Genie Wylie: la bambina selvaggia

Genie Wylie

Genie Wylie, conosciuta anche come la bambina selvaggia, ha passato i primi 13 anni della sua vita in una stanza senza contatto umano.

La storia di Genie Wylie

Nata nel 1957 in California, a Los Angeles. Era la seconda figlia sopravvissuta dei suoi genitori che avevano già persone due figli prima di lei. Uno di loro morì da neonato dopo che il padre lo aveva rinchiuso in un garage ed aveva contratto la polmonite a soli 20 mesi di età. Il padre, Clark Wylie, separò Genie dalla madre e dal fratello e la rinchiuse all’interno di una stanza con il pretesto di proteggerla. Quella reclusione, gradualmente, si trasformò in abbandono e in isolamento sociale che durò per 13 anni. Il padre non consentiva proprio a nessuno di entrare in quella stanza, nemmeno alla moglie o al figlio. Nessuno poteva parlare con Genie Wylie. Infatti la madre e il fratello dovevano sussurrare dentro casa perché a Clark non piaceva il rumore. La moglie era quasi cieca ed il figlio aveva solo 6 anni, entrambi erano vittime di quell’uomo e non obbedivano alle sue parole sarebbero stati dolori. La stanza di Genie Wylie misurava 3 metri quadrati e disponeva solo di un letto ed una sedia. Non aveva giocattoli o qualsiasi tipologia di intrattenimento. Durante quegli anni le uniche interazioni che poteva ottenere erano le torture da parte del padre il quale era solito legarla all’unica sedia disponibile in quella camera o addirittura legarla in una sorta di camicia di forza. Se cercava di opporsi e dunque comunicare in qualche maniera era solito colpirla con una tavola di legno, ferirla con le unghie o in qualsiasi altra maniera. A questo proposito il padre si lasciava crescere, per l’appunto, le unghie con l’unico scopo di poterle fare male e dunque ferirla.

La sua dieta consisteva in cereali liquidi e uova sode, il minimo insomma per poter sopravvivere in qualche maniera. Nel 1970, all’età di 13 anni non aveva imparato ad andare in bagno oppure a camminare e parlare correttamente, non sapeva nemmeno masticare in maniera adeguata, giustamente. Doveva lasciare che il cibo si sciogliesse in bocca per poterlo poi deglutire. Quello stesso anno la madre, purtroppo, divenne completamente cieca quindi dovette essere portata in ospedale. I medici, vedendo la sua condizione, si preoccuparono e decisero di chiedere ai servizi sociali di visitare la loro casa. Gli agenti dei servizi sociali si imbatterono, quindi, in una scena inimmaginabile: trovarono Genie Wylie, una bambina di circa 6 anni che gattonava e non sapeva neanche comunicare per bene. Avrebbero poi scoperto, successivamente, che in realtà quella bambina aveva 13 anni solo che non era cresciuta in maniera appropriata a causa della malnutrizione. Anche il suo cervello non era propriamente sviluppato come quello di un bambino comune. I genitori di Genie Wylie furono accusati di maltrattamento sui minori chiaramente. Purtroppo, però, un giorno prima del processo Clark Wylie si tolse la vita lasciando un biglietto sul quale c’era scritto: ”nessuno lo capirà mai”. 

La madre fu rinchiusa in un centro per persone mentalmente sotto sviluppate. Genie Wylie invece, tristemente, divenne una cavia per gli scienziati. Il suo caso era considerato un’opportunità unica per poter analizzare lo sviluppo del cervello e del linguaggio. Genie Wylie passò dall’essere completamente isolata ad essere circondata da medici che la esaminavano giornalmente. 

Genie Wylie riuscì ad imparare a camminare, ma quella reclusione le causò una grave disabilità intellettiva. Dopo 5 anni di studio, all’età di 18 anni venne scartata dai ricercatori e mandata in un centro di assistenza a Los Angeles dove passò il resto dei suoi giorni. 

E pensare che avrebbe potuto vivere una vita del tutto normale se solo il padre gliel’avesse concesso.

 

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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