La propaganda fascista e la manipolazione attraverso la musica

propaganda fascista

Una caratteristica comune dei regimi totalitari è il controllo dei mezzi di comunicazione. Durante il Ventennio fascista, in Italia vi fu una profonda repressione della libertà di stampa e ogni forma d’arte, incluse le canzoni, venne ampiamente usata a scopo di propaganda. Mussolini ne comprese l’importanza e decise che Giovinezza dovesse diventare l’inno non ufficiale del regime, da riprodurre in tutte le manifestazioni pubbliche.

La propaganda per l’Impero e la conquista dell’Etiopia

La figura di Mussolini per la propaganda era quella di una divinità, il padre dei Balilla e, dal 1936, il fondatore dell’Impero. La conquista dell’Etiopia venne rappresentata come un grandissimo successo, celebrato con motivetti allegri che avevano lo scopo di promuovere il consenso popolare, eclissando però la brutalità dell’occupazione. Nascondendosi dietro la “liberazione” del popolo etiope, gli italiani si presentarono come portatori di civiltà, non esitando però a usare anche armi chimiche per accelerare la conquista.

Adua (1935) è un canto che celebra la presa della città etiope come rivincita per la umiliante sconfitta subita dagli italiani nel 1896. «Adua è conquistata, risorgono gli eroi», recita il testo, ricordando i soldati caduti decenni prima. Il più celebre tra i motivetti è però Faccetta Nera, canzone che si rivolge alle donne etiopi, le belle abissine, invitandole ad accogliere i “liberatori” italiani che porranno fine allo sfruttamento da parte del loro leader, il Negus Hailé Selassié.

Canzoni della propaganda fascista e loro messaggio chiave Contesto storico e scopo
Faccetta Nera (1935) Guerra d’Etiopia: giustificare l’invasione come una missione civilizzatrice.
Me ne frego (1936) Sanzioni internazionali: mostrare il disprezzo dell’Italia per le punizioni della Società delle Nazioni.
Adesso viene il bello (1940) Seconda Guerra Mondiale: fomentare l’odio contro il Regno Unito e celebrare le prime vittorie.
Camerata Richard (1940) Alleanza con la Germania: rafforzare il legame di “cameratismo” tra soldati italiani e tedeschi.

La risposta musicale alle sanzioni internazionali

Dopo la conquista dell’Etiopia, la Società delle Nazioni punì l’Italia con pesanti sanzioni economiche. Da questo evento storico nacquero le canzoni Me ne frego (1936) e Noi tireremo dritto (1935). La prima riprende un motto degli arditi della Grande Guerra, trasformandolo in uno slogan di regime. L’Italia voleva “un posto al sole”, espressione usata per giustificare l’espansione coloniale, e di fronte alle sanzioni, Mussolini «se ne frega» e continua per la sua strada. Noi tireremo dritto rimarca gli stessi concetti, sottolineando la completa devozione al Duce: «noi tireremo dritto / faremo quel che il Duce ha detto e ha scritto». L’ironia fu usata per mostrare che gli italiani erano pronti a sacrificarsi per la patria.

Le canzoni durante la Seconda Guerra Mondiale

Il 10 giugno 1940, Mussolini dichiarò guerra a Francia e Regno Unito. Alla propaganda fascista spettò il compito di fomentare l’odio contro il nemico inglese, la «Maledetta Albione». La canzone Adesso viene il bello (1940) fa riferimento all’attesa sconfitta britannica. Il testo cita vittorie italiane di scarso rilievo strategico, come la battaglia di Capo Teulada, che la propaganda, grazie anche ad archivi come l’Istituto Luce, riuscì a sfruttare per dare l’illusione che l’Italia potesse competere alla pari con i britannici.

Fino al luglio del 1943, l’Italia combatté a fianco della Germania Nazista. La canzone Camerata Richard (1940) aveva il compito di rafforzare la fratellanza tra i due eserciti. Narra dell’amicizia tra un soldato italiano e uno tedesco, Richard, uniti dalla stessa sorte e pronti a combattere fino alla morte per la stessa causa: «Camerati d’una guerra / camerati d’una sorte / chi divide pane e morte / più nessuno scioglierà».

Fonte immagine di copertina: Wikimedia Commons

Articolo aggiornato il: 11/09/2025

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