’antropologo forense

Per condurre le sue analisi, l’antropologo forense si avvale di strumenti sia sul campo che in laboratorio. Sul luogo del ritrovamento sono essenziali GPS e attrezzature fotografiche, mentre in laboratorio si utilizzano strumenti più sofisticati come:

  • Laser scanner 3D: per creare modelli digitali accurati dei reperti.
  • Spettrometro di massa: per analisi chimiche sulle ossa.
  • Microscopio: per osservare microtracce o lesioni.
  • Software di ricostruzione facciale: per tentare di dare un volto ai resti.

Data la crescente importanza di questa disciplina, negli ultimi anni sono stati pubblicati sempre più testi specialistici che approfondiscono il rapporto tra antropologia forense e casi giudiziari, con l’aggiunta dell’odontologia forense.

Casi risolti grazie all’antropologia forense: l’esplosione nella miniera di Yellowknife

Un esempio di caso realmente risolto grazie al contributo dell’antropologia è la morte di nove lavoratori di una miniera d’oro in Canada nel 1992. La miniera era situata a Yellowknife, e i dipendenti morirono a causa del fatto che il loro veicolo finì su una bomba posizionata da un altro dipendente. Durante le indagini, fu chiesto aiuto a Pamela Mayne Correia, antropologa dell’Università dell’Alberta, affinché identificasse i resti umani. Alla fine fu scoperto il colpevole, il quale prima confessò, poi ritrattò, e fu condannato nel 1995. Antropologia forense e casi giudiziari sono stati associati anche nella risoluzione di altri crimini, e le autorità canadesi si sono avvalse diverse volte del contributo della dottoressa.

Sebbene all’inizio la figura dell’antropologo forense fosse diffusa principalmente nei paesi anglosassoni, essa sta raggiungendo anche l’Italia. Ma qual è il percorso per intraprendere questa affascinante professione? A differenza di altre figure, in Italia non esiste un albo professionale specifico per gli antropologi forensi.

Il percorso di studi

Il percorso formativo è di tipo universitario e post-universitario:

  • Laurea di base: le lauree più indicate sono quelle in ambito scientifico, come Medicina e Chirurgia, Biotecnologie, Scienze Biologiche o Scienze Naturali. Anche lauree in Beni Culturali con indirizzo archeologico possono essere una base valida.
  • Specializzazione: il passo successivo è una specializzazione attraverso un Master di II livello o una Scuola di Specializzazione in Medicina Legale. Un punto di riferimento in Italia è il Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense) dell’Università degli Studi di Milano, fondato dalla Prof.ssa Cristina Cattaneo. Il Labanof offre corsi altamente specializzati ed è un centro di eccellenza riconosciuto a livello internazionale.

    Indirizzo Labanof: via Mangiagalli 37, 20133 Milano (MI)

    Telefono: 02 5031 5675

Consiglio pratico: per chi sogna questa professione, è fondamentale acquisire esperienza pratica. Contattare laboratori universitari, partecipare a scavi archeologici o chiedere di svolgere tirocini presso istituti di medicina legale può fare la differenza.

Sbocchi professionali

L’antropologo forense lavora principalmente come consulente tecnico per Procure della Repubblica, Tribunali o avvocati difensori. Può collaborare con le Forze dell’Ordine (ad esempio, la Polizia Scientifica) o operare in ambito accademico e di ricerca. Altri ambiti di applicazione includono l’identificazione di vittime in disastri di massa (es. terremoti, incidenti aerei) e missioni umanitarie internazionali.

Domande frequenti

Domanda Risposta
Quanto guadagna un antropologo forense? Lo stipendio varia molto. Lavorando come libero professionista, il compenso è legato alle singole consulenze, che possono avere un valore di diverse migliaia di euro a seconda della complessità del caso. Non esiste uno stipendio fisso, ma dipende dal numero e dalla natura degli incarichi ricevuti.
Che differenza c’è con il medico legale? Il medico legale si occupa dell’autopsia su cadaveri con ancora tessuti molli per determinare la causa della morte. L’antropologo forense interviene quando i resti sono scheletrizzati, decomposti o carbonizzati, concentrandosi sull’analisi ossea per l’identificazione e l’analisi dei traumi. Le due figure sono complementari e spesso collaborano.

Fonte immagine: Pixabay

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2025

 

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Studentessa laureanda dell'Università di Napoli "L'Orientale".

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