Federico Barbarossa e il conflitto con i comuni

Federico Barbarossa e il conflitto con i comuni

Alle radici del conflitto: le regalie

Prima dell’ascesa al trono di Federico Barbarossa, bisogna considerare che l’esperienza comunale italiana fu resa possibile anche dalla debolezza dell’istituzione imperiale: la Germania era infatti caduta in una profonda crisi a seguito della morte senza eredi di Enrico V. Nel vuoto di potere che, in conseguenza di ciò, si venne determinando in Italia centro-settentrionale, le coniurationes sorte all’interno delle città in molti casi si videro riconosciuto dall’imperatore stesso il diritto, sottratto ai vescovi, a esercitare in sua vece una serie di prerogative pubbliche: le regalie. Esse erano ambite in quanto fonte di introiti e perché chi le deteneva, a livello locale, poteva considerarsi l’effettivo titolare dell’autorità.

L’elezione di Federico Barbarossa

La situazione era destinata a mutare completamente con l’emergere di un’importantissima figura: Federico I detto Barbarossa. La sua elezione a re di Germania, nel 1152, riuscì a ricomporre la frattura che divideva i grandi feudatari tedeschi, cui spettava il compito di eleggere il sovrano, in due fazioni rivali: i ghibellini, sostenitori dei duchi di Svevia, e i guelfi, che appoggiavano invece i duchi di Baviera. Federico I era infatti figlio di Federico II, duca di Svevia, e di Giuditta, sorella del duca di Baviera Enrico il Superbo: la sua nomina, pertanto, rappresentava un buon compromesso per accontentare entrambe le fazioni. Egli, dopo aver pacificato la situazione sul suolo tedesco, perseguì un programma di restaurazione dell’autorità imperiale e di dominio universale la cui realizzazione configurava come inevitabile, in territorio italiano, lo scontro con i comuni nell’area centro-settentrionale e con la dinastia normanna nel Sud. Tuttavia, Federico I, per potersi fregiare legittimamente del titolo imperiale, doveva essere incoronato dal papa a Roma. Per questa ragione, dunque, oltre che per riaffermare la propria autorità sui comuni italiani, egli scese in Italia nel 1154.

Federico Barbarossa: la prima discesa in Italia

A legittimare la discesa di Federico I in territorio italiano fu, peraltro, la richiesta di intervento avanzatagli da alcune città lombarde preoccupate dalle mire espansionistiche del comune di Milano. Lo stesso pontefice aveva sollecitato il suo aiuto per riconquistare il controllo di Roma: la città, infatti, era insorta erigendosi a libero comune sotto la guida di Arnaldo da Brescia, un monaco agostiniano che predicava contro la corruzione e il lusso della Chiesa. Federico I convocò alla fine dello stesso 1154 una Dieta a Roncaglia, nei pressi di Piacenza, cui invitò i rappresentanti di tutte le città italiane, della Chiesa e della nobiltà; in quel contesto, egli trasferì nuovamente al potere imperiale le regalie concesse ai comuni o da essi usurpate, e questi ultimi manifestarono con veemenza la loro opposizione. Il sovrano, allora, diede ai centri italiani un’efficace prova di forza, distruggendo le mura di alcuni comuni, tra cui Asti e Tortona. Si diresse quindi a Roma, dove catturò e fece condannare al rogo Arnaldo da Brescia, restituendo la città all’autorità pontificia. A suggellare le fortune di Federico I Barbarossa fu l’incoronazione imperiale per mano di papa Adriano IV, avvenuta a Roma nel 1155. Tuttavia, i piani del neoimperatore, che puntava ormai, con il benestare del papato, a dirigere le proprie armi contro i normanni, nel Sud della penisola furono bloccati: la popolazione romana, che aveva sostenuto Arnaldo da Brescia, insorse infatti contro Federico, costringendolo a rientrare frettolosamente in Germania.

La seconda discesa dell’imperatore in Italia

La situazione italiana non era risolta e fu per questo che, nel 1158, Federico Barbarossa tornò in Italia alla guida, questa volta, di un potente esercito. Convocò quindi una seconda Dieta, sempre a Roncaglia, in occasione della quale ribadì, attraverso un decreto imperiale, la Constitutio de regalibus, il principio secondo il quale le regalie erano di pertinenza dell’imperatore e non dei comuni. A questo si aggiunse anche una serie di divieti che minavano le basi delle istituzioni comunali: innanzitutto si proibiva la pratica delle coniurationes, che avevano costituito il nucleo embrionale del comune; in secondo luogo, alle città era fatto divieto di associarsi in leghe. Inoltre, l’imperatore si arrogava il diritto di imporre in ciascun comune un funzionario di sua nomina. Si trattava dunque di una vera dichiarazione di guerra ai comuni, che, indirettamente, minava anche il già fragile rapporto tra Chiesa e Impero.

Federico Barbarossa e lo scontro con la Lega lombarda

Conseguenza immediata delle decisioni prese nella Dieta fu che il nuovo pontefice, Alessandro III, assicurò il proprio appoggio ai comuni di Crema e Milano, che nel frattempo erano insorti. La reazione di Federico Barbarossa fu immediata e durissima: entrambe le città, infatti, furono sconfitte e rase al suolo. A quel punto, gli altri comuni su posizioni antimperiali decisero di darsi una forma organizzata per opporre una più valida resistenza alle forze imperiali: costituirono così la Lega veronese, che raccolse l’adesione di Verona, Padova, Treviso e Vicenza, e la Lega cremonese, che riunì Cremona, Milano, Mantova, Lodi, Brescia, Bergamo e altre città minori. Entrambe, nel 1167, confluirono nella Lega lombarda. Lo scontro militare tra Impero e comuni si protrasse per diversi anni e culmino nella battaglia di Legnano nel 1176, che segnò la vittoria decisiva della Lega lombarda. Dopo una tregua di sei anni, nel 1183 fu firmata la pace di Costanza, che rendeva nulli i dettati della Constitutio de regalibus e riconosceva nuovamente ai comuni le regalie di cui essi in precedenza avevano goduto. L’imperatore pretese tuttavia in cambio che i comuni gli giurassero fedeltà e rivendicò il diritto di convalidare la nomina dei magistrati cittadini prima che potessero assumere effettivamente l’incarico.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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