Il poeta Giovanni Pontano: vita, opere e umanesimo napoletano

Il poeta Giovanni Pontano: la vita, le opere e l’umanesimo napoletano

Considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’umanesimo napoletano, oltre ad essere scrittore, ha ricoperto svariati ruoli nel corso della sua vita: tutto questo è il poeta Giovanni Pontano.

La vita di Giovanni Pontano

Giovanni Pontano nasce nel 1429 a Cerreto di Spoleto, all’epoca sotto il dominio della famiglia aristocratica perugina dei Baglioni. Si trasferisce a Perugia con la famiglia dopo che il padre Giacomo muore in una faida politica ed è proprio qui che lo zio Tommaso diviene cancelliere della città dal 1441. Il poeta Giovanni studia presso la locale università e nello stesso periodo compone dei versi con lo pseudonimo di Gioviano. Intorno al 1447, Giovanni lascia l’Umbria per la Toscana con lo scopo di incontrare il re di Napoli Alfonso d’Aragona, intento nella guerra contro Firenze e, l’anno successivo, diventa membro della sua corte seguendolo e trasferendosi a Napoli. Nel frattempo, Giovanni stringe subito un buon rapporto con il Panormita, il poeta Antonio Beccadelli definito così in quanto originario di Palermo, che lo raccomanda per un lavoro presso la Tesoreria regia. Nello stesso periodo sembra che Pontano accompagni Beccadelli in missioni diplomatiche, come quella presso Venezia e nel 1452, diviene il primo scrivano della Cancelleria. Nonostante i diversi impegni, il poeta Giovanni Pontano prosegue con la sua formazione umanistica, studiando il greco e l’astrologia, inaugura una scuola per i giovani della nobiltà locale dove insegna i classici e infine, continua la composizione di versi.
Ben presto il re Alfonso lo nomina precettore di suo nipote Giovanni d’Aragona, ed egli alterna compiti da studioso e da ambasciatore, anche presso il Papa a Roma. Ma è nel 1463 che, ritornato a Napoli, diviene precettore del figlio di Alfonso, Ferrante, al posto del Panormita che era diventato ormai anziano. Nel 1461 sposa la nobile Adriana Sassone e negli anni seguenti accompagna Ferrante nelle sue campagne militari. La morte di Alfonso segna un punto di svolta nella vita del poeta Pontano perché con la successione al trono di Ferdinando, viene prima nominato consigliere del nuovo sovrano e poi, nel 1466, suo segretario. Il poeta Giovanni Pontano si spegne il 7 maggio 1503, dedicandosi fino alla fine alla scrittura.

Le opere del poeta Pontano

Il poeta Giovanni Pontano è stato un prolifico scrittore che ha trattato, all’interno delle sue opere, i temi più svariati, accompagnati dall’uso della lingua latina. Con una delle sue opere più famose, il “De amore coniugali”, il poeta Pontano mette in atto una vera e propria trasformazione della lirica amorosa italiana: se fino a quel momento tutti i poeti avevano sempre elogiato l’amore per un’amante, quindi, un amore adultero e proibito dai dettami della società e della religione ora, Giovanni, canta l’amore per sua moglie. Il poeta tratterà anche il tema dell’astrologia nelle opere l’Urania e il Meteororum liber, parlerà della coltivazione dei cedri nel De hortis Hesperidum sive de cultu citriorum, denuncerà le superstizioni popolari e la corruzione degli ecclesiastici nel Charon e criticherà velatamente l’ingratitudine del suo allievo Alfonso, nell’opera l’Asino.
Attraverso le sue opere è possibile conoscere il suo pensiero filosofico-politico, come accade con l’opera De Principe, risalente al 1465. Dedicato al primogenito di Ferrante, Alfonso, il De principe è un’esaltazione della famiglia aragonese, il poeta descrive le loro virtù considerate importanti valori aggiunti che legittimano il potere sovrano di questa famiglia: la virtuosità di un sovrano, rende migliore il regno governato. Ecco perché più il principe possiede virtù, più è la persona giusta per tale compito: ma l’essere già virtuosi non basta, è necessario che il giovane principe continui a coltivare questo aspetto di sé. Inoltre è fondamentale citare il De bello Neapolitano, un’opera rimasta incompiuta nella quale il poeta Pontano ricorda la guerra vinta da Ferrante contro gli Angioini e i baroni ribelli del regno e ancora il De prudentia, un trattato in cui Giovanni Pontano affronta l’arte della simulatio, descritta come sintomo di un carattere privo di etica che diviene legittimo usare a causa delle sciagure procurate dalla sfortuna. Infine, una delle ultime opere alle quali il poeta Giovanni Pontano ha lavorato prima di spegnersi è il De Sermone, un trattato all’interno del quale si sofferma sul “comico del discorso”, cioè il perché e il per come un discorso susciti il riso.

L’umanesimo napoletano

Quando parliamo di Umanesimo facciamo riferimento ad un movimento culturale, ispirato da Francesco Petrarca, volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità e non più nella loro interpretazione allegorica. Tuttavia, l’Umanesimo riguarda «una filosofia della vita e della realtà», perciò gli studi devono riflettersi in precisi modelli di vita, aderendo alla particolare situazione socioculturale, in questo caso del regno di Napoli. Gli umanisti napoletani, dovendo fronteggiare continui sconvolgimenti politici, cercarono un punto di equilibrio: se da una parte cercavano di collegarsi alla cosiddetta cultura italiana, cioè quella delle corti più elevate, dall’altra cercavano di napoletanizzare la cultura importata, allargando gusti e modelli dalla corte alla città e ai diversi ceti della società e alle loro esigenze. Ed è proprio grazie alla figura del poeta Giovanni Pontano e di tanti altri poeti, che l’Umanesimo riuscì a lasciare una traccia indelebile, assumendo dei tratti estremamente particolari.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia.

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