La gerarchia sociale nel periodo Tokugawa

La gerarchia sociale nel periodo Tokugawa

La gerarchia sociale del periodo Tokugawa presenta un sistema ben definito, ma che in realtà nasconde numerose implicazioni.

Il periodo Tokugawa

Il periodo Tokugawa (1603-1868) ha inizio in seguito alla vittoria, nella storica battaglia di Sekigahara, della coalizione capeggiata da Tokugawa Ieyasu, che nel 1603 fondò lo shogunato Tokugawa. Il nuovo Shōgun concludeva così, il processo di unificazione del Giappone iniziato da Oda Nobunaga e poi portato avanti anche da Toyotomi Hideyoshi. Questa fase della storia giapponese è particolarmente nota per l’adozione della politica del Sakoku (鎖国 – “paese blindato”), caratterizzata dall’autarchia e la (quasi) totale chiusura del paese. Il Giappone mantenne, in ogni caso, rapporti commerciali con Cina e Corea, in aggiunta agli olandesi, a cui fu permesso di rimanere nel territorio giapponese, in seguito all’espulsione di tutti gli europei. Questi ultimi furono gli unici stranieri a poter rimanere, anche se confinati nel porto di Nagasaki, in quanto non interessati a diffondere il cristianesimo in Giappone, religione che fu soppressa. La presenza degli olandesi fu fondamentale, poiché permise di rimanere aggiornati sulle vicende mediche, tecnologiche e scientifiche dei tempi, motivo per cui nacque il termine rangaku (蘭学 – “apprendimento olandese”).

La gerarchia sociale

In quanto stranieri, gli olandesi non rientravano nel sistema della gerarchia sociale, che invece comprendeva principalmente quattro classi, riportate qui in ordine di rilevanza:

  1. Samurai, appartenenti alla classe guerriera.
  2. Contadini.
  3. Artigiani.
  4. Mercanti.

Troviamo però anche alcune categorie fuori casta, che occupavano l’ultimo gradino dell’organizzazione sociale:

  • Gli eta (穢多 – “sporco”), coloro che svolgevano mansioni considerate impure (macellai, becchini, guardie carcerarie).
  • Gli hinin (非人 – “non umano”), erano mendicanti, attori, prostitute emarginati dal centro delle città.

La condizione della donna, seppur quasi sempre subordinata, poteva variare a seconda dello status sociale della famiglia di appartenenza. In casi di povertà, infatti, non erano rari i casi in cui le famiglie erano costrette a vendere le proprie figlie come prostitute nei quartieri di piacere.

La corrente di pensiero dominante e che stabilì la gerarchia delle classi, si basava sul neoconfucianesimo, che fu adottato come codice etico anche nel contesto socioeconomico. L’idea era quella di ricalcare lo stesso modello cinese delle quattro classi, in ottemperanza alle politiche di controllo attuate da Tokugawa Ieyasu. Egli, infatti, cercò di evitare rivolte con tutte le sue forze, rendendo i daimyō, i proprietari dei domini (o feudi) che costituivano buona parte del territorio giapponese, suoi vassalli.

Le discrepanze della gerarchia sociale

Anche i samurai, fondamentali nel periodo di guerre appena conclusosi, furono coinvolti dal dogma neoconfuciano. Esso aveva come premessa un governo condotto da uomini colti, motivo per cui la classe guerriera fu trasformata in un ceto di funzionari dell’amministrazione. Un primo passo che porterà, nel periodo Meiji, alla completa eliminazione della classe. Nonostante ciò, durante il periodo Tokugawa, i samurai continuarono a ricoprire la posizione sociale più alta.

I contadini occupavano il secondo gradino della gerarchia in quanto “creatori” di prodotti fondamentali per la sopravvivenza della società giapponese. Nonostante lo status sociale piuttosto elevato, la maggior parte di essi viveva nella povertà, con rari casi rappresentata da un’élite, molto ristretta, di famiglie ricche.

A costituire la più grande discrepanza tra status sociale e benessere economico, però, furono i chōnin (町人 –  “abitanti delle città”), costituiti da artigiani e mercanti. In modo particolare, la classe mercantile era al contempo disprezzata (poiché non produceva niente di nuovo, ma maneggiava il lavoro altrui) ed estremamente ricca. Paragonati alla borghesia europea, i chōnin, esclusi dalle attività sociali dei samurai, finanziarono nuove forme d’arte che rispecchiavano i loro gusti, come il famosissimo teatro kabuki, il genere poetico dello haiku, o ancora il celebre stile d’arte dello ukiyo-e. Il termine Ukiyo (浮世 – “Mondo fluttuante”) inizia, in questa fase, a designare una vita caratterizzata dal piacere e dallo stile. Inoltre, erano proprio i mercanti i principali clienti dei quartieri di piacere, anche se spesso vi si recavano, di nascosto, anche i samurai.

La gerarchia, quindi, non rifletteva, in ambito economico, lo status sociale della popolazione, creando discontento e disillusione tra contadini e samurai. In particolare questi ultimi, furono tra i protagonisti della futura rivoluzione Meiji.

Fonte immagine: Wikipedia.

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