La formazione dei comuni: un’esperienza europea

La formazione del comune: un’esperienza europea

Le città delle aree più dinamiche dell’Europa occidentale, a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, furono protagoniste di un’originale esperienza politico-istituzionale di autogoverno: la formazione dei comuni. Questo fenomeno, che si sviluppò con tempi e modalità diverse da regione a regione, fu principalmente il risultato di tre fattori: l’indebolimento del potere centrale, cioè dell’imperatore; l’affrancamento del governo cittadino dalle autorità laiche ed ecclesiastiche delegate dall’imperatore al controllo del territorio, come i vescovi; e la rinascita economica e culturale delle città, grazie all’attivismo dei ceti borghesi.

Le origini e la formazione dei comuni: un fenomeno europeo

Lo sviluppo dei comuni fu un fenomeno di respiro europeo, ma fu nell’Italia centro-settentrionale, dove la vita urbana aveva mantenuto una certa vitalità anche durante l’Alto Medioevo, che la conquista delle autonomie cittadine registrò un’incidenza maggiore e assunse caratteri distintivi. In Italia, inoltre, le istituzioni comunali mostrarono una durata sconosciuta alle altre aree europee, nonostante le trasformazioni cui andarono incontro nel corso del tempo. Il Sud della penisola, invece, non fu interessato dall’esperienza comunale, a causa della presenza della monarchia normanna.

L’indebolimento del potere centrale e la rinascita delle città

Tra l’XI e il XII secolo, l’autorità imperiale si indebolì progressivamente, a causa di conflitti interni e della lotta per le investiture contro il papato. Questo vuoto di potere favorì l’emergere di nuove forme di autogoverno nelle città, che nel frattempo stavano vivendo una fase di rinascita economica e demografica.

Il ruolo dei vescovi e l’emergere dei ceti borghesi

In molte città, prima della formazione dei comuni, erano i vescovi a esercitare il potere temporale, in qualità di rappresentanti dell’imperatore. Con la crescita economica e l’affermarsi di nuovi ceti sociali, come i mercanti e gli artigiani, l’autorità vescovile venne progressivamente messa in discussione. I ceti borghesi, sempre più influenti nella vita cittadina, iniziarono a rivendicare maggiore autonomia e a sperimentare forme di autogoverno.

Le coniurationes e la nascita del comune consolare in Italia

Tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, il composito mondo di ceti urbani, forte dell’esperienza di governo acquisita e consapevole del ruolo rilevante rivestito nell’amministrazione e nella vita economica della città, si organizzò spontaneamente in libere associazioni private dette coniurationes. Si trattava di patti giurati stretti tra cittadini influenti per difendere i propri interessi e per esercitare forme autonome di governo al di fuori del controllo imperiale o vescovile. Tali associazioni si presentarono come una nuova forza politica, capace di difendere gli interessi dei ceti urbani attraverso la sperimentazione di forme autonome di governo della città. Questo processo si realizzò con modalità diverse da città a città e non avvenne sempre pacificamente. A volte fu favorito dagli imperatori, che riconobbero ai membri delle coniurationes un ampio spettro di libertà, come ad esempio la possibilità di armare un esercito e di dichiarare guerra, di coniare moneta, di esercitare attività economiche senza versare tributi a un signore, e di amministrare la giustizia. In questo modo, i membri delle coniurationes potevano non soltanto governarsi autonomamente, esautorando i vescovi, ma anche imporre la propria autorità su tutti i cittadini.

Caratteristiche del comune consolare

Il primo secolo di storia dalla formazione dei comuni, dalla fine dell’XI alla fine del XII secolo, è definito età consolare. Per indicare una data di inizio della vita comunale si prende in considerazione la prima attestazione di una particolare magistratura che caratterizzò la vicenda comunale, quella dei consoli. I consoli erano magistrati cittadini, eletti dall’assemblea generale dei cittadini, rimanevano in carica per un periodo limitato, da sei mesi a un anno, per evitare che potessero instaurare un potere personale, e il loro numero variava da due a ventiquattro.

L’arengo e il consiglio di credenza

Durante il loro mandato, i consoli godevano di poteri molto ampi: amministravano la giustizia, mantenevano l’ordine pubblico, guidavano le milizie in caso di guerra, partecipavano alle missioni diplomatiche come ambasciatori, gestivano le finanze cittadine. I consoli erano nominati da un’assemblea di tutti i cittadini, nobili e borghesi, denominata arengo, a cui prestavano giuramento e che deteneva il potere legislativo. A coadiuvare i consoli nell’esercizio delle loro mansioni era un consiglio più ristretto, detto senato o anche consiglio di credenza, in cui sedevano i rappresentanti delle famiglie aristocratiche.

Dal comune consolare al comune podestarile

A godere di peso preponderante all’interno del comune consolare era una ristretta oligarchia, composta prevalentemente dalla nobiltà feudale: è questa la ragione per cui, per questa fase dell’esperienza comunale, si parla anche di comune aristocratico o oligarchico. Non si trattava, comunque, di una classe sociale omogenea: furono proprio le violente lotte tra fazioni rivali che si scatenarono al suo interno, tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, a condurre il comune verso una nuova fase, quella del comune podestarile.

Foto immagine in evidenza: Wikipedia

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