Europrogettista: chi è, cosa fa e come lo si diventa | intervista a Maria Santoro

Europrogettista: chi è, cosa fa e come lo si diventa | intervista a Maria Santoro

Che cosa fa l’Europrogettista? Come lo si diventa? Ne abbiamo parlato con un’esperta di europrogettazione, Maria Santoro

 

Si parla tanto di quelle che sono le nuove figure trasversali del mondo del lavoro ma quella dell’europrogettista, che è per sua natura una figura ibrida, da sempre rientra in quelle categorie di lavoro che richiedono competenze e flessibilità tipiche dei multipotenziali che talvolta faticano a trovare la propria strada e il proprio percorso professionale.

Proprio per questo è stato fatto un approfondimento sul tema dell’europrogettazione e sull’europrogettare, un po’ per capire che tipo di lavoro ci sia dietro la strutturazione dei fondi europei che vengono messi a disposizione delle politiche di sviluppo, un po’ per dare un quadro chiaro a chi conosce poco la professione ma ha sostanzialmente molte di quelle capacità che il mondo dell’europrogettazione richiede.

Maria Santoro, Presidente di Studio Erresse e referente dei fondi indiretti e coordinamento gruppi di lavoro, svolge il lavoro di europrogettista in vari modi e si è prestata gentilmente ad una ricca chiacchierata mettendo a disposizione le sue conoscenze e la sua prospettiva sul mondo dell’europrogettazione che è andata più o meno così: 

Dott.ssa Santoro la ringrazio anzitutto per la sua disponibilità e parto subito con la prima domanda, che cosa fa nel concreto un europrogettista? Qual è il suo obiettivo? 

L’obiettivo dell’europrogettista è di creare legami per facilitare dei processi di sviluppo legati al territorio, alle politiche sociali, al mondo dei giovani piuttosto che degli anziani o delle donne, quindi creare reti, sinergie, ed accompagnare enti pubblici, privati o non profit a portare avanti delle idee progettuali che possono generare un valore aggiunto per i propri territori e in riferimento anche a quelli che sono gli obiettivi e la visione di sviluppo europea. 

Quali competenze deve avere un europrogettista? 

Deve anzitutto conoscere le logiche di costruzione di un’idea progettuale che possono essere vincenti perché i progetti presentati sono sottoposti a valutazione. Deve avere ottime capacità relazionali, deve essere in grado di ascoltare e anche di far comprendere agli stakeholder territoriali quelle che sono le opportunità, perché spesso e volentieri, soprattutto i giovani, aspettano che le opportunità cadano dall’alto, in realtà ci sono tante opportunità però bisogna conoscere per favorire dei processi di infrastrutturazione sociale. In quest’ottica il progettista deve avere una buona conoscenza della lingua inglese, un’ottima capacità relazionale, quindi di mediazione tra le parti, e poi deve conoscere le regole e le tecniche di accesso ai finanziamenti comunitari per poter presentare delle risposte che siano effettivamente competitive e finanziabili. 

Lei ha detto che i progetti devono essere valutati, come funziona nel momento in cui un progetto deve essere approvato, chi lo deve approvare? 

Dipende dal tipo di progetto! I progetti nascono da dei bandi che sono collegati a dei programmi di finanziamento che sono indirizzati verso determinate politiche di coesione. Se sono progetti finanziati con l’intermediazione della regione saranno i comitati di valutazione interni alle strutture regionali, se si tratta di progetti europei finanziati dalla commissione allora poi ci sono soggetti che valutano – in riferimento alle varie direzioni generali delle commissioni – i progetti che vengono presentati. É ovvio che quando presenti un progetto a livello locale, nazionale o regionale la competizione è locale, nazionale o regionale, quando invece presenti progetti europei diretti la competizione si allarga a tutti gli altri paesi dell’Unione. 

Per poter essere un bravo progettista devi conoscere tutte le opportunità che scaturiscono dall’europrogettazione a 360°, perché sono tante le competenze collegate all’europrogettazione. C’è l’esperto di scrittura, c’è l’esperto lobbista, c’è l’esperto valutatore, c’è l’esperto di rendicontazione e questa formazione completa ti permette anche di seguire quelle che sono le tue attitudini rispetto alle varie professionalità che scaturiscono dal mondo dell’europrogettazione!

Ha parlato di progetti diretti, ma quante tipologie di progetti ci sono? 

Facendo una distinzione macro ci sono i progetti a gestione diretta e indiretta, ma la logica di scrittura di un progetto vale per tutti i tipi di bandi. Bisogna rispettare una coerenza logica tra gli obiettivi che vuoi raggiungere, i risultati, le attività che vuoi mettere in campo, ovviamente legate ad una richiesta di budget. Quindi le tipologie di progetti possono essere diverse ma le competenze che si deve avere – dalla costruzione del partenariato alla scrittura dell’idea progettuale, alla realizzazione e alla gestione – bene o male sono quelle, che vanno adattate poi ai diversi programmi di finanziamento e i diversi bandi. 

Rispetto alle competenze, c’è una divisione del lavoro oppure l’europrogettista può dalla A alla Z seguire tutto il processo di europrogettazione?

Io consiglio sempre di creare un team per seguire un progetto, perché le competenze sono diverse, tutti devono avere consapevolezza del processo però poi c’è un aspetto legato alla parte burocratico-amministrativa, c’è la fase della costruzione dell’idea, per esempio, dipende dalla complessità del bando. Ci sono progetti che possono essere scritti anche in un paio di giorni perché sono più semplici, però il lavoro di squadra ti permette di essere più efficace e più efficiente. Proprio perché dalla progettazione scaturiscono diverse competenze, in base alle cose da fare vai a distribuire i compiti, un team di tre persone riesce a portare avanti un buon progetto. Poi c’è il project manager che gestisce e coordina tutte le attività.

In che modo può essere svolto questo lavoro? Prevede la presenza sul campo in certi casi o assolutamente no? É un lavoro che può essere svolto singolarmente o necessariamente in team, per esempio?

Noi collaboriamo con l’università quindi spesso e volentieri le idee nascono direttamente all’interno della struttura. Se c’è un’idea da portare avanti per darle vita bisogna anzitutto ottenere un finanziamento. Ascoltiamo l’idea e poi cerchiamo di trovare immediatamente un bando che permetta di portare avanti quest’idea, a partire dalla consapevolezza che è l’idea che deve adattarsi al bando e non è il bando che deve adattarsi all’idea. Quindi già questo è un primo step che devi fare capire ai tuoi committenti, una volta individuato il bando si leggono tutti i criteri: i soggetti ammissibili al finanziamento, le finalità, gli obiettivi, i risultati attesi, i criteri di valutazione e si inizia a costruire il partenariato.

L’idea della progettazione è: da soli non riusciamo a risolvere le problematiche ma è la messa in rete di soggetti che con competenze diverse attorno all’obiettivo comune possono effettivamente fare una differenza, quindi per questo c’è la logica della costruzione del partenariato. Faccio un esempio: il contrasto alla dispersione scolastica. Da sola la scuola non ce la fa però se creiamo un progetto in rete mettendo insieme associazioni del terzo settore, ASL o enti pubblici, scuole, pro loco ecc… si riesce a costruire un partenariato che sia anche pertinente in base all’obiettivo che si vuole portare avanti, è la sinergia e la rete da un lato e la consapevolezza di voler raggiungere un obiettivo comune che può fare la differenza. 

Quindi, ci costruiamo il partenariato, poi rispettiamo le regole di scrittura della presentazione della proposta progettuale, il manuale di rendicontazione e il bando (che è più complesso per i progetti finanziati direttamente dalla commissione europea) e si partecipa a queste competizioni con l’obiettivo di ottenere il finanziamento.

Una volta ottenuto il finanziamento si passa dalla fase di scrittura alla fase di realizzazione del progetto e diventa fondamentale il ruolo del progettista in qualità di project manager, cioè di chi riesce ad accompagnare o a gestire il partenariato per consentire che quello che è scritto all’interno del progetto sia realizzato in maniera anche molto precisa e pertinente, anche perché il finanziamento è stato ottenuto sulla base di quell’idea che – ottenuto il finanziamento – viene sottoscritta con un accordo tra l’ente finanziatore e l’ente capofila che gestisce tutto il partenariato. 

Da un punto di vista professionale chi è che si interessa al mondo della progettazione per formarsi e lavorare come europrogettista? Da dove vengono le persone interessate, che esperienze hanno?

Noi abbiamo costituito nel 2015 un’associazione di progettisti europei, Apeur, che è nata all’interno del dipartimento di scienze politiche, quindi i nostri primi discenti sono stati gli studenti di scienze politiche. Ovviamente essendo trasversali le competenze che bisogna avere i corsi poi sono stati estesi a studenti di ingegneria, di lingue, di economia. L’avvocato che ha fatto giurisprudenza che approfondisce le conoscenze giuridiche legate al mondo della progettazione rafforza e innova le proprie competenze rispondendo poi sostanzialmente a quelle che sono le richieste che si sentono molto, soprattutto in questo periodo. Considera che adesso con il PNRR quasi tutti i comuni sono alla ricerca di queste competenze proprio per riuscire a colmare delle lacune. Soprattutto nel mezzogiorno c’è una scarsa conoscenza dello strumento dell’europrogettazione, e oramai per poter fare delle cose positive le uniche risorse sono proprio i fondi europei diretti e indiretti, il PNRR nasce da una visione europea e poi è stato ripreso nei programmi quadro dei vari stati. 

L’europrogettazione può essere un modo per andare a sopperire a quelle che sono delle politiche pubbliche forse un po’ carenti a livello locale?

Sicuramente, il problema è che il pubblico non ha una visione di lungo periodo. Generalmente si agisce per rispondere ad un fatto emergenziale ma non si ha una visione di lungo periodo. Per portare avanti delle progettualità effettivamente coerenti, efficaci e pertinenti tu devi avere una visione, devi avere un programma, devi capire cosa è più efficiente, dove bisogna puntare di più, quindi devi conoscere bene il territorio, devi avere una lettura chiara dei bisogni del territorio e sulla base di questi bisogni poi costruire degli interventi mirati. La progettazione ti dà questa opportunità, e di certo lacune ci sono. 

Ti dico che il 60% degli studenti e dei giovani che abbiamo formato adesso lavora all’interno di strutture e anche chi ha vinto il concorso pubblico è stato inserito sulla base dell’esperienza del curriculum costruito proprio nel settore della progettazione, è un terreno fertilissimo perché è una professionalità richiestissima soprattutto in questo momento storico, quindi è importante che i giovani si rendano conto che investire nella progettazione ti rende più open mind, ti permette di metterti a servizio del territorio e anche di avere la soddisfazione, quando il progetto ti viene finanziato ed è realizzato, di consentire di portare avanti proprio delle volontà di indirizzo politico questa volta più efficaci e meno inefficienti.

Anche la finanza agevolata attinge a fondi europei, ma gli obiettivi sono diversi, giusto?

Esatto, la finanza agevolata guarda al soggetto, invece la progettazione europea guarda la costruzione di reti e di partenariati. Nella finanza agevolata diventa fondamentale avere delle competenze che riguardano più il mondo aziendalistico, devi avere una competenza specifica. Un commercialista europrogettista di sicuro ha un valore aggiunto perché la strutturazione del progetto è un po’ diversa, si parla di business plan, della segmentazione del mercato, per esempio.

Potremmo dire quindi che la finanza agevolata riguarda le possibilità del singolo, l’europrogettazione invece si pone obiettivi che riguardano interessi a fini generali…

Sì, per esempio resto al sud è un contributo che il singolo – o una società – utilizza per realizzare un proprio progetto imprenditoriale. Viceversa la progettazione europea richiede il raggiungimento di obiettivi che riflettono le strategie di crescita e di sviluppo, come ridurre il divario di competenze tra le regioni europee, il sentirsi cittadini europei, contrastare la dispersione scolastica, perseguire la sostenibilità da un punto di vista ambientale… ci si collega molto proprio al concetto di sostenibilità economica e sociale. Proprio in quest’ottica qua, mettendo insieme più soggetti, riusciamo a raggiungere delle finalità che generano degli interventi a sostegno della realizzazione di politiche sociali, occupazionali ecc.

Statisticamente, con quanta probabilità un progetto può essere approvato? Quante possibilità ci sono per un gruppo di europrogettisti bravi di realizzare un progetto, data la concorrenza, se parliamo soprattutto della progettazione diretta?

Le percentuali di successo di un progetto non sono altissime ma sono certa che se segui le modalità correttamente, anche nella costruzione del partenariato, il progetto può andare a buon fine! 

A tal proposito ci sono diversi criteri di valutazione e sulla base di questi criteri si ha un punteggio. Un aspetto fondamentale è proprio la costruzione del partenariato poiché la sua forza e credibilità aumentano la probabilità di ottenere un finanziamento. Inoltre bisogna garantire una coerenza logica della costruzione dell’idea progettuale, cioè devi essere in grado di dimostrare al valutatore – anche in maniera sintetica ed immediata – che la tua idea è pertinente, non ci sono falli, hai fatto tutto, hai considerato l’analisi di rischio e c’è una coerenza, questo è un aspetto fondamentale da tenere in conto.

C’è una vera e propria ricerca scientifica…

Si tratta di  un vero progetto di ricerca perché se entri nella logica dell’europrogettazione tu puoi realizzare e ideare qualsiasi cosa seguendo un modello logico di riferimento che nasce dal mondo dell’economia aziendale ed è diventato un modello da seguire per poter presentare un progetto. Tu puoi avere l’idea più bella e innovativa ma se non rispetti questo metodo l’idea non arriva al valutatore!

Se segui tutto il metodo e le procedure in maniera lineare e pertinente allora sono alte le probabilità di successo di ottenere un finanziamento.

Lei pensa che possa essere scoraggiante, per chi si appresta ad entrare nel mondo dell’europrogettazione, il fatto di lavorare ai progetti ma dover attendere sempre un’approvazione per poterli portare a termine?

É comunque una sfida, noi abbracciamo le sfide tutti i giorni e portare avanti una sfida e vincerla è un grande successo. Ovviamente si tratta poi spesso anche di finanziamenti importanti che ti garantiscono una sostenibilità, poi una volta che entri nel meccanismo acquisisci quella credibilità per la quale presenti un altro progetto e aumenta ancora di più quella famosa percentuale di successo.

Da un punto di vista burocratico invece in che modo si può fare l’europrogettista? Può lavorare per esempio come dipendente, con partita IVA… in che modalità? 

Io per esempio da libera professionista lavoro con partita IVA, però se esce un bando e cercano progettisti allora ti assumono. Anche all’interno dell’università adesso stanno cercando esperti di gestione e rendicontazione dei progetti, come i comuni… Quindi a seconda delle opportunità. Molti enti privati ci chiedono giovani che poi sono stati assunti con contratti a tempo determinato/indeterminato e sono richiestissimi da tutti i punti di vista e da tutti i settori, dipende poi dall’ente. Se l’ente è privato ti assume, oppure ti presenti come consulente, quindi con partita iva. Per esempio io ho collaborato spesso con la Regione, mi sono occupata della valutazione di impatto del programma di scuola viva come consulente esterno, quindi la risposta è che dipende dalle opportunità.

Sei una persona libera…

in che senso?

Nel senso che sei tu che gestisci, okay? E in questa libertà puoi anche seguire te stesso, quelle che sono le tue attitudini… 

Io per esempio sono esperta di scrittura, quindi mi piace molto costruire l’idea della progettazione, accompagnarla… e poi sono esperta di rendicontazione, cioè di gestione dei progetti da un punto di vista finanziario. E faccio quello che mi piace! 

Se i progetti non sono troppo complessi, un europrogettista bravo può permettersi di lavorare anche da solo e avere un contatto magari con l’ente di riferimento soltanto ai fini di presentazione del progetto? 

Sì, ma anche se il progetto è complesso può lavorare da solo! 

Io immagino lo stile di vita di un europrogettista che decide di lavorare a casa sua, per ipotesi, magari seguendo i suoi orari e le sue esigenze, può farlo?

Ovviamente deve essere esperto per poter lavorare da solo ma può farlo!

Qual è la massima ambizione di un europrogettista? 

Vincere un Horizon!

Che cosa significa? 

É un programma di ricerca molto importante e forse quello più complesso, quindi vincerlo ti rende pienamente soddisfatto.

Complesso, perché? 

Perché, sempre in riferimento alla complessità del partenariato e dell’idea.. è un po’ più tecnico. Tra l’altro i finanziamenti sono molto più importanti e ti permette di portare avanti sperimentazioni innovative, tecnologiche, di eccellenza scientifica.

Invece qual è stata nel suo caso la soddisfazione più bella da un punto di vista lavorativo? Penso anche a vedere la realizzazione di un progetto sul campo, cosa le viene in mente?

Penso ad un progetto che abbiamo realizzato a Ponticelli nel Conocal che è un quartiere che io ho definito “del vuoto urbano” perché non c’è nulla, abbiamo realizzato un progetto di contrasto alla dispersione scolastica e anche alla devianza giovanile e quello mi ha dato una bella soddisfazione. Prima ancora di scrivere il progetto abbiamo chiesto, in una logica di coinvolgimento, agli stessi destinatari di cosa avessero bisogno all’interno della scuola per creare degli spazi di socialità rivolti ai bambini e ai giovani.

C’era la possibilità, con questo bando finanziato da fondazione con il sud, di realizzare anche interventi infrastrutturali e quindi abbiamo realizzato un campo sportivo, delle giostrine… e ti assicuro che all’interno di un vuoto urbano abbiamo creato uno spazio di vivibilità per giovani che spesso non sono mai usciti da quel quartiere (quindi per loro piazza Garibaldi è un altro universo) e questo ti rende soddisfatto! 

Portare avanti delle iniziative progettuali che poi generano necessariamente un benessere ai destinatari che spesso sono soggetti marginalizzati è un grande risultato. 

A proposito di questo, mi vuole dire qualcosa sulla valutazione di impatto dei progetti? 

La valutazione di impatto è complessa. Tu devi riuscire a dimostrare che il tuo progetto ha generato un valore aggiunto rispetto alla situazione ex ante dei destinatari, esistono delle tecniche da attuare sulla base della tipologia di intervento. Puoi valutare l’impatto legato alla forza del partenariato, quanto il partenariato è sostenibile nel tempo, puoi valutare l’impatto generato, per esempio, sui destinatari diretti dell’intervento. Quindi devi riuscire a dimostrare la condizione di miglioramento confrontando l’ex ante e l’ex post. Anche questa è una competenza importante e spesso e volentieri – questo accade soprattutto con gli enti del terzo settore che fanno tanto, sono molto operativi – non si è in grado di dimostrare il valore generato. É una competenza fondamentale ormai in tutti i bandi, diretti, indiretti ecc. Devi essere in grado di dimostrare di generare un cambiamento sostenibile che significa che una volta che è finito il progetto questo cambiamento deve ancora generare dei frutti. 

Quanto tempo ci mette un europrogettista a portare a termine un progetto? 

Dalle due settimane ai cinque mesi. Quelli più complessi sono soprattutto i progetti finanziati dalla Commissione. 

Quale parte del lavoro di un europrogettista può intendersi “lavoro sul campo”? Gli accordi per le partnership o una supervisione del territorio, per esempio?

Sì, sicuramente è importante organizzare riunioni di coordinamento tra i partner nella fase di ideazione del progetto, oppure se ti occupi di valutazione devi somministrare questionari, interviste, devi andare nei luoghi dove si pensa di realizzare il progetto. Ci sono effettivamente delle fasi in cui c’è da andare sul campo per parlare anche con i rappresentanti istituzionali sulla fattibilità del progetto. Talvolta proprio in queste fasi di scambio è fondamentale la competenza della lingua inglese perché la progettazione europea va scritta in inglese ma anche i confronti potrebbero dover avvenire in inglese, quindi questa è un’altra competenza da non sottovalutare! 

Per me chiunque può maturare l’approccio trasversale necessario per la progettazione. Noi facciamo corsi anche per gli studenti delle medie e delle superiori, perché insegniamo a ragionare. Il metodo è quello, cambia soltanto l’approccio in base al tuo interlocutore. La prima cosa da tenere in considerazione è che bisogna sperimentare. Anche nei corsi fatti da noi e altri esperti, alla fine del corso tu non puoi definirti europrogettista, soltanto l’impegno, la dedizione, la pratica – come in tutte le cose – ti permette di rafforzare la competenza. Devi entrare in un metodo e una logica, devi conoscere, devi studiare. É un corso teorico pratico quello di europrogettazione ma poi devi sperimentare sul campo, devi sbagliare e provare fino a che non rafforzi le tue competenze!

L’europrogettazione, oltre ad essere – come si è detto – uno strumento fertile da un punto di vista professionale, è uno strumento potente che può essere utilizzato per il perseguimento di obiettivi a fini generali. Si è configurata come un motore essenziale per gli enti del terzo settore e conoscerla risulta fondamentale soprattutto in un momento storico in cui i fondi a disposizione sono tanti ma non tutti sanno come utilizzarli (nemmeno tutti quelli che li utilizzano, lo sanno!)

Comprenderla, inoltre, permette di assumere un’idea della sostenibilità ad ampio raggio e di avere più chiaro il funzionamento di molti ambiti con cui si interagisce nella vita di tutti i giorni.

Ecco perché si è voluta porre l’attenzione sull’argomento, con l’aiuto di una professionista del settore, provando a mettere un mattone in più verso un’informazione consapevole e funzionale. 

 

 

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