Il calcio femminile e la cultura della rappresentazione nei media

Il calcio femminile e la cultura della rappresentazione nei media

Si è parlato spesso di come rappresentare un soggetto culturalmente marginalizzato all’interno dei contesti mediatici equivalga a dargli maggiore spazio all’interno di culture che per fin troppo tempo sono state volte all’esclusione e alla rappresentazione di ciò che era più culturalmente e socialmente canonico. Probabilmente, ciò che non è stato mai realmente preso in considerazione è che al di fuori della rappresentazione vi è un mondo reale che acquisisce un significato solo attraverso la rappresentazione stessa: le rappresentazioni non hanno un ruolo meramente espressivo e riflessivo ma costitutivo, fondativo, apportando un reale impatto sulla realtà esterna. Uno degli esempi di cui si è discusso molto negli ultimi anni è quello che riguarda il contesto del calcio femminile, e di come la sua maggiore rappresentazione abbia contribuito ad aumentare la visibilità di uno sport che per decenni è stato relegato a mera imitazione – per molti mal fatta – di uno sport rappresentato e percepito come culturalmente e agonisticamente superiore: il calcio maschile.

Il calcio femminile e la cultura della rappresentazione

Parlando della cultura della rappresentazione, il calcio femminile non è stato di certo immune alla marginalizzazione che quotidianamente colpisce le atlete femminili inserite in ambiti sportivi tipicamente adibiti agli uomini. Oltre ai classici stereotipi e alla continua sessualizzazione, di base, poco e niente veniva fuori da quest’ultimo. Socialmente se ne parlava poco e male, e a livello mediatico le partite, oltre ad essere trasmesse estremamente di rado, non erano coperte dai media principali. Conseguenza diretta è che nessuno poteva avvicinarsi al calcio femminile “naturalmente”, magari scoprendolo gradualmente attraverso partite trasmesse in televisione o attraverso programmi sportivi che ne trattavano gli esiti e i risultati. Era un cerchio chiuso, e non per suo volere. Chiedere un parere in giro significava sentire un paio di risatine e qualche battutaccia fuori luogo, e andarne alla ricerca online significava ritrovarsi davanti ad una serie di video ironici che rimarcavano gli errori tecnici commessi dalle atlete nell’ambito di partite ufficiali. Insomma, pareva e pare quasi che ad alcuni sport (come il calcio, in questo caso) debba corrispondere necessariamente un determinato genere, ed è proprio l’appartenenza o meno a quest’ultimo a tagliarti fuori dai contesti culturali. Ancora una volta, non essere rappresentati vuol dire che a prendere il possesso della scena è lo stereotipo che viene veicolato dagli apparati culturali della cultura dominante. E di certo non sarebbe un errore parlare di maschiocentrismo all’interno del calcio.

Maggiore rappresentazione, maggiore visibilità

È il 2016, e non senza ovvie polemiche il videogioco FIFA 16 compie il primo sforzo videoludico/calcistico verso l’inclusività introducendo le nazionali di calcio femminile di Germania, Stati Uniti, Francia, Svezia, Inghilterra, Brasile, Canada, Australia, Spagna, Cina, Italia e Messico. 12 squadre femminili contro le oltre 650 squadre di calcio maschile. È poco, ma è pur sempre un inizio. Salto temporale, anno 2023: il capitolo 24 della saga di FIFA (che ha cambiato il suo nome in EA SPORTS FC) inserisce le calciatrici nelle modalità competitive online, portando a oltre 70 (nazionali escluse) il numero di club femminili disponibili all’interno del videogioco. La scelta divide gli animi, con buona parte del pubblico che sostiene che inserire calciatori e calciatrici all’interno dello stessa squadra non sia “videoludicamente realistico”. Lo stesso pubblico che, da ormai quasi quindici anni, si trova a coniugare all’interno della stessa rosa calciatori appartenenti a epoche calcistiche lontane decenni e che, attraverso le varie promozioni offerte dal gioco, ha la possibilità di ritrovarsi davanti ad un portiere che viene trasformato in attaccante e viceversa.

La polemica è chiara, e il problema concreto non è il realismo. Il problema, per l’ennesima volta, è l’inclusività. Il dilemma sorge solo ed esclusivamente nel momento in cui il mondo calcistico femminile comincia a farsi spazio all’interno di una cultura che da secoli è dominata – per forza di cose – dal calcio maschile, che non ha mai conosciuto (e forse nemmeno tutt’oggi conosce) rivali. Nel frattempo, però, il calcio femminile comincia a ritagliarsi un suo meritatissimo spazio, ed è proprio attraverso questa scelta che milioni di videogiocatori hanno la possibilità di entrare in contatto con le calciatrici contemporanee più o meno note, aprendosi inevitabilmente ad un mondo a loro sconosciuto. È questo, infondo, che vuol dire essere rappresentati. Che piaccia o meno, è questo che darà la possibilità alle atlete di ottenere maggiore copertura mediatica, maggiori sponsor, aumentare i propri profitti e viaggiare nella direzione di una riduzione del gender gap che fino ad oggi ha sempre dominato l’ambito calcistico (e non soltanto).

È soltanto un piccolo esempio, ma aiuta sicuramente a rendere l’idea.

Una situazione che si evolve e una speranza maggiore

Come riportato dal sito italiano della FIGC, il calcio femminile sta finalmente ottenendo dei riscontri settoriali e mediatici che fanno ben sperare. Le parole sono chiare: «Considerando la dimensione sportiva, tra il 2008 e il 2022 le calciatrici tesserate per la FIGC sono quasi raddoppiate, passando da 18.854 a 36.552 (con un aumento di 10.000 unità nell’ultimo anno e una crescita di circa 9.000 tesserate rispetto alla rilevazione pre-pandemica), mentre in termini di fan base si stima che gli appassionati al calcio femminile in Italia siano 10,2 milioni; è prevista inoltre una crescita di 2,2 volte entro il 2033, fino a 22,6 milioni. Nello stesso periodo, il valore commerciale del calcio femminile italiano potrà crescere di 7,1 volte, passando dai 6,6 milioni di euro del 2021 ai 46,7 del 2033».

La speranza, ovviamente, è che questa potenziale crescita non sia soltanto un fuoco fatuo, e che finalmente il calcio femminile possa ottenere il riconoscimento che fin da sempre ha meritato, nonostante una cultura che ha tentato – inutilmente, si spera – di relegarlo ai margini della cultura sportiva.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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