La metamorfosi della rana, scopriamola insieme!

La metamorfosi della rana, scopriamola insieme!

La metamorfosi della rana, come funziona

La rana, un anfibio

La logica che condiziona la vita di una rana è ricca di contraddizioni perché innanzitutto è stata sancita inequivocabilmente la sua natura duale e contraddittoria da una parola illuminante che la definisce e la caratterizza: “anfibio”. Anfibi si è quando si nasce creature liminali e allora si sceglie di non rinnegare l’appartenenza all’acqua e nemmeno quella alla terra, e si resta così-dunque- per metà equoree per l’altra metà terree.

Il ciclo vitale della rana

Una rana viene al mondo perché una femmina, un giorno, depone le sue uova: un ammasso generoso di materia primordiale, agglutinato e invischiato in un cemento gelatinoso. Nel momento in cui la femmina si sgrava di queste tenerissime e flebilissime sfere, l’ammasso di uova è in verità soltanto un nugolo di rane potenza. 

Non ci stupisce di fatto che nella metamorfosi della rana, dalla nascita alla maturità, possa sembrare tanto assimilabile alla nascita dell’universo perché entrambe le cose si sviluppano al di fuori dei corpi che li hanno concepiti e iniziano a esistere per infusi di stille di energia, per unioni di principi vitali separati e collaborativi al punto che ciò che un secondo prima non esiste, un secondo dopo è. Se la stilla di energia perfora l’uovo cosmico e allora prendono a vorticare le masse consistenti di materia e a costituirsi le cose come pianeti e astri, allo stesso modo una stilla di maschio, il principio che si definisce lo yang dell’universo, si riversa nello yin: si spande sui gusci molli della materia di femmina, li penetra e li feconda. Le idee di rane diventano embrioni. Le uova, in questo istante della nostra narrazione, sembrano occhi: una sclera bianchissima e una pupilla mobile al centro; sono affidate alle cure parentali dell’universo: l’acqua protegge la loro frangibilità, cede loro la sua umidità per tenerle idratate, si dilata per contenerle, le copre da parte a parte come una guaina, si fa fonte di rifornimento alimentare per i primi giorni di vita del girino; il sole buca la superficie dell’acqua e si posa delicatissimamente sulla glassa gelatinosa della rana che avvolge le uova-ultimo e unico lascito materno- e le riscalda. Al termine di questa gestazione naturale, una larva dal peso di 6mg buca l’uovo e si riversa in acqua: l’unica madre che effettivamente è in potere di conoscere e con la quale stringerà un legame indissolubile. Per adattarsi alla protezione dell’acqua, il girino ha la forma di un pesce: ha la coda e respira con le branchie, si nutre di plancton, alghe e di microrganismi. La sua metamorfosi è in questo momento solo al principio: nel giro di tre mesi, le branchie scompariranno e il corpo si dilaterà per fare spazio, nella cassa toracica, a rudimentali polmoni. La coda-antenato ancestrale di una vita ancestrale-si ritrarrà all’interno del corpo, gli occhi emergeranno dalla fronte e, come in un mito in cui il sole di notte si fa ingoiare dal fango per lasciarsi tirare fuori e asciugare il mattino dopo da mani e ali calde di dee, così gli occhi della rana torneranno dal fango vischioso della carne, dalla languida consistenza dei fluidi oculari e risorgeranno per un tempo indefinito, di volta in volta, dalle paludi dentro le loro palpebre. Nel giro di tre mesi nella bocca della rana nascerà una lingua capace di districarsi ed espandersi per agganciarsi all’universo e svilupperà ai lati del corpo affusolate e lunghe zampe per slanci potenti fino alla luna. E il volto della luna, allargandosi nel cielo e nel ciclo della sua morte e nascita, attenderà che le rane completino il loro breve processo di divenire affinché, come nella commedia di Aristofane, gracidino i loro canti alla bellezza del creato facendo brekekekex koax koax.

 

La metamorfosi della rana nei miti

L’evoluzione della rana è un ciclo che si apre in modo curioso e la verità biologica, che non è sempre stata tangibile, ha costretto gli antichi a guardarsi intorno, a scovare le similitudini tra loro stessi e gli altri elementi del cosmo per scoprirsi all’interno di questo oceano-natura un tutt’uno. Una antica civiltà sicuramente legata e affascinata al mondo delle acque fu quella egizia perché questa si rivolgeva al Nilo con riverenza, considerando quest’ultimo un affluente diretto di Nun-il mare primordiale. E le rane, prolifiche-gracchianti-verdastre, fuoriuscivano dal ventre acquoso del Nilo e per questioni sillogistiche e improrogabili allora, si potrebbe dire che essi ritenevano che le rane nascessero da Nun e che fossero dunque le figlie di Nun. Il mistero delle acque capaci di favorire la genesi delle rane era d’altra parte condiviso anche dall’uomo: le donne, che allargavano le gambe al momento del parto nella posizione che è propria delle rane, sgravavano perdendo la creatura dal ventre in un oceano di acqua primordiale. Come una donna conservasse l’acqua nel suo corpo e in esso riparasse la vita, come la carne fosse capace di modellare altra carne era, per analogia alla questione delle rane, una questione dell’universo e in particolar modo una questione di Heqet. Heqet era una divinità primordiale e liminale perché percorreva sentieri di luce lunare a ridosso del mondo della nascita e della pre-nascita: sovrintendeva i parti e le donne la invocavano affinché dalle figlie e dalle sorelle o da loro stesse nascessero bambini sani. Si credeva infatti che Heqet, dea dalla testa di rana, modellasse gli uomini nel ventre delle madri e fosse, per questo, una misteriosissima creatura di cui assicurarsi la benevolenza. Ma anche un antichissimo manufatto pre-colombiano, chiamato disco genetico, oggi conservato presso il Museo delle scienze naturali di Vienna, è un prodotto che assimila il ciclo della nascita dell’uomo e sorprendentemente il suo concepimento ,mediante l’uovo femminile e la stilla maschile, al processo dell’evoluzione della rana. Occorre inoltre specificare che la rana sia, a più riprese, oltre quindi al manufatto precolombiano e oltre al culto di Heqet, un prodotto chiaramente cosmogonico perché dalla metà della sua pancia una leggenda azteca diceva che fosse provenuto il cielo e dall’altra la terra. La rana è infatti archetipo della creazione, come testimoniano numerosi reperti andini, perché intimamente legata al mondo dell’acqua e allo stesso tempo esecutrice della vita sulla terra: così al limite tra i due ambienti fondamentali della costituzione terrestre da poterli connettere e rappresentare.

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Il ciclo della vita, o metamorfosi della rana, è oggi, lontano dai miti e dalle superstizioni, un curiosissimo processo biologico e la sua dualità esistenziale nel continuarsi nell’acqua, come fa il bruco nella crisalide, e nel convertirsi alla terra è metonimia della bizzarria degli adattamenti, della stravaganza delle strategie di sopravvivenza e rappresentazione della natura che è bellezza enigmatica, vicario dell’universo ed eroismo imperterrito.

Dolci, sonore, rauche rane,

sempre ho voluto farmi rana,

sempre ho amato lo stagno, le foglie

sottili come filamenti,

il mondo verde dei nasturzi

con le rane padrone del cielo.

Neruda.

Fonte articolo sulla metamorfosi della rana: Pixabay

A proposito di Arianna Orlando

Classe 1995, diplomata presso il Liceo Classico di Ischia, attualmente studente presso la Facoltà di Lettere all’Università di Napoli Federico II, coltiva da sempre l'interesse per la scrittura e coniuga alla curiosità verso gli aspetti più eterogenei della cultura umana contemporanea, un profondissimo e intenso amore verso l’antichità. Collabora con una testata giornalistica locale, è coinvolta in attività e progetti culturali a favore della valorizzazione del territorio e coordina con altri le attività social-mediatiche delle pagine di una Pro Loco ischitana.

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