Guglielmo di Ockham (o Occam) è stato un teologo, filosofo e religioso inglese, figura cardine del tardo Medioevo. Nasce nel villaggio di Ockham nel Surrey, intorno al 1288. Affidato fin da bambino all’ordine dei monaci francescani, studia a Oxford diventando professore nel 1319. Qui scrive opere fondamentali come i commentari alle Sentenze di Pietro Lombardo (Super Quatuor Libros Sententiarum) e trattati di stampo teologico come il De sacramento altaris.
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Il pensiero filosofico: volontarismo e nominalismo
Il pensiero di Guglielmo di Ockham si fonda su due pilastri. Il primo è il volontarismo, che esalta l’assoluta libertà di Dio: il mondo è stato creato liberamente, senza vincoli, e le leggi morali sono giuste perché Dio le ha volute così. Ockham accosta la figura di Dio a quella di un sovrano che stabilisce ciò che è giusto nel suo regno. La libertà concessa all’uomo è ciò che fonda la sua moralità. Il secondo pilastro, strettamente collegato, è il nominalismo. Secondo Ockham, la realtà è fatta solo di individui singoli e concreti. Concetti universali come “umanità” o “cavallo” non esistono come entità reali, ma sono solo nomi (*nomina*) che usiamo per raggruppare individui simili. Di conseguenza, l’uomo non può conoscere l’universalità del mondo, ma solo le singole realtà di cui fa esperienza diretta.
Lo scontro con il papato e la scomunica
La radicalità del suo pensiero e la sua appartenenza alla corrente dei francescani “spirituali” lo portarono in rotta di collisione con il papato. Convocato ad Avignone nel 1324 da Papa Giovanni XXII, non fu condannato per eresia dottrinale, ma si scontrò con il pontefice sulla questione della povertà apostolica. Ockham sosteneva che Cristo e gli apostoli non possedettero nulla, una tesi che minava il potere temporale della Chiesa. Per questo, nel 1328 fuggì da Avignone e fu scomunicato. Questa separazione tra l’ambito della fede e quello della ragione empirica aprì nuove strade sia alla teologia che alla scienza.
Il principio del “rasoio di Ockham”
Da questa base filosofica deriva il suo principio più celebre, il “rasoio di Ockham”, noto anche come principio di parsimonia. La sua formulazione più famosa è «Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem», che si traduce in: “gli enti non devono essere moltiplicati oltre il necessario”. In pratica, a parità di altre condizioni, la spiegazione più semplice di un problema è quella da preferire. Il “rasoio” è uno strumento logico che serve a “tagliare via” le ipotesi superflue e non provate. Come sottolineato da fonti autorevoli come l’enciclopedia Treccani, il principio non afferma che la natura sia semplice, ma che le nostre spiegazioni su di essa debbano esserlo. Probabilmente Ockham fu influenzato da Aristotele, che già nella sua Physica evidenziava il vantaggio di usare meno postulati.
Il rasoio di Ockham in pratica | Applicazione del principio |
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Spiegazione complessa (da “rasare”) | Un oggetto cade perché un’entità invisibile chiamata “gravità intrinseca” lo spinge verso il basso, e questa entità è una proprietà universale delle cose pesanti. |
Spiegazione semplice (preferibile) | Gli oggetti con massa si attraggono a vicenda. Non è necessario ipotizzare entità aggiuntive e non osservabili come la “gravità intrinseca”. |
L’eredità del pensiero di Ockham
Il rasoio di Ockham si rivelò uno strumento potentissimo per la fisica e la filosofia successive, utile per eliminare principi infondati e concentrarsi su ciò che è osservabile. Secoli dopo, l’approccio scientifico moderno, sebbene più complesso, porta ancora l’eco di questo principio. Il pensiero di Cartesio, con il suo «cogito, ergo sum», pur essendo di stampo razionalista e non empirista, condivide con Ockham la necessità di partire da un fondamento certo e di eliminare tutto ciò che può indurre all’errore, sebbene con metodi radicalmente diversi. Il contributo di Ockham è stato fondamentale per separare la fede dalla ragione, aprendo la strada all’indagine scientifica moderna.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 06/09/2025